Camogli e la coerenza ligure del dissesto anche da morti

Liguri e dissesto insieme per sempre, e non c’è morte che ci separi

Genova – La frana che ha fatto crollare in mare parte del cimitero di Camogli, ha portato con sé oltre duecento feretri, decretando una volta per tutte la solidità, almeno quella, della coerenza ligure: col dissesto si vive, di dissesto si muore, ma il dissesto ci accompagna anche dopo. Liguri e dissesto insieme per sempre, e non c’è morte che ci separi.

Il copione poi è sempre lo stesso: costruzioni ardite, coraggiose o forse dissennate e criminali, poi mancanza di manutenzione, prime tracce premonitrici sottostimate, interventi tardivi e infine lo schianto. Genova e la Liguria sono pieni di esempi, piccoli e grandi: strade, condomini, ponti, monumenti e cimiteri. Ovunque un ligure pone lo sguardo, troverà crepe e assestamenti, cedimenti e fessure.

I frequentatori del cimitero di Camogli da anni facevano notare come la struttura stesse cedendo, e come le lapidi erano in movimento: si è intervenuti, si sono costruiti nuovi colombari, degli ascensori, lasciando però la parte vecchia pericolante, fino all’ultimo cantiere, tardivo. Uno schema che non dovrebbe suonare nuovo all’orecchio genovese. Certo in piccolo, certo meno drammatico, ma non per questo meno grave dal punto di vista della gestione di un territorio, il nostro, oramai fuori controllo.

Ma noi siamo vivi?

Davanti all’evidenza di questa situazione, di questo territorio che si sbriciola sotto i nostri piedi, servirebbe una buona programmazione di lungo periodo e investimenti di manutenzione e conservazione del costruito. Eppure nella “lista della spesa” del recovery Fund in salsa ligure, la cifra accantonata per preservare il territorio è minima a confronto del comparto nuove infrastrutture: 1,3 contro 17 miliardi, destinati alle riparazioni, pochissimo sul preservare. E per dire nuove, sarebbe meglio usare le virgolette, visto che si tratta di opere nei cassetti da anni, come il raddoppio ferroviari tra Genova e Ventimiglia, l’ospedale di ponente, il tunnel della Val Fontanbuona, di cui la politica non è mai riuscita a gestirne la progettazione finanziaria come in un paese evoluto.

Se poi guardiamo il dettaglio genovese, beh, allora siamo proprio messi male: per le manutenzioni cifra tonda, cioè lo zero. Eppure il cimitero di Staglieno, tra i più noti del mondo, cade a pezzi, eppure le strade della provincia sono tempestate di smottamenti, eppure le nostre coste si stanno sbriciolando. Non un euro per i Forti di Genova (i prossimi a crollare) non un euro per i parchi storici della nostra città, non un euro per i patrimonio dei piccoli borghi, dei ponti medievali. Niente. In perfetta coerenza con la storia degli ultimi nostri decenni. Pronti per il prossimo dissesto.

Errico Pimentel

 

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