Cristina stai serena

Silurata Cristina Lodi, il commento: “Non mi volevano come capogruppo già tre anni fa, evidentemente si aspettava un tranello”

Genova – “Non mi volevano come capogruppo già tre anni fa, evidentemente si aspettava un tranello”.
È un commento amaro quello di Cristina Lodi, la consigliera genovese rimossa stanotte, dopo nove ore di gruppo consiliare, dalla carica di capogruppo PD in consiglio comunale. Un atto che sembra tanto uno strascico di quella lotta tra correnti che stava bloccando la sua elezione a capogruppo già all’indomani delle amministrative 2017 quando, ad abbattere il muro contro muro, aveva dovuto pensarci il segretario regionale del partito, Vito Vattuone.

Una gestione machista

“Anche allora erano intervenute molte donne del partito che come oggi si sentivano offese perché pur essendo la più votata c’era stato un blocco su questa decisione”, ricorda Lodi che poi aggiunge: “Dopo tre anni e mezzo di lavoro importante fatto dall’unica donna che siede in consiglio comunale, si sono sentite ovviamente di nuovo tirate in ballo”.
Una discussione questa che arriva mentre sul PD infuria la polemica delle quote rosa al governo, perché di tre ministri DEM nessuno è donna.
E su questa gestione machista protesta anche Laura Boldrini, convinta che certi sacrifici si facciano per cercare un equilibrio interno: “Il PD dovrebbe scardinare l’assetto delle correnti”, ha detto l’ex Presidente della Camera dei Deputati, perché  “schiaccia il protagonismo femminile e impedisce il rinnovamento”. Un tema in cui Lodi si ritrova e “mi ritrovo anche nelle parole dell’ex ministro Roberta Pinotti, perché la sostanza è questa: il nostro partito fa fatica a sostenere fino in fondo la rappresentanza femminile”, conferma.

Il caso: l’astensione DEM sull’anagrafe anticomunista

Ma torniamo indietro al caso di una settimana fa che ha scatenato le polemiche dentro e fuori dal partito, compresa l’alzata di scudi dell’ANPI. Parliamo della votazione dell’ordine del giorno del Centrodestra sull’anagrafe antifascista e anticomunista. Ordine del giorno che è passato con l’astensione dei DEM, appunto, e che ha portato alla rimozione della capogruppo “colpevole” di non aver trasmesso ai consiglieri il testo dell’ordine del giorno.
Eppure c’è una nota che stride: possibile che nessuno si sia accorto di cosa stava succedendo in Consiglio comunale visto che il documento è stato letto all’aula?
“La mia, e l’ho detto da subito, è stata una sottovalutazione”, spiega Lodi che tiene a sottolineare di non essersi resa conto che la proposta “stava andando in votazione” perché  “i documenti non erano mai arrivati agli uffici”. Certo è che “comunque c’è stata la lettura in aula e si poteva chiedere di interrompere il consiglio o chiedere la rilettura”, continua Lodi che alla nostra domanda se imponesse al gruppo qualche diktat sulle votazioni risponde di aver sempre lasciato “anche la libertà di votare diversamente” senza “prenderla come un attacco al capogruppo perché in politica ci sta. Io credo che soprattutto nel voto la responsabilità personale è fondamentale”.

PD ancora ostaggio delle correnti?

La sensazione è che in questa vicenda prevalga l’interesse delle correnti piuttosto che quello del partito. E lo conferma anche Lodi: “Io purtroppo credo che sia così, perché due ore dopo quanto accaduto in consiglio comunale, mentre io stavo affannosamente provando a mettere insieme con altri colleghi del gruppo un ordine del giorno per spiegare quello che era successo, il consigliere Stefano Bernini in un direttivo ha espresso la sfiducia nei miei confronti e la volontà di procedere rispetto alle mie dimissioni”.
Ma non finisce qui.
Continua Lodi: “Venerdì scorso ho convocato un gruppo per fare il punto della situazione e il segretario provinciale, Alberto Pandolfo, che mi ha detto di parlare sia a nome suo che come segretario provinciale, ha chiesto le mie dimissioni.  Avremmo potuto aprire comunque una discussione interna al gruppo ma dieci minuti dopo la cosa era stata resa pubblica e io sono stata chiamata dalla stampa che aveva avuto l’informazione e mi chiedeva se mi sarei dimessa”.
Tre anni e mezzo di lavoro che il PD ha buttato via?
“Spero che non sia così”, conclude Lodi aggiungendo che anzi “tante persone del partito mi riconoscono un gran lavoro e io avrei continuato su questa strada. Fare il capogruppo di minoranza non è semplice e io mi sentivo già rodata e quindi ero pronta ad affrontare con forza e determinazione l’ultimo anno verso le elezioni proprio per sferzare dei colpi duri a questa amministrazione. Perché il mio nemico non è Alessandro Terrile, non è Pandolfo, non è Bernini, non è Villa. Il mio nemico è Bucci con la sua giunta”.
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Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.