Secondo l’ISPRA il riscaldamento domestico da solo è responsabile del 64% della quantità di PM2,5, del 53% di PM10 e del 60% di CO emessi in atmosfera
Nel 2021 il riscaldamento domestico contribuisce ancora, in maniera significativa, a inquinare le nostre città e a surriscaldare il Pianeta, incentivato da una serie di sussidi ambientalmente dannosi e da misure che, ultimo l’ecobonus, anziché spingere unicamente gli impianti a fonti rinnovabili favoriscono anche quelli a combustibili fossili. Eppure, le alternative ai sistemi centralizzati alimentati a gas e gasolio, che nel nostro Paese caratterizzano soprattutto i grandi agglomerati urbani, esistono già e sono altamente competitive.
Lo dice il nuovo studio realizzato da Elemens per Legambiente e Kyoto Club e presentato in streaming oggi pomeriggio.
Riscaldamento degli edifici e inquinamento atmosferico
In Italia il riscaldamento degli edifici residenziali, commerciali e pubblici pesa sulle emissioni di CO2per oltre il 17,7%, secondo i dati ISPRA. Particolarmente consistente il ruolo del riscaldamento residenziale nell’inquinamento atmosferico: da solo, infatti, è responsabile del 64% della quantità di PM2,5, del 53% di PM10 e del 60% di CO emessi nel 2018, contribuendo al peggioramento della qualità dell’aria, specie nelle grandi città del Centro-Nord. Un impatto notevole confermato anche durante il primo lockdown del 2020: in Lombardia, ad esempio, uno studio dell’ARPA ha evidenziato come, nonostante lo stop delle attività produttive e di gran parte dei trasporti, le emissioni di PM10 siano diminuite soltanto del 17% proprio a causa di un incremento nell’utilizzo dei riscaldamenti.
L’analisi condotta per tipologia di combustibile evidenzia come la maggior parte delle abitazioni italiane (17,5 milioni su 25,5) utilizzi il metano, mentre i combustibili solidi (prevalentemente legname) sono impiegati in 3,6 milioni di abitazioni, il riscaldamento elettrico e il gasolio in 1,3 milioni, il GPL in 1,2 milioni di case.
I dati su fonti e consumi per il riscaldamento in Italia
Il principale vettore energetico impiegato per il riscaldamento residenziale in Italia è il gas naturale (50% dell’energia fornita). Seguono le biomasse solide (il 28% del totale), soprattutto legname e cippato, e i prodotti petroliferi (8%), come nel caso delle caldaie a gasolio, ancora presenti in alcune grandi città e nelle aree montane non metanizzate. La cogenerazione pesa sul totale per il 5%, mentre sono marginali le pompe di calore, il riscaldamento elettrico (boiler) e il solare termico (1% del totale).
Ridurre i consumi per il riscaldamento delle abitazioni è oggi possibile grazie all’efficienza energetica ed è fondamentale per limitare la spesa delle famiglie. Il riscaldamento domestico è infatti, di gran lunga, la voce più consistente nella lista dei consumi degli utenti residenziali: rappresenta il 67% del totale, pari a 893.196 TJ, mentre il restante 33% è destinato ad altri usi quali l’acqua calda sanitaria, il raffrescamento, l’illuminazione e le apparecchiature industriali.
I sussidi che fanno male all’ambiente
Il settore energetico beneficia al contempo di rilevanti sussidi ambientalmente dannosi. Tre, nello specifico, quelli che interessano il riscaldamento residenziale. In primis, l’ecobonus – recentemente potenziato con l’aliquota del 110% (superbonus) – che incentiva non solo tecnologie rinnovabili, ma anche soluzioni che utilizzano combustibili fossili come il gas naturale: è il caso delle caldaie a condensazione, per le quali è previsto il totale rimborso delle spese da parte dello Stato. C’è poi l’agevolazione volta a ridurre il prezzo per l’acquisto di gasolio e GPL nelle aree non metanizzate (zone montane, Sardegna e isole minori) dove viene così rallentata la diffusione delle rinnovabili termiche. E ancora, l’aliquota IVA agevolata (pari al 10%) destinata ai consumi ad uso civile per il riscaldamento degli edifici, applicata limitatamente ai primi 480 metri cubi di gas consumato nell’anno.
Analizzando, in particolare, i risultati ottenuti in questi anni grazie al meccanismo dell’Ecobonus con detrazione del 50-65% per lavori tesi al risparmio energetico, l’installazione di caldaie a condensazione rappresenta la categoria prevalente in termini di numero d’interventi effettuati (quasi 100 mila), seguita dalle pompe di calore (69 mila). L’installazione di pannelli solari termici resta invece marginale, con circa 5 mila interventi.
Sussidi e incentivi che dovrebbero spingere la transizione verso sistemi più efficienti e a emissioni zero, come purtroppo non avviene, e che si rivelano invece privi di senso in un Paese impegnato nella decarbonizzazione, rappresentando un danno per il clima e rallentando gli investimenti nelle tecnologie pulite.
Le proposte di Legambiente e Kyoto Club
Per favorire la diffusione di sistemi di riscaldamento a zero emissioni, Legambiente e Kyoto Club propongono delle modifiche sui sussidi alle fonti fossili: l’eliminazione, anzitutto, dell’accesso al superbonus per quegli impianti che le utilizzano, consentendo a queste tecnologie di beneficiare delle detrazioni al 50% per la sostituzione degli impianti fino al 2025. Poi l’eliminazione progressiva dell’esenzione IVA agevolata gas, che svantaggia soluzioni a minor impatto ambientale, e il ritorno all’aliquota ordinaria. Quindi un cambio di destinazione del sussidio che prevede uno sconto per l’acquisto di gasolio e GPL nelle aree montane, in favore piuttosto di pompe di calore, solare termico o sistemi ibridi.
Best practice per la decarbonizzazione
Tra i Paesi europei, l’Olanda ha annunciato l’uscita completa dal gas entro il 2050, introducendo già dalla metà del 2018 il divieto di allacciamento alla rete gas per gli edifici di nuova costruzione che saranno quindi riscaldati con sistemi elettrici e/o impianti a fonti rinnovabili. Nel Regno Unito, invece, l’installazione di sistemi di riscaldamento a gas nei nuovi edifici sarà vietata dal 2025, a favore di soluzioni tecnologiche a minore impatto ambientale. Negli Stati Uniti, San Francisco introdurrà da giugno 2021 l’obbligo di realizzare nuovi edifici residenziali e commerciali senza sistemi di riscaldamento basati sul gas naturale: un’ordinanza che arriva sulla scorta di misure simili adottate in altre città della California per abbandonare i combustibili fossili e favorire il riscaldamento elettrico.
Ma anche in Italia non mancano esempi virtuosi che vanno nella medesima direzione: la Giunta di Milano ha approvato un nuovo regolamento che prevede la messa al bando delle caldaie a gasolio da ottobre 2022: per favorirne la sostituzione, il Comune ha stanziato risorse a fondo perduto per l’acquisto d’impianti di nuova generazione, come pompe di calore e solare termico.
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