È l’ipotesi di Federico Zatti che nel suo libro “Una strana nebbia” segue la pista mafiosa
A trent’anni dalla tragedia della Moby Prince e subito dopo l’annuncio di una nuova Commissione d’inchiesta parlamentare, potrebbe aprirsi un’altra pista per cercare di far luce su quanto accaduto nel porto di Livorno, la notte del 10 aprile 1991, dove 140 persone morirono nel più grave incidente della marina civile italiana. Una pista che ha del clamoroso: la vendetta della mafia contro lo Stato, un anno prima della strage di Capaci.
Una strana nebbia
È questa l’ipotesi di “Una strana nebbia”, l’ultimo libro di Federico Zatti, dove il giornalista ricostruisce una storia inedita che apre nuovi interrogativi che partono da un filo sottile che lega la Sicilia di Totò Riina alla Ravenna del Gruppo Ferruzzi, passando dalle cave di marmo di Carrara e dalle rotte marittime del petrolio, il
giornalista ricostruisce una storia inedita che apre nuovi interrogativi.
“Di nebbia si parlò fin dall’inizio. Era una delle basi su cui si è costruita la verità e il racconto di questo strano incidente – spiega l’autore -. Un traghetto che faceva la tratta Livorno-Olbia, appena uscito dal porto, di notte, che va a finire contro una petroliera gigantesca ferma in rada, la Agip Abruzzo.Colpisce la petroliera quasi a massima velocità. Come è possibile? La spiegazione che si individuò fin dalle prime ore dell’incidente fu quella di attribuirla a una nebbia molto densa e a un’imperizia del comandante del traghetto”.
Una strana nebbia nel senso che la commissione d’inchiesta parlamentare che si è conclusa nel 2018 ha riscritto queste verità processuali dicendo che non si può più parlare di nebbia. E allora, se non è la nebbia, cosa sarà stato?
Da dove arrivava la Agip Abruzzo?
“Quello che ho fatto in questo libro è di aver cambiato il punto di vista”, precisa Zatti puntando l’attenzione sul fatto che “finora l’attenzione è rimasta concentrata sul traghetto e sulle 140 vittime” mentre lui, nel suo lavoro d’inchiesta, ha “fatto l’operazione inversa: ho iniziato a guardare la petroliera, quell’inerme, gigantesca petroliera che stava ferma in mezzo al mare. E ho iniziato a premi delle domande. Da dove veniva la petroliera? Dal posto dal quale si pensava sia arrivata, l’Egitto? Eppure c’è qualcosa che non torna in questo tragitto. Sono troppo pochi giorni di viaggio
rispetto alla lunghezza delle miglia da coprire. Trasportava petrolio? Il comandante parlò di nafta, cioè benzina, mentre la petroliera avrebbe dovuto trasportare petrolio grezzo”.
Partendo da qui, da questi interrogativi, il giornalista ipotizza una storia diversa, “quella di una vendetta mafiosa contro lo Stato per la gestione del petrolio. Allora la Moby Prince va contro la petroliera deliberatamente perché è stata dirottata. Questa è l’ipotesi che sostengo nel libro. Dopodiché sarà la magistratura che dovrà trovare le prove e determinare se questa è una verosimiglianza davvero reale”, sottolinea.
Moby Prince e Haven: in 12 ore due incidenti
“Nel momento in cui io cambio il punto di vista, e parlo della petroliera, tutto il racconto è un racconto di petrolio e petroliere. Ecco, c’è una coincidenza che è stata messa in relazione da poco con la tragedia di Livorno: 12 ore dopo, a circa 80 miglia di distanza, fuori dal porto di Genova, c’è un’altra petroliera, la Haven, che prende fuoco e si inabissa con il suo carico. Secondo me le due circostanze, due petroliere che prendono fuoco nei due principali porti italiani, sono da mettere in correlazione e forse troverebbero la spiegazione nell’ipotesi della vendetta mafiosa”.
È una pista del tutto nuova, originale, inedita, e che naturalmente dovrà appoggiarsi su delle prove concrete. E infatti Zatti spiega: “Io la ipotizzo mettendo insieme degli elementi di congruenza e che rispondono a tutte le domande aperte sul caso Moby Prince. Dopodiché saranno altri a trovare le prove definitive di questa ipotesi”.
Le mani della mafia sul petrolio
“Io racconto di una mafia che proprio in quegli anni voleva appropriarsi del petrolio. Voleva entrare nel grande business, stava forse per farlo attraverso un passaggio di società e la scalata all’Enimont, e immediatamente fu espulsa perché Gardini
fu fermato. Si interruppe questo progetto di cui probabilmente Gardini non era a conoscenza. Lo era Panzavolta, il numero due del gruppo Ferruzzi”, dichiara il giornalista che poi conclude: “Quindi nel libro lego questi eventi tutti insieme.La possibilità che ci sia una sorta di vendetta come ci ricordiamo essere stata la vendetta contro lo Stato con la strage di Capaci“.
I video dei Vigili del Fuoco registrati in quei giorni
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