E la campagna vaccinale di massa non decolla. Casi in aumento del 33%
Il monitoraggio della fondazione gimbe registra, nella settimana 24 febbraio-2 marzo, un aumento del 33% nuovi casi e numeri in crescita sul fronte di ospedali e terapie intensive. A fronte della vertiginosa accelerazione impressa dalle varianti, si continua a temporeggiare inutilmente nell’istituire zone rosse locali. La campagna vaccinale di massa non decolla: mentre il dibattito si concentra su produzione e forniture, rimangono nel frigo quasi 2 milioni di dosi, il 30% di quelle consegnate. Nel nuovo dpcm nessuna nuova strategia per contenere l’epidemia, eccetto l’ennesima battuta d’arresto per la scuola.
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 24 febbraio-2 marzo 2021, rispetto alla precedente, un netto incremento dei nuovi casi (123.272 vs 92.571) e un calo dei decessi (1.940 vs 2.177) . In forte rialzo i casi attualmente positivi (430.996 vs 387.948), le persone in isolamento domiciliare (409.099 vs 367.507), i ricoveri con sintomi (19.570 vs 18.295) e le terapie intensive (2.327 vs 2.146) . In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 1.940 (-10,9%)
- Terapia intensiva: +181 (+8,4%)
- Ricoverati con sintomi: +1.275 (+7%)
- Isolamento domiciliare: +41.592 (11,3%)
- Nuovi casi: 123.272 (+33,2%)
- Casi attualmente positivi: +43.048 (+11,1%)
“Per la seconda settimana consecutiva – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra un incremento dei nuovi casi che negli ultimi 7 giorni supera il 33%, segnando l’inizio della terza ondata”. Rispetto alla settimana precedente, in 16 Regioni e nella P.A. di Trento aumentano i casi attualmente positivi per 100.000 abitanti e in tutto il Paese sale l’incremento percentuale dei nuovi casi ad eccezione della P.A. di Bolzano, Umbria e Molise già sottoposte a severe misure restrittive. Sul fronte ospedaliero, l’occupazione da parte di pazienti COVID supera in 5 Regioni la soglia del 40% in area medica e in 9 Regioni quella del 30% delle terapie intensive.
Controllo delle varianti e consegne dei vaccini
L’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità ha stimato, al 18 febbraio, la prevalenza della variante inglese al 54% (range: 0-93,3%), di quella brasiliana al 4,3% (range: 0-36,2%) e di quella sudafricana allo 0,4% (range: 0-2,9%).
Delle dosi previste per il primo trimestre 2021, al 3 marzo (aggiornamento ore 10:17) ne sono state consegnate alle Regioni 6.542.260. Questo significa che per rispettare le scadenze contrattuali fissate al 31 marzo, nelle prossime 4 settimane dovranno essere consegnate in media 2,3 milioni di dosi/settimana.
Le somministrazioni che non decollano
Al 3 marzo hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 1.454.503 milioni di persone (2,44% della popolazione), con marcate differenze regionali: dal 4,18% della PA di Bolzano all’1,72% dell’Umbria.
Si rilevano inoltre rilevanti differenze tra i diversi vaccini. Mentre le somministrazioni di Pfizer si attestano all’89% delle dosi consegnate, quelle di Moderna e AstraZeneca stanno infatti procedendo più lentamente. Tuttavia, se il 29,1% di Moderna è condizionato al ribasso dalla recente consegna della metà delle dosi, per AstraZeneca le somministrazioni si attestano al 26,9%, spia di problemi organizzativi nella vaccinazione di massa, anche se non si possono escludere possibili rinunce selettive a questo vaccino o ritardi nella rendicontazione dei dati.
Quanto alla protezione dei più fragili, degli oltre 4,4 milioni di over soltanto 80, 762.271 (17,2%) hanno ricevuto la prima dose di vaccino e solo 149.620 (3,4%) hanno completato il ciclo vaccinale, anche qui con rilevanti differenze regionali.
Il primo DPCM Draghi non segna il cambio di passo
Infine, conclude Cartabellotta, “il primo DPCM a firma Draghi non segna affatto il cambio di passo auspicato: il sistema delle Regioni a colori resta di fatto immutato, così come le misure per la maggior parte delle attività produttive e commerciali”. Non solo. Con la sospensione, dal 6 marzo nelle zone rosse, delle attività in presenza delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell’infanzia ed elementari, “a pagare il conto più salato, come sempre, è la scuola”.
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