Delusione per una sentenza definita “troppo blanda”, la procura e i legali di Floyd avevano chiesto 30 anni
Minneapolis – Ventidue anni e mezzo di carcere. È questa la sentenza del Tribunale di Minneapolis che ieri ha condannato Derek Chauvin, l’agente che ha ucciso George Floyd durante un fermo di polizia a maggio dello scorso anno.
Un verdetto che lascia molti americani delusi e amareggiati perché lo ritengono troppo debole. La procura e i legali di Floyd avevano chiesto la massima pena, ovvero 30 anni di carcere. Chauvin aveva a carico diverse presunte violazioni, in particolare era coinvolto in tre sparatorie di cui una mortale.
Prima della pronuncia, il giudice Peter Cahill ha chiarito di aver deciso “non sulla scia delle emozioni e della simpatia ma sui fatti” e ha concluso sottolineando che “la mia decisione è accompagnata a un memorandum di 22 pagine che la spiega e non vuole essere un messaggio a nessuno”.
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.