Fedez e il teatrino fumogeno sui diritti

Meno di tendenza è il tema dello sfruttamento del lavoro desindacalizzato come quello del delivery. Ma il Ddl Zan è diventato un brand

Ancora una volta il dibattito pubblico italiano ha dato il peggio di sé, perdendo una nuova occasione per mettere sul piatto qualcosa di vero, sensato e veramente interessante. E forse utile

Il discorsetto al “Concertone”

Tiene banco ancora in queste ore il discorsetto di Fedez, pronunciato dal palco del “Concertone” del Primo Maggio, in cui ha attaccato una presunta censura della Rai e poi la Lega di Matteo Salvini che di fatto sta intralciando il percorso parlamentare della legge Zan che punta a rafforzare la repressione dei reati basati sulla discriminazione sessuale o etnica. Coraggio, provocazione, il mondo dell’arte che fa un passo avanti rispetto alla politica, il carisma che manca alla “Sinistra”: queste le principali considerazioni arrivate e rimbalzate un po’ ovunque, insieme alle mani spellate di migliaia di pensatori e intellettuali.

Le cose non dette

Ma come spesso accade sono le cose non dette quelle più interessanti e significative. Che cosa ha fatto di veramente straordinario Fedez? Partiamo dal contesto: parlare di diritti è la cosa più ovvia per il palco del Primo Maggio, da sempre, sarebbe notizia il contrario, o sarebbe notizia se ne avesse parlato, che so, a Pontida. È come meravigliarsi che il pontefice parli di pace nel mondo durante l’Angelus, con tutte le proporzioni del caso. Prima di Fedez centinaia di artisti negli anni hanno portato avanti battaglie su tutti i fronti, anche più radicali, con il solo difetto di non essere influencer se non, ante litteram, per un mondo già armonico con determinati valori.
Il caso dell’attacco alla Rai per un ipotetico tentativo di censura si è già sgonfiato, essendo di fatto una raccomandazione detta al telefono da una zelante dirigente probabilmente finita tra l’incudine del personaggio che fa le bizze e il martello dell’azienda statale fortemente legata alla politica e agli equilibrismi politici. Che la Rai sia un carrozzone paludoso non è certo una novità, ma la censura è ben altro.

Campione dei diritti? Anche meno, diciamocelo

E poi la sfuriata per la legge Zan: coraggio? Campione dei diritti? Anche meno, diciamocelo. Se c’è un argomento alto nelle classifiche dei trend social è la lotta per le libertà sessuali: basta fare un giro su Instagram, Tik Tok, e tutti i vari social del momento, per vedere che l’argomento è ampiamente trasversale e di tendenza in quel mondo magmatico dei followers, quello che fornisce il grano vero a Fedez. E Fedez e la Ferragni hanno un’azienda che sta dietro alle tendenze social per cavalcarle in ogni momento, e massimizzare il profitto per ogni post.

Da Amazon alle grandi opere

Meno di tendenza è il tema dello sfruttamento del lavoro desindacalizzato come quello del delivery: ma l’e-commerce è di moda, fa parte del nostro nuovo mondo comodo e consumista, e attaccarlo è rischioso perché è un argomento difficile, complicato e che richiede una presa di posizione anche di rottura, scomoda soprattutto per un campione del settore come Fedez, che proprio con Amazon ha prodotto l’ultimo show televisivo “Lol”.  Sarebbe stato coraggioso anche lanciare un’offensiva contro le grandi opere che devasteranno ancora il nostro Paese, foraggiando l’industria dei soliti, in un mondo che va o dovrebbe andare in un’altra direzione. Ma vai a dirlo alla triade dei sindacati che organizza il “Concertone”, aggrappati da decenni con le unghie ad uno schema economico che non dovrebbe esistere più, condividendo le inaugurazioni di buchi nei monti a fianco di personaggi biechi e legati a quella zona grigia tra appalti miliardari e malavita organizzata. Insomma, il coraggio si misura con quanto si rischia in virtù delle proprie azioni, e possiamo ben dire che Fedez di rischi non ne ha corso nessuno.

Le tematiche brandizzate

Anzi. A dire il vero il rischio al contrario è che determinate tematiche vengano brandizzate e fagocitate dal mercato, mercato la cui frontiera, il cui core business, è oggi la gestione dei big data dei consumatori. E se su determinati argomenti c’è arrivato Fedez, beh, vuol dire che il mercato è già qui tra noi, anime belle. Esempio al contrario: ricordate l’entusiasmo mediatico e politico per i ragazzi di Fridays for Future? Quanto è durato? Una stagione, poi quando i ragazzi hanno iniziato a fare sul serio, a loro modo, proponendo studi, e scelte economico-industriali alternative (vedi la contrarietà alle leggi regionali sui parchi e alla bocciatura del Recovery Plan) sono scomparsi dall’agenda mainstream, pagandone anche il prezzo in termini di seguito. E dell’emergenza climatica è rimasto solo il greenwashing della “transizione ecologica”.

Fedez ha fatto bene a dire quello che ha detto, ma di fatto non ha cambiato nulla

Tutta questa pappardella per dire cosa? Per dire che Fedez ha fatto bene a dire quello che ha detto, ma di fatto non ha cambiato nulla, se non la scaletta dei giornali e dei tg per qualche giorno, alimentando ancora una volta la macchina macina soldi (almeno per lui) dei social. E rimandando ancora una volta i nodi al pettine.

Il ventennale del G8

Lascia infine perplessi lo spellamento di mani da parte di una certa dirigenza politica e di una serie di artisti e intellettuali dell’ampio e comatoso panorama della Sinistra, che in questo teatrino fumogeno ha intravisto un esempio da seguire e un segno che l’arte e la cultura sono avanguardie culturali. Sarebbe bello, ma ahinoi non è così.
A Genova durante il ventennale del G8 i convegni di Amnesty International non saranno ospitati da Palazzo Ducale, cuore e presidio culturale della città, per una chiara scelta politica dell’amministrazione civica, eppure dalla dirigenza della fondazione omonima ad oggi non è ancora arrivato un cenno o un gesto di coraggio. Eh sì, che prezzo avrebbe?

Errico Pimentel

Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta