Oggi l’attenzione dei cittadini è concentrata sui tempi e sui modi di vaccinazione. Le aziende che offrono il vaccino anticovid si stanno moltiplicando e ognuna offre un prodotto con caratteristiche differenti. Quando la vaccinazione sarà messa a regime, nascerà il problema dell’obbligatorietà o meno di vaccinarsi. Argomento la politica dovrà affrontare ma non a colpi di DPCM. Ma ci sono anche implicazioni etiche e di rispetto del principio di autodeterminazione dell’individuo. Non sarà facile.
Equità e solidarietà
In tema di vaccini, gli argomenti legati all’equità e solidarietà sono sbandierati da tutti i principali Paesi europei. Il Comité Consultative National d’Etique in Francia, già nel marzo 2020, ha sottolineato la responsabilità sociale dell’industria farmaceutica, invitandola a “integrare nelle loro pratiche una visione collettiva, andando oltre la considerazione strettamente economica”. Il Nuffield Council on Bioethics, in Inghilterra, nel maggio 2020 auspica “un accesso equo e giusto ai trattamenti e ai vaccini”, in un contesto di collaborazione e solidarietà internazionale che condivida i benefici della ricerca ed eviti i monopoli.
La stessa traccia la ritroviamo anche in Italia. Il Comitato Nazionale per la Bioetica, considera il vaccino come un “bene comune”, e attribuisce alla politica il compito di intervenire e controllare produzione e distribuzione in modo che non vengano regolate unicamente dalle leggi di mercato.
E se queste sostanzialmente sono le linee guida etiche che i Paesi europei devono rispettare, ci sono poi aspetti meramente pratici che oggi le istituzioni sanitarie devono affrontare, come la conservazione, e la distribuzione dei vaccini. Oltre, naturalmente, alla produzione da parte delle case farmaceutiche. L’alta aspettativa che si è creata nella vaccinazione, vista da molti come l’unico sistema per ritornare alla normalità, include aspetti etico-giuridici che oggi sono sul tavolo e aspettano una soluzione. Uno di questi è l’obbligatorietà del vaccino.
Vaccino bene comune?
L’ex Ministro della Sanità Maria Pia Garavaglia, che oggi è Vicepresidente del Comitato Nazionale di Bioetica, non esclude che nei prossimi mesi venga introdotto l’obbligo di vaccinazione proprio perché la profilassi è considerata un “bene comune”.
Ma “non è un tema di oggi”, aggiunge sottolineando che con due soli vaccini autorizzati “le dosi sono ancora limitate”.
“Il problema si potrebbe porre in futuro”, annuncia Garavaglia accennando al raggiungimento dell’immunità di gregge che per ora è solo un miraggio.
Diritto alla salute è fondamentale
La Garavaglia spiega come il Comitato Etico sia arrivato a una presa di posizione pro-vaccino.
E in più di un’occasione ha dichiarato che: “Occorre persuadere. È un fatto importante in sé, perché è educazione sanitaria ed educazione civica. È una assunzione di responsabilità nei confronti della comunità. Alla mia libertà, anche eventualmente quella di non vaccinarmi, corrisponde la libertà degli altri di non farsi infettare. Io ho il diritto di non farmi contagiare. Il diritto alla tutela della Salute è definito in Costituzione fondamentale: non c’è in nessuna altra parte della Costituzione l’aggettivo fondamentale vicino a un diritto. Vuol dire che è un diritto che non può entrare in conflitto con gli altri e va salvaguardato in sé”.
In questo dualismo diritto-libertà la Garavaglia aggiunge: “Se a causa di una vaccinazione mancata io non sono più uguale agli altri cittadini e potrei avere un danno è evidente che lo Stato a quel punto deve intervenire”.
Cosa dice l’articolo 32 della Costituzione
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.
Questo articolo della nostra Carta Costituzionale più che impositivo sembra che sottolineare la libertà dell’individuo e il suo diritto di autodeterminazione. Evidentemente la necessità della salute come diritto fondamentale è figlia del periodo storico in cui la nostra Costituzione va collocata. L’articolo 32, infatti, è una cesura netta rispetto allo Statuto Albertino, Carta Fondamentale del Regno di Italia, che non considerava la salute come un diritto. L’assistenza sanitaria, infatti, la garantivano istituti privati di assistenza e beneficenza, come le “Opere Pie”.
Decreto Gentiloni: da 4 a 10 vaccinazioni obbligatorie
Fino al 1999, per poter andare a scuola dovevamo fare quattro vaccinazioni obbligatorie. Chi non si vaccinava poteva essere sanzionato e non iscritto.
Con una norma del 2017, il governo Gentiloni introduce un Decreto Legge che cambia il numero di vaccinazioni obbligatorie e le porta da quattro a dieci.
Sull’argomento si è pronunciata anche la Consulta. Esistono due sentenze della Corte Coastituzionale sui vaccini. Una è del 2017 e riguarda l’indennizzo in caso di effetti collaterali per cui si scrive che “la vaccinazione viene eseguita per un interesse sociale e collettivo. Il ristoro della persona che ha avuto conseguenze dal vaccino deve quindi essere fatto dallo Stato. Questo vale sia per le vaccinazioni obbligatorie sia per quelle raccomandate che quindi, sostanzialmente, vengono equiparate alle prime”.
Nella seconda del 2018 si legge: “Le competenze fondamentali sul tema delle vaccinazioni sono solo quelle dello Stato, non ci possono essere deleghe alle Regioni. Di fronte alla salute pubblica, per la pluralità di interessi in considerazione, la responsabilità di fondo deve essere unitaria e perciò dello Stato”.
Chi deciderà sul vaccino obbligatorio?
Non potrà essere un DPCM a decidere sull’obbligatorietà della vaccinazione, dunque. Uno strumento d’urgenza che può andar bene solo nell’immediato di un’emergenza sanitaria. Ci vorrà una legge, discussa e condivisa in Parlamento, perché una decisione così importante e che coinvolge la Costituzione, non potrà essere presa a social unificati.
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