Bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio: arrestato il patron del gruppo Cavicchi

Nei guai anche la moglie, il figlio e il consulente fiscale. Sequestrati 3,5 milioni di euro

Roma – È finito ai domiciliari Giancarlo Cavicchi, il patron del gruppo Cavicchi, una società che opera nel settore della gestione di alberghi, ristoranti, parchi divertimenti e attività turistiche a Roma e Bologna.
Con lui si sono messi nei guai  la moglie, Franca Mingotti, anche lei ai domiciliari, il figlio, Cristiano Cavicchi, e il consulente finanziario, Luigino Bellusci, per i quali si sono aperte le porte del carcere. Tutti e quattro sono indagati per i reati delitti di bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio.

Non solo. L’Autorità Giudiziaria ha disposto anche la misura interdittiva del divieto di esercitare uffici direttivi di persone giuridiche e imprese per la durata di 12 mesi nei confronti di 7 compiacenti “prestanome”, messi fittiziamente al vertice di alcune imprese per dissimularne la riconducibilità agli arrestati, nonché il sequestro preventivo di somme, beni immobili e mobili per oltre 3,5 milioni di euro.

Le indagini

Le indagini del Comando provinciale della Finanza di Roma sono partite dalla dichiarazione di fallimento di due società del gruppo, scoprendo che il sodalizio composto dai membri della famiglia Cavicchi, aiutati dalla partecipazione attiva di Bellusci che collaborava per suggerire e attuare gli aggiustamenti contabili ritenuti necessari, hanno effettuato numerose operazioni per svuotare le società in difficoltà a favore di altre neo-costituite che potessero continuare nella gestione delle strutture ricettive e degli esercizi di ristorazione, pulite dai debiti accumulati nei confronti dei lavoratori, dei fornitori e dell’erario.

Nel corso delle investigazioni sono stati ricostruiti pagamenti disposti dai conti di una delle due società fallite a favore di altre imprese riconducibili allo stesso dominus, in assenza di alcuna giustificazione economica, per quasi 3 milioni di euro. È stato inoltre accertato l’omesso versamento della tassa di soggiorno per oltre 500.000 euro al Comune di Roma, in ragione del quale i coniugi Cavicchi sono indagati anche per peculato.

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