Il business gestito dalla ‘ndrangheta aveva la base logistica a Livorno dove arrivava la neve colombiana da piazzare in Europa, Australia e Nuova Zelanda
Roma – È scattata stamattina all’alba l’operazione antidroga “Molo 13” che ha impegnato 150 militari della Finanza e dello SCICO, il Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità, sguinzagliati dalla Procura di Nicola Gratteri tra Calabria, Sicilia, Puglia, Lazio, Toscana, Liguria, Piemonte e Lombardia, per stroncare il traffico di cocaina colombiana del clan Gallace di Guardavalle, nel catanzarese.
L’indagine
L’indagine ha inchiodato gli esponenti di spicco della cosca di ‘ndrangheta radicata sul territorio di Guardavalle e riconducibile alla famiglia Gallace, che avevano messo in atto un’organizzazione criminale transazionale ramificata e capace di pianificare ingenti importazioni di cocaina dal Sud America, in particolare da Colombia e Brasile, e di piazzarla tra Spagna, Olanda, Inghilterra, Slovenia, Nuova Zelanda e Australia.
Nell’ambito dell’operazione è emerso come la cosca Gallace, nel corso degli ultimi decenni, si sia trasformata in una vera e propria impresa criminale che attraverso numerose attività illecite ha accresciuto la sua potenza militare ed economica, e ha acquisito un controllo sempre più penetrante del territorio della fascia ionica, quello a cavallo di Catanzaro e Reggio Calabria, con diramazioni nell’hinterland laziale, toscano e lombardo.
La rotta del Sudamerica
Le indagini, che si sono avvalse del contributo di alcuni collaboratori di giustizia, hanno consentito di inquadrare la rilevanza criminale del sodalizio nel traffico internazionale di stupefacenti, evidenziandone la capacità di interfacciarsi direttamente con i fornitori sudamericani per l’acquisto di grossi quantitativi di droga, nell’ordine di oltre 1.200 chili, nonché la capacità della stessa cosca di distribuire la cocaina in Australia, Nuova Zelanda, Turchia, Regno Unito e Slovenia.
Messaggi criptati scovati da Eurojust
Per organizzare le comunicazioni che servivano a gestire il traffico illecito, l’organizzazione usava metodi di comunicazione non convenzionali, in particolare dispositivi elettronici associati a sim straniere che si avvalevano di tecniche di messaggistica criptata tra “account” e “domini”, tutti associati a un server di San José, in Costarica.
In proposito, grazie al sequestro da parte delle Autorità olandesi di dati criptati con la tecnologia non convenzionale denominata PGP, estrapolati proprio da questo server, con la preziosa collaborazione del rappresentante Italiano presso Eurojust, è stato possibile utilizzare un numero formidabile di messaggi di posta elettronica criptati, prevalentemente in lingua italiana, trasmessi da dispositivi BlackBerry.
Fregati dalla RAM del server
Con la decriptazione di tutti i messaggi recuperati dal server, è stato possibile inquadrare il modus operandi dell’organizzazione, identificare i sodali e ricostruire numerosi episodi di commercio e importazione di sostanze stupefacenti. Tra questi anche l’importazione di una fornitura del peso di oltre 150 chilogrammi di cocaina sequestrata nel maggio 2017 nel porto di Livorno. In questo caso le chat scambiate tra i soggetti coinvolti parlavano dell’acquisto di circa 200 kg di cocaina dalla Colombia, trasportati all’interno di un container a bordo di una motonave partita dal porto di Cartaghena (Colombia), il cui recupero, programmato inizialmente a Barcellona (Spagna), veniva tentato, con esito negativo, presso Livorno.
La droga complessivamente sequestrata, una volta lavorata e immessa in commercio, avrebbe avrebbe fruttato sulle piazze di spaccio oltre 3,5 milioni di euro.
20 in manette
Sono finiti in carcere: ANDREACCHIO Agazio, cl. 1977 (custodia in carcere); BAVA Giuseppe, cl. 1977 (custodia in carcere); CHIEFARI Nicola, cl. 1973 (custodia in carcere); FERRO Leonardo, cl. 1985 (custodia in carcere); FONTI Emanuele, cl. 1960 (custodia in carcere); GAGLIARDI Angelo, cl. 1995 (custodia in carcere); GALATI Francesco, cl. 1977 (custodia in carcere); GALLACE Bruno, cl. 1972 (custodia in carcere); GALLACE Cosimo Damiano, cl. 1961 (custodia in carcere); GUIDO Nicola, cl. 1986 (custodia in carcere); PALAMARA Mario, cl. 1969 (custodia in carcere); RIITANO Benito Andrea, cl. 1993 (custodia in carcere); RIITANO Francesco, cl. 1980 (custodia in carcere); RIITANO Paolo, cl. 1976 (custodia in carcere); SAMÀ Agazio Andrea, cl. 1974 (custodia in carcere); TAVERNITI Francesco, cl. 1974 (custodia in carcere); VITALE Domenico, cl. 1969 (custodia in carcere); VITALE Domenico, cl. 1976 (custodia in carcere); VITALE Giuseppe, cl. 1977 (custodia in carcere).
Per TASSONE Gianluca, cl. 1979, sono scattati invece i domiciliari.
Ai provvedimenti è seguito il sequestro preventivo d’urgenza dei beni, per un valore complessivo stimato in oltre 4 milioni di euro, costituito da ville, fabbricati, società e relativi complessi aziendali, automezzi e numerosi rapporti bancari e finanziari.
Il video con le intercettazioni e le immagini girate dall’elicottero
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.