Nei guai i vertici della BiOlevano Srl che gestisce la Centrale a biomassa legnosa di Olevano Lomellina, a Pavia
Pavia – Tutto nasce quando, nel 2011, per aderire al protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici e per rispettare gli impegni assunti dall’Italia a livello internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, sono stati introdotti specifici incentivi economici per l’uso di energia da fonti rinnovabili, tra cui, le biomasse legnose.
La legge, però, subordina tale incentivo economico all’utilizzo di legname proveniente da un razionale e corretto sfruttamento dei boschi che assicuri di preservare il loro naturale ciclo vitale e, per tale motivo, impone rigide regole sulla provenienza e sulla tracciabilità delle biomasse bruciate.
Ma la nobile finalità di contribuire alla riduzione dell’emissione dei gas serra preservando il patrimonio boschivo nazionale non sembrava interessare i vertici della BiOlevano Srl, gestore della centrale a biomassa di Olevano Lomellina, proiettati com’erano ad accaparrarsi in modo truffaldino gli ingenti incentivi statali. E si trattava di contributi estremamente allettanti.
Per dare un ordine di grandezza basta pensare che per ogni milione di euro di energia venduta, la BiOlevano percepiva dal Gestore dei Servizi Elettrici (GSE) oltre 3 milioni di euro di contributi. Questo cospicuo incentivo, come risulta dall’accordo siglato nel 2012 tra la BiOlevano e il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MIPAF), era possibile solo perché la società si era impegnata a utilizzare esclusivamente legname tracciato, certificato e proveniente da zone limitrofe all’impianto, a una distanza massima di 70 Km.
Ma l’impegno era reale solo sulla carta in quanto, attraverso una fitta rete di complici, i vertici della BiOlevano acquistavano qualunque tipo di legname, ovunque forse reperibile (compreso l’estero), e al costo più basso possibile.
Assicuratasi la materia prima ad un prezzo nettamente inferiore ai propri competitors (dal 30% al 50% in meno), per far risultare il legname di provenienza locale e tracciato ai vertici della società bastava falsificare le carte, cioè i documenti di trasporto e le fatture.
In questo modo la società è riuscita a frodare negli ultimi cinque anni contributi per oltre 143 milioni di euro. Soldi erogati dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) ma in ultima analisi prelevati dalle tariffe delle bollette elettriche pagate da tutti noi cittadini, attraverso una specifica voce in bolletta a sostegno delle energie rinnovabili.
L’indagine sulla centrale elettrica di Olevano Lomellina
L’indagine partita nell’ottobre del 2019, sulla base di un’attività di intelligence della Sezione di polizia giudiziaria presso la Procura di Pavia, poi sviluppata insieme alla Guardia di Finanza, ha consentito di svelare questo sistema di frode incentrato, in ultima analisi, sulla falsificazione di documenti di trasporto e fatture.
È stato dimostrato come la centrale elettrica a biomassa legnosa di Olevano Lomellina, appena raggiunto il pieno regime di funzionamento, abbia sistematicamente e illegalmente acquistato legname e biomasse non tracciate e ubicate ben oltre i 70 km di distanza previsti dalla normativa di settore, approvvigionandosi da fornitori non abilitati a certificare il prodotto, da aziende di trasformazione del legno non rientranti negli accordi quadro e da commercianti anche esteri.
Tra le centinaia di carichi attenzionati in fase di indagine i militari della Guardia di Finanza, a solo titolo esemplificativo, hanno accertato come parte del legname “falsamente tracciato e a km zero” provenisse dalla Svizzera e come, molti degli autisti di biomassa, viaggiassero persino con due documenti di trasporto: uno vero con provenienza non incentivabile che veniva distrutto non appena il carico arrivava nei pressi dell’impianto e uno falso redatto ad hoc che veniva conservato agli atti per dimostrare agli ispettori del ministero che tutto era regolare.
Gli indagati
Il ruolo di principale promotore di tale frode lo ha avuto T.P.F. cl. 1949 al quale si sono affiancati, C.F.B. cl. 1951 per la gestione amministrativa della centrale energetica e C.A. per quella commerciale.
Sul fronte dei fornitori di legname, le attività investigative, durate circa un anno, hanno permesso di individuare, per il periodo che va dal 2012 al 2019, altri tre soggetti, amministratori di società che, in associazione tra loro e con i vertici della centrale elettrica, si sono adoperati affinché la stessa potesse ottenere fraudolentemente il massimo contributo statale disponibile.
A seguito di tali indagini, condotte dalla Procura di Pavia con il coordinamento del Procuratore Aggiunto Mario Venditti e del Sostituto Procuratore Paolo Mazza, la Guardia di Finanza e i Carabinieri forestali hanno eseguito, oggi dalle prime luci dell’alba, undici misure cautelari personali – 6 arresti domiciliari e 5 obblighi di firma -, e oltre cinquanta perquisizioni in diverse Regioni del Centro-Nord, tra Trentino Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emila Romagna, Sardegna, Lazio.
Le perquisizioni e i sequestri dei documenti e dei supporti informatici che le fiamme gialle stanno eseguendo in queste ore, potrebbero portare ad ulteriori sviluppi investigativi in relazione ad aspetti ancora da chiarire circa la reale provenienza e qualità di alcune partite di materiale conferite presso gli impianti della BiOlevano Srl.
Di più. Grazie ad accertamenti mirati, sia di natura documentale che attraverso l’acquisizione di informazioni, si stanno cercando di individuare ulteriori figure, fisiche e giuridiche che, nel corso degli anni si sono occupate di eseguire perizie agronomiche finalizzate alla quantificazione della biomassa presente nella c.d. “filiera corta” locale.
Le intercettazioni
Il sequestro
Mantre scriviamo, le Fiamme Gialle stanno sequestrando 69 rapporti bancari, 22 quote societarie di altrettante società del gruppo del valore di circa 19 milioni di euro, 147 fra veicoli, immobili e terreni del valore di oltre 12 milioni di euro, tra cui un prestigioso appartamento nel cuore di Milano, una villa di pregio con piscina vista mare sita in Portobello di Gallura (SS) e una villa in collina sita in Galbiate (LC), oltre all’intera centrale elettrica del valore di circa 70 milioni di euro.
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.