Genova – Prendo la solita borsa, pesante esattamente come ieri, e penso che l’ennesimo sforzo eroico di uscire là fuori meriterebbe almeno una serie di applausi.
Poi l’occhio allenato mi suggerisce che siamo in molti a seguire questo rito che prevede alzarsi, darsi una sistemata, prendere gli attrezzi del mestiere e andare a lavorare. I ragazzi studiano, chi guida il taxi porta i pochi clienti rimasti alle loro destinazioni. Poi ci sono quelli stipati sui mezzi pubblici che vanno in ufficio, in cantiere, in cerca di un lavoro. C’è anche chi in smart working prova a fare bene ciò per cui è pagato. Magari accollandosi il costo della connessione internet. C’è anche chi pensa al modo di sopravvivere perchè qualche legge poco sensata lascia vuoto il suo ristorante ma riempie i supermercati. Siamo un popolo abbastanza diligente, molto più di altri nostri concittadini europei che godono di una reputazione migliore della nostra. Ne usciremo, magari malconci, ma siamo quel che siamo, italiani resilienti e qualche volta anche un po’ fieri.
In tutto questo bailamme, c’è anche chi ogni giorno inaugura il fatto di lavorare. E sarà così, salvo saggi ripensamenti, per l’inaugurazione del “maxi hub” della fiera dove verranno fatti i vaccini. Un decisione che andrebbe attuata velocemente, senza tante fanfare e che fa parte delle mansioni di un Presidente di Regione con la delega alla Sanità. Perchè siamo un popolo resiliente, caparbio, orgoglioso, ma a volte difettiamo del senso della misura, che è anche sinonimo di equilibrio e sobrietà.
Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.