Un percorso obbligato per le aziende che decidono di chiudere il sito: 6 mesi di preavviso e un piano di mitigazione per la salvaguardia dei livelli occupazionali
Un nuovo percorso obbligato per le imprese che decidono di chiudere o delocalizzare e – in caso di mancato rispetto – multe (2% del fatturato dell’ultimo esercizio) e inserimento in una black list che vieta per 3 anni l’accesso a finanziamenti o incentivi pubblici.
Lo prevede lo schema di decreto cui stanno mettendo mano il ministro del lavoro Andrea Orlando e la viceministra dello sviluppo economico Alessandra Todde.
La bozza, composta di 5 articoli, stabilisce obblighi di informazione preventiva e impegna l’impresa a presentare un piano di mitigazione delle ricadute occupazionali ed economiche connesse alla chiusura.
Diritto di allerta
Per garantire il diritto dei lavoratori a conoscere per tempo le decisioni di chiusura aziendale, la bozza prevede che l’azienda comunichi la decisione di chiudere il sito produttivo con almeno 6 mesi di anticipo e prima di un eventuale avvio della procedura di licenziamento collettivo. Dovrà essere nominato anche un advisor che farà da ‘interfaccia con gli interlocutori istituzionali.
Entro 3 mesi dalla comunicazione formale di chiusura volontaria, poi, l’advisor procederà alla stesura del Piano per mitigare le ricadute occupazionali ed economiche.
Le sanzioni previste
Per “scoraggiare comportamenti speculativi da parte di imprenditori che creano insediamenti produttivi in Italia per usufruire di agevolazioni e contributi pubblici e terminati questi, anche se non sono in crisi economica, delocalizzano spostandosi in altri territori, licenziando e danneggiando l’indotto”, si prevedono multe e sanzioni.
In particolare, per chi ha ricevuto contributi pubblici nazionali nei 3/5 anni precedenti, nel caso in cui intenda procedere alla chiusura volontaria violando il diritto di allerta verso i propri addetti e/o i termini e le modalità previsti dalla procedura di reindustrializzazione, arriverà una sanzione pari al 2% del fatturato dell’ultimo esercizio. Importo che andrà ad un Fondo dedicato alla reindustrializzazione, per supportare iniziative trasformazionali del business e politiche di sviluppo e formazione per la ricollocazione del personale.
L’azienda che chiude in assenza delle condizioni previste dal decreto, poi, viene inserita in una black list e per tre anni non potrà accedere a finanziamenti o strumenti di incentivi pubblici nazionali o attingere agli ammortizzatori sociali.
“Il nostro obiettivo non è colpire le ristrutturazioni tout court. Non vogliamo colpevolizzare chi fa turnaround perché deve passare a modelli produttivi diversi, non abbiamo di certo in testa imprese che vivano di sussidi. La competitività è l’obiettivo, ma atteggiamenti puramente speculativi non sono più accettabili. Chi non è in crisi e vuole tagliare, può farlo. Ma dovrà seguire un percorso ordinato, che coinvolga le parti sociali e favorisca l’arrivo di nuovi imprenditori”, ha spiegato la viceministra Todde.
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