‘Ndrangheta in Emilia, gli indagati: sfregiate quella donna con l’acido

29 indagati e 35 perquisizioni tra Reggio Emilia, Modena, Ancona, Parma, Crotone, Milano, Prato, Pistoia e Latina

Reggio Emilia – Sfregiare una donna gettandole dell’acido sul viso. Era questo l’obiettivo, poi non realizzato, di alcuni inquisiti nell’inchiesta Perseverance della Dda di Bologna contro la ‘ndrangheta emiliana.
In un’intercettazione degli indagati, registrata a novembre 2019, Giuseppe Friyo, Domenico Cordua e un terzo uomo si sentono progettare l’azione: “Ragazzi c’è da fare una lavorettino, se vi interessa eh (…) c’è da picchiare una donna…”, dice Cordua. Risposta: “E che dobbiamo fare? Dobbiamo darle dei pugni?”. Cordua: “La mandate in ospedale…o le buttate un po’ di acido sulla faccia”. E ancora: “Dev’essere sfregiata?”. “Bravo, solo la faccia però. Le butti l’acido addosso e te ne vai”.
Gli interlocutori di Cordua, sottolinea il Gip Alberto Ziroldi nell’ordinanza con cui ha disposto dieci misure cautelari, pur evidenziando alcuni dubbi si dimostrano interessati al punto di informarsi sull’eventuale compenso e di richiedere altre informazioni sul bersaglio e il luogo dove poter compiere l’azione.
E in effetti si sente la voce del terzo interlocutore che dice: “L’acido sai cosa le fa? Che dagli occhi non vede più”. Cordua: “Bravo… e quello devi fare”. L’altro uomo: “Quello è già… come morte!”. Friyo: “L’hai rovinata! L’hai rovinata”. Il terzo uomo: “Eh, l’hai rovinata, eh, meglio sparare che rovinarle la vita”.

La cosca già colpita dall’inchiesta Aemilia

Partendo dalle risultanze investigative dell’indagine Aemilia, che ha avviato una rilettura di oltre trent’anni di eventi delittuosi lungo l’asse Cutro-Reggio Emilia rafforzando la conoscenza del sodalizio ‘ndranghetistico emiliano, storicamente legato alla cosca Grande Aracri di Cutro, le recenti indagini dei carabinieri si sono fissate sulla figura di Giuseppe Sarcone Grande, rimasto fino a oggi a margine delle  sentenze che hanno visto condannare, invece, gli altri tre fratelli Sarcone: Nicolino, Gianluigi e Carmine, tutt’ora detenuti per associazione di tipo mafioso.

Il nuovo reggente, Giuseppe Sarcone Grande

La Procura ha scoperto infatti che il quarto fratello, Giuseppe Sarcone Grande, gestiva diverse attività economiche nelle province di Modena e Reggio Emilia, e aveva messo le mani su sale scommesse, officine meccaniche, carrozzerie, e società immobiliari. Naturalmente il tutto era intestato a prestanome nel tentativo di salvaguardare il proprio patrimonio da prevedibili sequestri, alla luce della misura di prevenzione patrimoniale già emessa nel settembre del 2014 nei confronti della famiglia.
Un peso criminale quello del nuovo boss della cosca emiliana, che emerge da diversi episodi, compreso quello legato all’aggressione con l’acido di cui si parla nelle intercettazioni.
Qui entrano in scena anche due coniugi modenesi, Alberto Alboresi e Genoveffa Calucciello, insospettabili e spregiudicati. La coppia affidava, infatti, al sodalizio ‘ndranghetistico  l’incarico di provocare lesioni gravissime a una donna che, poiché si prendeva cura di parenti in età avanzata, era suo malgrado divenuta di ostacolo per i coniugi che volevano appropriarsi illegittimamente dell’ingente patrimonio posseduto dagli anziani indifesi. L’immediata attività di contrasto della Squadra Mobile reggiana, effettuata attraverso perquisizioni e verbalizzazioni, ha indotto i due ad abbandonare l’obiettivo per il timore degli inquirenti.

Il carcere e il sequestro

Sono dieci le misure cautelari personali emesse stamattina dal Gip di Bologna, Alberto Ziroldi, sette custodie in carcere, due arresti domiciliari e una misura interdittiva. Ventinove sono gli indagati e trentacinque le perquisizioni effettuate su tutto il territorio nazionale, da Reggio Emilia, a Modena, ad Ancona, Parma, Crotone, Milano, Prato, Pistoia e Latina.

Tra i beni sequestrati ci sono cinque società (due a Modena e tre a Reggio Emilia), quattro complessi immobiliari (tre a Cutro e uno a Reggio Emilia), oltre a un’autovettura, tutti riconducibili alla famiglia calabrese.
Documentato anche il tentativo di acquisire, sempre tramite prestanome, la gestione di un’area di servizio in provincia di Reggio Emilia e di una sala slot e scommesse a Modena, attraverso la costituzione da parte di soggetti compiacenti di apposite società, tutte occultamente gestite da Sarcone.

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Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.