900 milioni la spesa prevista per la costruzione del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi, la somma sarà prelevata dalla bolletta elettrica
Con il nulla osta del MISE e del Ministero dell’Ambiente, è uscita nella notte tra il 4 e il 5 gennaio la Cnapi, la Carta delle aree potenzialmente idonee a raccogliere l’eredità nucleare italiana, a distanza di sei anni da quando l’ISPRA, l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha pubblicato i 28 criteri per individuare gli spazi che potrebbero ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi che oggi sono stivati, in procedura di infrazione europea, in una ventina di siti provvisori.
Un intervento, quello dell’ISPRA, che si è reso necessario dopo che nel 2003 l’allora commissario della Sogin, la società dello Stato italiano responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari nostrani, con l’appoggio del Governo Berlusconi aveva pensato di liberarsi del problema stoccando le scorie nei depositi sotterranei di salgemma di Scanzano Jonico, in Basilicata, senza verifiche né contrattazione territoriale.
Le zone interessate: da Alessandria a Taranto, passando per Siena e Viterbo
Segretissime fino ad oggi, le zone interessate dal progetto sono 67 e disturbano sette regioni: il Piemonte, con 8 zone tra Alessandria e Torino, la Toscana e il Lazio, con 24 siti tra Siena, Grosseto e Viterbo, Puglia e Basilicata, con 17 aree tra Potenza, Matera, Bari e Taranto, e poi le isole con 14 zone individuate in Sardegna tra Oristano e il Sulcis e 4 in Sicilia, nelle province di Caltanissetta, Trapani e Palermo.
Due le candidature più solide che hanno ottenuto il punteggio pieno, entrambe nell’alessandrino.
Come sono stati scelti i siti?
Il percorso partecipativo
La pubblicazione della Cnapi, di fatto dà l’avvio a una fase di consultazione che durerà due mesi, all’esito della quale si terrà, entro i 4 mesi successivi, il Seminario Nazionale. Sarà questo l’inizio del dibattito pubblico vero e proprio che vedrà la partecipazione di enti locali, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca.
In base alle osservazioni del Seminario Nazionale, Sogin aggiornerà la Cnapi, che verrà nuovamente sottoposta ai pareri del Ministero dello Sviluppo Economico, dell’ente di controllo Isin, del Ministero dell’Ambiente, e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Sentiti questi pareri, il Ministero dello Sviluppo Economico convaliderà la versione definitiva della carta, la Cnai, ovvero la Carta nazionale delle aree idonee.
Chi paga?
Il costo dell’operazione, circa 900 milioni di euro, sarà finanziato dalla componente tariffaria A2RIM (ex componente A2) della bolletta elettrica, che già oggi copre i costi dello smantellamento degli impianti nucleari.
Anche i costi di esercizio saranno finanziati mediante la componente tariffaria A2RIM della bolletta elettrica, ma solo per la quota parte relativa alla sistemazione dei rifiuti derivanti dalle installazioni nucleari. Per la gestione delle altre scorie, il finanziamento avverrà attraverso una tariffa di conferimento che i produttori privati corrisponderanno all’esercente del deposito per lo smaltimento.
78mila metri cubi di scorie
Il deposito nazionale sarà costruito in un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati a deposito e 40 a Parco Tecnologico. Il fabbricato avrà una struttura a matrioska: fuori sarà ricoperto da una collina artificiale e un manto erboso, all’interno avrà 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, dove verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta gli involucri metallici con i rifiuti radioattivi già condizionati. P
Parliamo di circa 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività, provenienti dallo smantellamento, ancora fermo, delle centrali nucleari e dal mondo medico e ospedaliero. 33 mila metri cubi sono già stati prodotti mentre gli altri 50.000, quelli delle centrali, sono una quantità stimata per il futuro.
Questo all’inizio.
Allo stesso deposito sono destinati anche 17 mila metri cubi di rifiuti ad alta attività che verranno conservati qui per un massimo di 50 anni. Dove finiranno dopo non si sa.
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.