Hebron – La notte tra il 7 e l’8 gennaio l’esercito di occupazione militare israeliana con sei jeep ha fatto irruzione nel piccolo villaggio di At-Tuwani a sud delle colline di Hebron, ha circondato le case ed ha arrestato l’attivista palestinese di 23 anni Sami Hafez Hurreini.
Il villaggio di At-Tuwani come tutti quelli limitrofi nella zona di Hebron, nei territori occupati palestinesi, è costantemente attaccato e minacciato dai coloni israeliani che abitano negli insediamenti illegali della zona.
Villaggio senza acqua e elettricità
Dagli accordi di Oslo il villaggio si trova in “area C”, cioè sotto controllo civile e militare israeliano, in questa area Israele controlla e nega ai palestinesi l’accesso alle risorse di base, come acqua ed elettricità. Gli abitanti di questi piccoli villaggi sono quasi tutti contadini e pastori le cui terre vengono continuamente sottratte dall’esercito militare israeliano per essere destinate alla costruzione di colonie che sono in continua espansione. La sottrazione della terra, la demolizione delle case, il sequestro di trattori e gli arresti sono all’ordine del giorno ma nonostante le violenze che subiscono, i pastori e i contadini dei villaggi, hanno scelto di lottare con metodi nonviolenti per tutelare la propria vita e i propri diritti.
Andare a scuola e rischiare la vita
I bambini e le bambine del villaggio, per raggiungere la scuola, devono percorrere una strada che passa vicino agli avamposti illegali e spesso vengono aggrediti violentemente dai coloni che li insultano e li picchiano. I ragazzi e le ragazze dei villaggi hanno creato il movimento Youth of Sumud, giovani della resilienza, sono attivisti che sostengono e credono che la nonviolenza sia la soluzione più praticabile per porre fine al conflitto. Tutti loro hanno scelto di continuare gli studi nonostante le difficoltà, vogliono costruire il proprio futuro, per questo AssopacePalestina sostiene loro le tasse universitarie, perché crede nella cultura come lotta nonviolenta.
Luisa Morgantini
“Ho visto Sami piccolo, aggrappato alla gamba di suo padre Hafez” dichiara Luisa Morgantini presidente di Assopacepalestina “e poi crescere come attivista per difendere la sua terra e il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione”
Sami è il leader del movimento, spesso è minacciato dai militari, e il giorno prima del suo arresto aveva organizzato una manifestazione in solidarietà con il ragazzo palestinese Harun Abu Aram, colpito al collo la settimana scorsa da una soldatessa dell’esercito militare, e ora in pericolo di vita e rischia di rimanere tetraplegico.
Secondo i rapporti di B’Tselem, l’agenzia israeliana sui diritti umani palestinesi e di Addamer, associazione israeliana per il sostegno dei prigionieri e diritti umani, ad oggi ci sono 4729 palestinesi nelle carceri israeliane, di cui 183 minori. Come successo a Sami, la maggior parte dei bambini e dei ragazzi vengono portati via dalle loro case di notte, bendati e ammanettati non viene detto loro il motivo dell’arresto e la destinazione. Dopo il loro arresto, vengono trasferiti in centri dove vengono interrogati. I ragazzi e i bambini spesso dichiarano che sono costretti a stare a faccia in giù sul pavimento di veicoli militari, di non poter usare il bagno, di essere privati di cibo e acqua, e aggrediti fisicamente.
Sami ha scelto giurisprudenza e diritto internazionale all’università di Hebron, per lui è importante studiare per difendere quei diritti umani che dal 1948 ogni giorno vengono calpestati e diffamati.
Maria Di Pietro
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