Criminalità nigeriana, trenta arresti e 100 capi d’imputazione

Prostituzione, droga, violenza efferata.
Sono il marchio di fabbrica di queste consorterie criminali attive in Italia fin dal 1987, anno in cui si è verificato il primo arresto di un narcos nigeriano nel nostro Paese.

I cults nigeriani

Oggi i cults sono diventati organizzazioni criminali transnazionali che, oltre a Canada, Regno Unito, Olanda, Germania, Malesia e Ghana, hanno messo le mani anche sul nostro Paese.
Ma c’è di più. Le confraternite sono state in grado, nel tempo, non solo di avviare importanti sinergie con le organizzazioni mafiose autoctone, ma di diventare esse stesse associazioni perseguibili per 416-bis. Il tutto, sommato a codici di comportamento tribali e a un uso della violenza talmente indiscriminato da impressionare gli stessi mafiosi italiani.

Hello bross

Questo è il quadro generale in cui si inserisce l’operazione di oggi, denominata Hello Bross, della Polizia di Stato de L’Aquila, coadiuvata dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, delle Squadre Mobili di Roma, Rieti, Bari, Caserta, Napoli, Reggio Emilia, Parma, Modena, Catania, Genova, Messina, Potenza e Terni. Sono  trenta misure le cautelari in carcere nei confronti di cittadini nigeriani.

Black Axe

Gli arrestati sono ritenuti membri dell’organizzazione mafiosa nigeriana denominata Black Axe, finalizzata al compimento di numerosi reati tra cui traffico di stupefacenti, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, truffe romantiche, truffe informatiche e riciclaggio anche attraverso la compravendita di bitcoin, per un totale di quasi 100 capi di imputazione.

Cyber crime e bitcoin

Le indagini hanno consentito di accertare l’operatività, in Italia, di una associazione a delinquere denominata Black Axe, che ha i suoi vertici in Nigeria. Gli investigatori hanno individuato l capo in Italia di questo gruppo criminale  in un nigeriano di 35 anni che dirigeva, dalla città di L’Aquila, tutte le attività illecite del gruppo.

Gli inquirenti, in particolare, hanno ricostruito l’intera struttura dell’organizzazione criminale, individuandone i vertici nazionali e i componenti delle articolazioni periferiche (Forum) presenti in diverse città italiane, tutti appartenenti ad una struttura associativa unitaria facente capo, in Italia, al predetto nigeriano stanziale a L’Aquila.

Gli indagati si sono resi autori di numerosi reati, in prevalenza rientranti nel cybercrime, realizzando così cospicui guadagni. Le evidenze investigative hanno delineato una struttura, operante anche a livello transnazionale, dedita alla commissione dei delitti con compiti svolti in modo modulare da ciascun appartenente.

Una particolare forma di truffa informatica consisteva nell’acquisto di bitcoin con i quali venivano poi reperiti, nel mercato del darknet, i numeri delle carte di credito clonate che venivano a loro volta utilizzate per comprare sui siti e-commerce numerosi beni e servizi, quali cellulari, televisori, computer, abbigliamento e scarpe di marca, biglietti aerei etc.

“Zonal Head Italia”

Il denaro provento dei vari delitti veniva reinvestito in un vero e proprio reticolo di transazioni finanziarie che rendevano più difficile la tracciabilità del denaro, nel tentativo di dissimulare l’origine illecita dei fondi.

Nonostante il tentativo di adottare un basso profilo da parte del capo del gruppo criminale “Zonal Head Italia”, le indagini hanno messo in luce la presenza di un’organizzazione gerarchica, caratterizzata da aggressività e violenza, dotata di rigide regole di condotta che ne disciplinano l’accesso e dalle quali discendono, per gli appartenenti, precisi obblighi la cui osservanza è finalizzata al rafforzamento della consorteria e del vincolo associativo.

Riti di affiliazione

Altre peculiarità emerse nel corso delle investigazioni sono l’utilizzo di determinate terminologie, simbologie e gestualità, riti di affiliazione, collegamenti con la casa madre nigeriana e con le altre ZONE, cioè delle macroaree corrispondente a una o più nazioni. Il gruppo criminale effettuava anche delle raccolte di denaro in favore dei sodali arrestati con la presenza di una cassa comune con la tenuta di un libro mastro.

Le Dichiarazioni del  Prefetto Francesco Messina

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