Ricordando Simon Wiesenthal, il cacciatore di nazisti

Nato nel 1908, ebreo austriaco ma polacco di nascita, morto nel 2005, Simon Wiesenthal scampò nel corso della sua vita travagliata a ben 12 plotoni di esecuzione all’interno dei campi di sterminio tedeschi. Originario di Buczacz, al margine orientale della monarchia austro-ungarica, faceva parte della famiglia di Sigmund Freud. La suocera di Wiesenthal era, infatti, una Freud.

Consapevolezza ebraica

Buczacz era all’epoca un luogo in cui gli ebrei dominavano, con ben sessantamila persone a cui si contrapponevano duemila polacchi e circa mille ucraini. Questo incise fortemente nella vita di Wiesenthal, creando in lui una forte autostima e la consapevolezza di appartenere a un popolo importante e con forti connotazioni culturali. Quando arrivò a Mauthausen, nel maggio 1945, aveva 38 anni.

L’antisemitismo non è una prerogativa germanica

Dotato di una forte visione globale dell’antisemitismo, sapeva benissimo che accanto all’antisemitismo tedesco ne esisteva uno ancora più antico in Unione Sovietica e ricordò sempre di quando i cosacchi, nel 1915, irruppero a Buczac costringendo gli ebrei a lasciare la città, o di quando nel 1941 truppe ucraine con uniformi tedesche  diedero vita a un pogrom durato tre giorni che costò seimila vittime civili inermi.

Le accuse di collaborazionismo

Quando aprì il suo piccolo ufficio di ricerca criminali di guerra a Vienna, prima in Rudolfsplatz e poi a Salztorgasse, subì forti attacchi diretti. Alcuni gli rinfacciarono di essere sopravvissuto perché, grazie al suo talento maturato negli studi di architettura, aveva dipinto svastiche e scritte varie presso edifici nazisti. Gli venne dato del collaborazionista. I servizi segreti polacchi produssero falsi documenti da cui Wiesenthal risultava essere un agente del sionismo e della CIA.
Una cosa era vera, che fu grazie ia finanziamenti di ricchi ebrei americani che fu possibile raccogliere le informazioni necessarie per incastrare centinaia di responsabili di crimini verso l’umanità.
È altrettanto vero che Vienna non accettò mai di buon grado la sua presenza in Austria, perché l’allora capo del Partito Liberale, Friedrich Peter, era stato uomo di punta delle SS durante il nazismo.

Tanti successi ma anche fallimenti

All’azione investigativa seguirono tanti successi e qualche insuccesso, come il mancato arresto dell’Obersturmbannführer delle SS Walter Rauff che con i suoi esperimenti aveva “lavorato” come si diceva negli ambienti ben “97.000 unità”. Fu lui l’ideatore degli autocarri che scaricavano i gas combusti a bordo per uccidere i passeggeri. “Tutto pareva molto innocuo, per questo non sorgeva alcun panico quando le vittime venivano caricate; il carico poteva avvenire giustamente alla stessa distanza dal posto più comodo per l’esecuzione e il seppellimento di quelli che venivano fucilati o impiccati; e ciò non era troppo gravoso per il conducente e il suo aiutante, poiché lo strepitio del motore soverchiava le urla dei morenti”.

Walter Rauff imprenditore in Cile

Di Rauff si conosceva perfettamente quella che era diventata la sua residenza, a Santiago del Cile, dove aveva fondato un’azienda. Tramite l’allora Presidente americano Reagan e il cancelliere tedesco Kohl si fece di tutto perché il nazista fosse privato da Pinochet della cittadinanza, ma non vi fu nulla da fare.
Morì per cause naturali e a Santiago. Al suo funerale, altri ricercati come Franz Stangl (comandante del campo di sterminio di Treblinka), Gustav Wagner (responsabile delle camere a gas di Soribor) lo onorarono per l’ultima volta con il saluto hitleriano.

SS in fuga. Uno straordinario patrimonio al loro servizio

La verità è che le SS in fuga per il mondo disponevano di risorse finanziarie pressoché illimitate, frutto delle contraffazioni di denaro più perfette mai operate.
L’Impero nazista in difficoltà economiche, infatti, fece stampare enormi quantità di sterline pressoché perfette. Da un lato questo minò il sistema economico inglese durante la guerra; dall’altro consentì lo smercio e lo scambio con banconote legali. Si era pure a conoscenza di colui che custodiva queste casse di denaro (alcune delle quali furono a suo tempo rinvenute) mettendo le risorse a disposizione dei fuggitivi, tale Friedrich Schwendt, approdato in Italia a Castel Labers, presso Merano, nel Sudtirolo.

Adolf Eichmann, il responsabile logistico di sei milioni di vittime

Poi la ricerca e la cattura di Adolf Eichmann, in Argentina. Alla cattura del responsabile logistico della soluzione finale di sei milioni di ebrei propose a Wiesenthal di collaborare per la prima volta nel 1951 un gruppo di ex nazisti di Vienna che erano interessati al tesoro personale di Eichmann. Varie casse di denti d’oro che i boia del capo nazista avevano strappato dalle bocche degli ebrei gasati prima di essere inseriti nei forni crematori. Heinrich von Klimrod, egli stesso ex appartenente alle SS, si presentò nell’ufficio e disse: “Noi sappiamo una quantità di cose sulla fuga di Eichmann. Sappiamo che l’hanno aiutato due sacerdoti, i padri Weber e Benedetti. Conosciamo il convento dei Cappuccini in cui è tenuto nascosto. L’attuale nome di Eichmann non ci è noto, ma abbiamo molti camerati in Sudamerica che ci potrebbero essere d’aiuto”. Così commentò Wiesenthal anni dopo questa proposta: “Sarei stato forse disposto a dargli del denaro mio, ma lasciargli l’oro strappato dalle bocche dei miei fratelli assassinati mi sarebbe sembrata una profanazione di cadavere”.

Mengele, il dottor Morte

Poi le sconfitte, come quella di Josef Mengele (dottor Morte), del quale si era sempre saputo dove vivesse. Al termine della guerra era tornato nella sua città natale, a Günzburg sul Danubio, dove visse praticamente indisturbato dal 1945 al 1950. Nel 1951, avvedutosi del pericolo di essere catturato, con l’aiuto dell’organizzazione Odessa da Genova giunse in Spagna e poi in Sudamerica. Ella Lingens, che lavorò sotto di lui come medico-detenuto a Birkenau raccontò dell’evento nel lager dell’infezione petecchiale e della febbre portata dai pidocchi, che faceva su soggetti debilitati più vittime che le stesse camere a gas. Mengele ne era compiaciuto. Rimase tale finché la febbre iniziò a contagiare anche le guardie tedesche del campo. Iniziò così a fare gasare baracca per baracca tutti i malati del campo, fino a risolvere il problema.

Difficoltà quasi insormontabili che tuttavia non fecero desistere Wiesenthal dal proseguire la sua azione fino alla morte. Basti pensare che ancora nel 1970, degli undici ministri del governo austriaco, quattro erano collaboratori della NSDAP (il Partito nazista), uno dei quali addirittura appartenuto alle SS. Lo stesso valeva per l’associazione dei docenti universitari austrici, la BSA, che negli ambienti era chiamata dagli addetti BSS.
Prima di morire scrisse, a proposito dell’antisemitismo di cui le società sono permeate, che la speranza che Auschwitz gli avesse messo fine si è rivelata tragicamente fallace, si è arrivati anzi ad affermare che gli ebrei sarebbero, non si dice totalmente ma almeno un pochino, responsabili della loro sorte.

Mauro Salucci

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Mauro Salucci è nato a Genova. Laureato in Filosofia, sposato e padre di due figli. Apprezzato  cultore di storia, collabora con diverse riviste e periodici. Inoltre è anche apprezzato conferenziere. Ha partecipato a diverse trasmissioni televisive di carattere storico. Annovera la pubblicazione di  “Taccuino su Genova” (2016) e“Madre di Dio”(2017) . “Forti pulsioni” (2018) dedicato a Niccolò Paganini è del 2018 e l’ultima fatica riguarda i Sestieri di Genova.

 

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