Le presunte violenze sarebbero avvenute in pieno lockdown, dopo la rivolta del 6 aprile 2020. Coinvolto anche il provveditore delle carceri della Campania, Antonio Fullone
Caserta – I carabinieri di Caserta stanno eseguendo 52 misure cautelari emesse dal Gip su richiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) nei confronti di altrettanti poliziotti della penitenziaria coinvolti negli scontri con i detenuti che avvennero il 6 aprile 2020, in pieno lockdown, nel carcere di Santa Maria Capua Vetere “Francesco Uccella”.
Una protesta innescata da centinaia di carcerati dopo la notizia di un caso di positività al Covid-19 tra le mura dell’istituto casertano, dove arrivarono da Napoli i contingenti dei reparti speciali della Penitenziaria. Otto gli agenti finiti in carcere, 18 ai domiciliari, tre obblighi di dimora e 23 interdizioni dall’esercizio del pubblico ufficio.
Tra i reati contestati dal Gip c’è anche la tortura pluriaggravata
I reati contestati, a vario titolo, sono concorso in torture pluriaggravate ai danni di numerosi detenuti (per 41 agenti), maltrattamenti pluriaggravati, lesioni personali pluriaggravate, falso in atto pubblico (anche per induzione) aggravato, calunnia, favoreggiamento personale, frode processuale e depistaggio. Le perquisizioni riguardarono 292 detenuti nel Reparto Nilo dell’istituto penitenziario casertano.
“Domate il bestiame” e “Non si è salvato nessuno”. Le frasi nelle chat di alcuni agenti
“Li abbattiamo come vitelli” e “domate il bestiame” le frasi scritte prima dell’inizio della perquisizione e dopo, quando la perquisizione era stata completata si legge: “Quattro ore di inferno per loro”, “Non si è salvato nessuno”, “Il sistema Poggioreale”, forse in riferimento a una metodologia di contenimento. È quanto hanno letto gli inquirenti della Procura di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) e i carabinieri nelle chat presenti sui cellulari degli agenti della Polizia Penitenziaria coinvolti nell’indagine sulle presunte violenze che sarebbero avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), il 6 aprile 2020.
Denudati, fatti inginocchiare e costretti a passare tra due ali di agenti che li picchiavano con i manganelli
Detenuti costretti a passare in un corridoio di agenti, con caschi e manganelli, fatti inginocchiare e colpiti di spalle per tutelare l’anonimato dei picchiatori: è quanto emerge dall’indagine della Procura di Santa Maria Capua Vetere. Nell’ordinanza il Gip definisce l’episodio una “orribile mattanza” ai danni dei carcerati. Alcuni sono stati denudati mentre in 15 sono finiti in isolamento con modalità de tutto irregolari e senza alcuna legittimazione. Tra i detenuti in isolamento, uno perse la vita il 4 maggio, quasi un mese dopo la perquisizione, per l’assunzione di un mix di oppiacei. In relazione a questa morte, è stato spiegato in una conferenza stampa, ritenendo quel gesto conseguenza delle torture, la Procura ha contestato il reato di morte come conseguenza di un altro reato (la tortura, appunto).
Un’impostazione non condivisa dal gip che invece ha ritenuto di classificare l’evento come suicidio.
Chieste misure cautelati per 99 indagati
L’ufficio inquirente guidato da Maria Antonietta Troncone – le indagini dei carabinieri di Caserta sono state coordinate del procuratore aggiunto Alessandro Milita e dai sostituti procuratori Daniela Pannone e Alessandra Pinto -, aveva chiesto misure cautelari per 99 indagati ma il Giudice, malgrado abbia riconosciuto la gravità indiziaria per 62 soggetti, ha emesso soltanto 52 misure cautelari sulla base della sussistenza della pericolo di reiterazione del reato, e in effetti sono quasi tutti poliziotti in servizio. Complessivamente sono oltre 110 gli indagati in questa inchiesta. Gli arresti riguardano quasi esclusivamente agenti del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Quella sera intervennero ben 283 poliziotti, un centinaio provenienti da Napoli Secondigliano, altri da un carcere dell’Avellinese, ma tra quelli provenienti da istituti diversi, i detenuti ne hanno riconosciuti solo due e sono di Secondigliano.
Coinvolto anche il provveditore delle carceri della Campania, Antonio Fullone
Una delle misure interdittive emesse stamattina ha colpito anche il provveditore delle carceri della Campania, Antonio Fullone. . La notifica degli avvisi di garanzia agli agenti della Polizia Penitenziaria indagati, avvenuta l’11 giugno 2020, da parte dei carabinieri, provocò vibranti polemiche per la modalità d’esecuzione: alcuni poliziotti infatti salirono sui tetti dell’istituto penitenziario per protestare.
La reazione del Ministero
Il Ministero della Giustizia segue con “preoccupazione” gli sviluppi dell’inchiesta. “La Ministra Marta Cartabia, e i vertici del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – sottolinea una nota di via Arenula – rinnovano la fiducia nel corpo della Polizia Penitenziaria, restando in attesa di un pronto accertamento dei gravi fatti contestati”.
Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta