“Non potevamo restare per sempre”. I talebani si riprendono l’Afghanistan e Biden deve difendere la decisione del ritiro delle truppe USA
Nella convulsa giornata del 16 agosto, a Washington, Joe Biden è stato accusato di aver provocato “un disastro di proporzioni epocali” ritirando le truppe dall’Afghanistan, come si legge sul Washington Post. Mail Presidente si difende sostenendo che “l’unica alternativa possibile era mandare migliaia di altri soldati a combattere una guerra che molti afghani sembrano non aver voluto combattere”.
“Eravamo in Afghanistan per combattere il terrorismo”
E Biden ha anche voluto ricordare perché le forze internazionali, nello specifico gli Stati Uniti, sono andati in Afghanistan. “Siamo andati in Afghanistan quasi 20 anni fa con obiettivi chiari: prendere coloro che ci hanno attaccato l’11 settembre 2001 e assicurarci che al Qaeda non potesse usare ilPaese come base da cui attaccarci di nuovo. L’abbiamo fatto. Abbiamo gravemente indebolito al Qaeda in Afghanistan. Non abbiamo mai rinunciato alla caccia a Osama Bin Laden, e lo abbiamo preso. Questo è stato un decennio fa”.
“Non dovevamo ricostruire il paese”
“La nostra missione in Afghanistan non doveva essere la costruzione di una nazione. Non dovevamo creare una democrazia unificata e centralizzata. Il nostro unico interesse nazionale in Afghanistan rimane oggi quello che è sempre stato: prevenire un attacco terroristico alla patria americana. Ho sostenuto per molti anni che la nostra missione dovrebbe essere strettamente focalizzata sull’antiterrorismo, non sulla controinsurrezione o sulla costruzione della nazione. Ecco perché da Vicepresidente mi sono opposto all’aumento dell’invio di truppe quando è stato proposto nel 2009”.
Certo è, che per vent’anni sono state investite risorse per addestrare un esercito afghano che di fronte alle milizie talebane si è dissolto come neve al sole, dimostrando una debolezza inattesa ma prevedibile. E questo è l’unico errore che Biden si accolla.
Passata l’empatia rimarranno i profughi
Ora la partita si giocherà ai confini con l’Europa, con i flussi migratori dei profughi afghani che si fondono con quelli siriani. Passata l’onda emotiva del “salviamoli tutti dalla malvagità dei talebani” si arriverà presto all’aiutiamoli a casa loro esportando di nuovo la nostra democrazia. A meno che non si voglia, ipocritamente, suddividere le varie disperazioni in buone e cattive. Perché l’impeto di giusta solidarietà con il popolo afghano stride con le dichiarazioni fatte fino ad oggi nei confronti di chi vuole attraversare il Mediterraneo in cerca di speranza.
Intanto la Cina…
Oggi circola, ammantata dalla solita mielosa retorica, l’immagine eroica di “Capitan America” che riempie il suo aereo di profughi. Dopo avergli sparato per vent’anni, mettiamo un suggello umano a un’occupazione democratica che da subito è risultata fallimentare e che in 40 anni, come scrive Emergency “ha causato un milione e mezzo di morti, centinaia di migliaia di feriti e mutilati, oltre quattro milioni di profughi. La guerra iniziata nell’ottobre 2001 continua a ferire, uccidere e distruggere. E sul terreno c’è ancora l’eredità delle guerre precedenti: mine antiuomo e ordigni inesplosi continuano a mutilare bambini e adulti, soprattutto civili”.
Intanto la Cina ha in mano il 95% delle concessioni estrattive del Paese, per un valore di 3 trilioni di dollari, e con i talebani ha già in corso da tempo trattative politiche ed economiche che le assicureranno l’egemonia in Afghanistan. E senza sparare un colpo.
fp
Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.