La libertà è partecipazione

Tricapodanno

Conto alla rovescia come a Capodanno

Sommessamente, nonché nel mio piccolo, mi era capitato di lanciare persino un avvertimento nel mio ultimo articolo dedicato ai party e alle lucine per festeggiare da par nostro, anzi, da par loro, l’ingresso in Zona bianca e perfino l’uscita dall’oscurantismo dell’oscuramento alle 23. Quella sorta di festa per il “liberi tutti” collettivo che i Nostri, in tutta la loro eminenza, sacra o forse no, hanno deciso di far somigliare tanto ad un capodanno qualunque. Ricorrendo al fascino un po’ banale del countdown. Come se si trattasse di salutare un anno di tregenda e gettare un po’ di cose smesse e mobili vecchi dalla finestra. Inclusa, magari, quella mascherina che è diventata, volenti o nolenti, il logo predominante di questo periodo difficilissimo.
Proprio ieri mi ero permesso di scrivere: “Se il vaccino rende liberi l’ingresso della nostra regione in zona bianca val bene una festa con tanto di luci, ricchi premi e cotillon.
Non che dispiaccia, anche se è lecito domandarsi quanta gente assisterà all’aperto allo spettacolo di luci, con o senza mascherina, contravvenendo le regole anti-assembramento. Però il copione di GenovaMeravigliosa, probabilmente vuole così… girandoline, ombrellini e qualche spettacolo di luci come ringraziamento per essere usciti, forse definitivamente da una fase critica. Tra divieti e chiusure, polemiche sui tamponi e sulle vaccinazioni, sui numeri dei malati e quelli dei decessi”.

restart Liguria

“Abbiamo lottato per la libertà come i nostri nonni”

E ciò che avevo predetto come una Cassandra qualunque, in vena di presagire una qualsivoglia catastrofe, in conclusione ha finito per verificarsi. Puntualmente.
E comunque non occorreva nemmeno molta immaginazione per ipotizzare quello che poi ieri sera, dopo le 21 e poi ancora, dalle 23 in avanti è capitato.
“Il Secolo XIX”, per esempio, titola così: “Liguria, festa per lo stop al coprifuoco. I giovani in piazza: <<Abbiamo lottato per la libertà come i nostri nonni>>”. Con tanto di foto esplicativa del momento. Sullo sfondo il palazzo della Regione Liguria di piazza De Ferrari debitamente illuminato con la scritta RE START LIGURIA  è appena un po’ più in là, però in ombra il lenzuolone (almeno cinque metri per otto) che ha contraddistinto questa ultima galoppata finita con le vaccinazioni over e non più under. “+ Vaccinati, + Liberi” come se fosse solo il vaccino a rendere liberi. Né più né meno de “Il Lavoro” come stava scritto all’ingresso dei campi di concentramento. Con quella libertà che, purtroppo per molti, è passata ad essere contrabbandata non tanto per partecipazione ma per comunicazione.

 “Abbiamo toccato  il fondo e non ce ne siamo accorti”

Walter Massa, presidente regionale di ARCI Liguria sulla festa e sulle luminarie annota di prima mattina in un suo post: “Ci sono molte cose per cui vale la pena disquisire. Moltissime su cui argomentare e far emergere le proprie opinioni. Altrettante dove è bene scontrarsi anche ferocemente.
Poi arriva la festa in piazza De Ferrari per la fine del coprifuoco, il countdown sulla facciata della Regione come un capodanno qualunque, e allora mi domando se la tristezza profonda, inspiegabile che ho provato vedendo quelle immagini con tanto di diretta tv e dirette social non sia anche colpa mia.
Abbiamo toccato il fondo e non ce ne rendiamo neppure conto.
Buona giornata”.
E Alberto Pera aggiunge in un suo post: “Vi prego, qualcuno mi dica che viviamo in una specie di distonia in salsa di noci….”.
Poi c’è Marco Preve, collega de “La Repubblica”, candidato con Ferruccio Sansa alle ultime regionali che prova a vedere il bicchiere mezzo pieno. E posta- dopo aver sottolineato a pennarello rosso, come un maestrino qualunque “I giovani: “ Abbiamo lottato per la libertà come i nostri nonni” – a commento del titolo de “Il Secolo XIX”, che nel frattempo dopo aver ricevuto un’ondata di commenti negativi ha provveduto a cambiare titolo: “Ve lo giuro, i giovani non sono tutti così coglioni da dire frasi del genere”. Tanto che l’altro mio collega Diego Curcio precisa in un commento: “Ps. Comunque, a naso, i loro nonni sono nati dopo la guerra e quindi sono dei boomer. Forse hanno combattuto la forfora”.
E comunque, boomer o no, forfora o magari Sessantotto la frittata è fatta.

I politici e le dimenticanze sospette

Colpa dei giovani, colpa dei boomer, magari sessantottini, colpa del Covid, magari dei loro genitori? Francamente non saprei dire con intollerabile sicurezza.
Però mi sento di accusare nonostante tutto l’attuale politica e i nostri politici che ormai ci hanno abituato a espletare il loro mandato a colpi di spottoni elettorali, dai lenzuoli con slogan, alle lucine. Dalle girandoline agli ombrellini di una GenovaMeravigliosa che meravigliosa non è. Perché poi, e forse anche già prima, passata la mezzanotte, che è l’ora delle streghe, i vecchi fantasmi tornano a palesarsi. Ovviamente nei vicoli. Dove impazza la movida. Solo che nessuno, nessuno dei nostri politici, ha pensato che nell’occasione e al fine di evitare il risorgere di vecchie polemiche, sarebbe stato opportuno rimettere in vigore le vecchie regole. Quelle dei varchi presidiati, dello stop alla vendita di superalcolici, dei siringhito improvvisati dal popolo della notte per spacciare alcool e quant’altro. Forse sarebbe bastato informare il Prefetto che ci sarebbe stata la possibilità di assembramenti e non soltanto. Ma probabilmente nell’euforia della notte bianca e nella fretta di comunicare il “liberi tutti” nel miglior modo possibile, qualcuno se ne è colpevolmente dimenticato. E dire che c’erano tre settimane per prepararsi a dovere. Anche se la politica, come dicono ormai i social media manager, viaggia veloce. Ma probabilmente è la testa dei nostri uomini di riferimento ad essere sempre un po’ più in ritardo di quanto dovrebbero e vorrebbero dimostrare.

Passata la festa si scatenano le polemiche

Fatto è che di fronte ai rimbrotti e alle polemiche poi è il solito pifferaio di hamelin che raduna i topi che disperatamente cercano riparo.
“Il Secolo XIX” cambia titolo e strategia perché la Resistenza è sacra e il più delle volte alcuni giovani, ma pure qualche giornalista non sa di che cosa parla e magari banalizza la cattività del Covid-19 paragonandola alla mancanza di libertà del fascismo e del nazismo. Che francamente mi sembra tutta altra cosa.
I portavoce imbastiscono telefonate cercando di redarguire quei giornalisti che, anche in questo difficile momento pre elettorale, non fanno solo comunicazione ma pretendono di fare informazione, provando persino ad addossare qualche responsabilità. Qualche pesante responsabilita ai soloni di turno che per mestiere avrebbero dovuto prevedere e programmare. E non l’hanno fatto. Con colpe, o presunte tali, che rimbalzano da una parte all’altra, da piazza De Ferrari a palazzo Tursi. “È colpa di Toti che ci ha messo il carico delle lucine, dei ricchi premi e cotillon”…. oppure “Sarebbe stata responsabilità di palazzo Tursi richiedere per tempo, nell’imminenza della cancellazione del coprifuoco, che tornassero in vigore le misure sulla movida”. Qualcuno, il solito cerchiobottista anche…. “Tutta colpa del Prefetto, o del Questore”. In un inspiegabile cortocircuito comunicativo che almeno un po’ insospettisce. Anche alla luce di questa sorta di scaricabarile che francamente non può fare altro che creare indignazione. E allora che la colpa vada addossata interamente a quella banda di giovinastri, irrispettosa delle regole e a chi vive nell’ombra delle loro debolezze.

Libertà non è uno spazio libero….

Che poi, nonni o no, ascoltando la parola libertà mi viene in mente solo Giorgio Gaber, cantore della ragione civile, che raccontava in note, appunto sulla libertà: “La libertà non è star sopra un albero/ Non è neanche il volo di un moscone/ La libertà non è uno spazio libero/ Libertà è partecipazione. Vorrei essere libero come un uomo/ Come un uomo che ha bisogno di spaziare con la propria fantasia/ E che trova questo spazio/ Solamente nella sua democrazia/ Che ha il diritto di votare/ E che passa la sua vita a delegare/ E nel farsi comandare/ Ha trovato la sua nuova libertà.
La libertà non è star sopra un albero/ Non è neanche avere un’opinione/ La libertà non è uno spazio libero/ Libertà è partecipazione.
E forse proprio sulla partecipazione occorrerebbe impiegare qualche minuto a riflettere. Con buona pace dei nostri esimi politici.

Paolo De Totero 

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.