Cluster Covid al Maragliano, il Direttore sanitario del Policlinico: “L’infermiera non è responsabile del contagio”

Viviamo da un anno in ostaggio di un virus che non vuole darci tregua. Oltre centomila morti in Italia, e un sistema sanitario che ha rivelato tutti i suoi limiti dopo decenni di tagli indiscriminati.
Ma grazie al lavoro senza sosta e spesso con pochi mezzi di chi opera nei nostri ospedali, la situazione parrebbe sotto controllo.

Prima di tutto l’immagine

Tra risse televisive, presentazioni di libri, scontri all’arma bianca per far valere la propria opinione scientifica, magari divergente da quella espressa un mese prima in un altro talk show, quello che probabilmente abbiamo capito tutti è che in Italia non esiste una vera e propria comunità scientifica in grado di veicolare un messaggio chiaro su come sarà la nostra vita nei prossimi anni. E quando tutti parlano, e ognuno dice la sua, anche chi è concentrato sulla tastiera e non fa il virologo, improvvisamente lo diventa. Un vecchio vizio italico che finché  era limitato alla nazionale di calcio danni ne faceva pochi.

Virus, virologi, informazione e comunicazione

Ricordiamo, proprio all’inizio di questa emergenza sanitaria, le dichiarazioni di tanti illustri virologi che hanno dichiarato tutto e il contrario di tutto. Così parlando di DPI si è passati da ” forse servono per ripararsi dallo smog” in risposta a una domanda sull’utilità di indossare le mascherine per evitare il contagio, a chi ha rubricato il Covid come una forma un po’ più forte di influenza.
E benché sia stato difficile, e per gli addetti ai lavori lo sia ancora, affrontare questa emergenza sanitaria, ci si sarebbe aspettato un comportamento più responsabile da parte degli scienziati che invece hanno preferito incontrasi e scontrarsi nei talk show piuttosto che far passare un messaggio chiaro e univoco a una popolazione spaventata e con il futuro incerto.
E se chi deve fornire risposte e rassicurazioni non è in grado di farlo, inevitabilmente fioriscono virologi improvvisati, cure miracolose, riti tribali, complottisti e fideisti, che hanno completato il quadro drammatico di questo ultimo anno e trasformato la scienza in spettacolo. Passerelle della politica comprese.

Anche l’informazione, non tutta,  ha fatto il suo lavoro pubblicando qualsiasi cosa attirasse l’attenzione di una popolazione sempre più preoccupata e in pensiero anche per il futuro lavorativo incerto. La politica ha messo il carico con estenuanti conferenze stampa e comunicati “a reti unificate” dove si è arrivati a vietare di far visita a un parente in tre persone, ma il parente poteva andare a far visita allo stesso nucleo familiare di tre persone. Come se 3+1 non facesse sempre 4.

Un paese pittoresco

In questo contesto, dove ormai la discussione tra contagi, vaccini, zone varicolor, è deflagrata irrimediabilmente con il blocco parziale del vaccino AstraZeneca, il 13 marzo è arrivata la notizia di un cluster con 14 contagiati al Policlinico di San Martino. Un comunicato dove si  specificava che tra i contagiati era presente anche un’infermiera che aveva “rifiutato di vaccinarsi”.

Saltafila e raccomandati

E visto che siamo in un paese talmente folcloristico che cisono politici che sponsorizzano gli amici per agevolarli nella vaccinazione, dove i saltafila sono all’ordine del giorno, e dove i vaccini mancano per chi pensa di avere la necessità di farlo, è logico che la notizia di un’infermiera che “ha rifiutato di vaccinarsi”, poi definita da qualche incauto giornale on line come “No Vax”, ha scatenato un vero e proprio linciaggio social. Notizia diffusa in spregio alle più elementari regole della privacy e senza neanche conoscere le motivazioni per cui questa lavoratrice non fosse vaccinata.
Ma naturalmente, la notizia dell’infermiera “untrice”, era troppo ghiotta per non pubblicarla. Noi abbiamo ravvisato immediatamente che il comunicato non aveva i crismi di correttezza per essere messo in pagina e oggi abbiamo preferito chiarire i fatti con il  Direttore sanitario del Policlinico San Martino, Giovanni Orengo.

La nostra intervista

Il Policlinico ritiene l’infermiera non vaccinata responsabile della nascita del cluster Covid al Maragliano?
Assolutamente no. Noi non sappiamo neppure chi si è vaccinato e chi no. È possibile che sia successo nel senso che noi abbiamo un certo numero di dipendenti che non sono vaccinati per diversi motivi, magari proprio perché hanno avuto la malattia e le linee guida del Ministero dicono che si deve attendere tre mesi prima di vaccinarsi. In linea di principio non sappiamo con precisione se un dipendente è vaccinato oppure no, perché c’è un obbligo di riservatezza. E poi il vaccino, anche per il personale sanitario, è una procedura su base volontaria e non esiste un obbligo per i dipendenti.

C’è stato anche chi l’ha definita “l’infermiera No vax”
Generalmente io ho visto nei miei colleghi medici e infermieri un grande entusiasmo ad aderire alla campagna vaccinale. Discorsi antiscientifici in Istituto non ne ho mai sentito fare.

Eppure a noi è arrivato un comunicato del Policlinico che diceva appunto “È risultata positiva anche un’infermiera che si era rifiutata di sottoporsi alla vaccinazione” e ci siamo chiesti se non ci fosse un problema di violazione della privacy
Le ripeto, questa cosa mi sembra strana. Non è nelle nostre prerogative informarci sulla situazione vaccinale dei dipendenti.

Invece è proprio così. E poi quest’infermiera è stata messa alla gogna sui social media
Personalmente io non so se tra le persone che sono risultate positive al tampone ci sia qualcuno vaccinato oppure no.
Tenga conto che c’è anche la possibilità, e lo abbiamo saputo dal nostro medico del lavoro che è quello che segue i dipendenti e che secondo la normativa vigente è anche l’unico incaricato a sapere chi si è vaccinato e chi no, e non può comunicare queste liste al datore di lavoro, ecco il nostro medico competente ci ha detto che ci sono alcune persone, e sono pochissime, che sia dopo la prima dose che dopo la seconda hanno sviluppato un tampone positivo. Magari senza sintomi ma sono risultate positive.

Anche chi è vaccinato può contagiare? È un portatore sano?
Sì, può succedere.

Quanti sono i dipendenti del Policlinico che si sono vaccinati?
Noi abbiamo dei dati aggregati, cioè non possiamo avere le liste ma abbiamo dei numeri. Il 93% circa dei medici e l’85% degli infermieri. Questo significa che tra medici e infermieri si sono vaccinate circa 3.500 persone.

Tornando al cluster, quanti servizi igienici ci sono per i pazienti nel padiglione del Maragliano?
La struttura è antica e quindi i bagni sono pochi. Abbiamo immediatamente evacuato tutti i pazienti che erano presenti perché ci risultava complicato, appunto con le dotazioni di servizi del reparto, riuscire a fare un isolamento ben fatto tra pazienti negativi e positivi. Tant’è vero che il giorno stesso abbiamo trasferito tutti i pazienti tra l’area Covid+ del 1° piano del Pronto Soccorso, il Padiglione 12 e il Padiglione 10.
A oggi nel padiglione sono rimasti in 7. Tutti hanno fatto il quarto tampone consecutivo che è risultato ancora negativo e abbiamo dato delle regole molto rigide per la sanificazione successiva all’utilizzo dei bagni. Questo perché la situazione non è ottimale.

Sì perché a noi risulta che in clinica pneumologica, che è uno dei reparti più a rischio, ci fossero 5 bagni per 25 pazienti
I pazienti erano 22, ma oggettivamente i bagni sono pochi lo stesso. Vi dico anche che la nostra premura è stata quella di evacuarli il più presto possibile proprio per questa criticità strutturale.

E invece i test ai pazienti in ingresso? È vero che servono due giorni per avere i risultati e che questo rende difficile separare i percorsi “sporco-pulito”?
No, non è così.
I tempi dipendono da quando il tampone arriva in laboratorio. Se è stata già messa in piedi una batteria di esami, ovviamente si dovrà attendere la fine del ciclo, che dura mediamente 2-3 ore e quindi se il nuovo paziente arriva al momento sbagliato si impiegherà un po’ più di tempo. In generale dalla mattina alla sera noi siamo in grado di sapere il risultato del tampone molecolare. Tenga conto che ci sono anche i tamponi rapidi. Non sono precisi come il molecolare ma un’idea la danno lo stesso.
È vero che ci sono stati momenti della pandemia in cui abbiamo avuto una sofferenza sui tamponi, ma oggi siamo assolutamente una macchina efficiente, non siamo in difficoltà.

 fp

Fabio Palli

Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.