Emergenza profughi in Afghanistan, e il terrorismo comincia a mietere vittime

Due attentati oggi nei pressi dell’aeroporto di Kabul. Nel primo le vittime accertate sono 13, ma il bilancio è provvisorio. Il secondo pochi minuti fa, e non se ne conosce l’esito

Ci è voluto poco più di un mese per riportare indietro le lancette dell’orologio di vent’anni. Il collasso dell’esercito e della polizia afghana ha permesso la riconquista dell’Afghanistan da parte dei talebani in pochi giorni, quasi due decenni dopo essere stati cacciati da una coalizione guidata dagli Stati Uniti.

E sono migliaia le persone che cercano una via di fuga per sottrarsi al futuro governo talebano che farà della Sharia, la Legge sacra dell’Islam, un sistema di regole “severo” come lo ha definito Giuseppe Conte, il rigido sistema di vita per gli afghani. Soprattutto per le donne.

La retorica e l’emergenza

Ma al di là dei fatti, delle immagini, della retorica, dell’empatia e della vicinanza, ci sono i numeri. Alle persone che cercano di andarsene si aggiungono i quasi due milioni e mezzo di rifugiati afghani già presenti nei paesi confinanti, e altre tre milioni e mezzo di persone costrette a fuggire dalle proprie case all’interno dei confini dell’Afghanistan. Secondo i dati UNHCR del 2020, il Pakistan ha accolto un milione e mezzo di afghani e l’Iran 780 mila.

Ad oggi, i conti esatti non sono chiari ma abbiamo alcuni dettagli su quante persone sono riuscite a uscire dal Paese. Da quando i Talebani hanno riconquistato Kabul lo scorso 15 agosto, gli Stati Uniti hanno evacuato più di 80.000 persone, di cui 12.000 solo il 17 agosto, dando la priorità ai cittadini americani e a quelli dei paesi alleati. Il Ministero della Difesa del Regno Unito afferma di aver fatto evacuare oltre 10.000 persone di cui 6.000 cittadini afghani.

Il governo tedesco dice che 4.500 persone hanno lasciato il Paese sui suoi voli da Kabul. Circa 3.700 di loro erano afghani, compresi giornalisti locali e attivisti per i diritti umani, e circa la metà di questi donne e ragazze.

L’Europa delle incertezze

Nonostante l’impegno dei principali paesi europei nel voler accogliere i profughi non è dato sapere neanche con approssimazione quante persone potranno raggiungere l’Europa. Un’altra grande incertezza è se l’Unione Europea sarà in grado di organizzare un piano d’accoglienza condiviso per i rifugiati. Lo stesso vale per gli eventuali corridoi umanitari attraverso i quali sarebbe possibile mettere in salvo donne e bambini che nell’Afghanistan ormai sotto il controllo dei Talebani temono di subire abusi e violazioni dei diritti umani.
Perché al netto dell’impeto solidale, non tutti i paesi europei sono d’accordo.

I timori di Angela Merkel

In soldoni, la speranza dei leader UE è che gli afghani se ne rimangano a casa loro per evitare massicci flussi migratori e relative emergenze umanitarie a gravare sull’Europa. Perché siamo sì empatici ma fino a un certo punto. E Angela Merkel su questo punto ha le idee chiare: “Non bisogna ripetere l’errore del 2015. Dobbiamo essere più veloci questa volta e offrire aiuto più rapidamente agli stati confinanti”. Il riferimento  della Merkel riguarda  il taglio degli aiuti all’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati e al Programma alimentare mondiale che ridusse le razioni alimentari nei campi profughi provocando la fuga milioni di siriani verso l’Europa attraverso la “rotta balcanica”.

Aiutare gli afghani è “un dovere morale” dell’Unione Europea

Così la Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen ha definito sabato 21 agosto l’impegno di cui i paesi membri dell’UE devono farsi carico per aiutare i profughi afghani. E ha aggiunto che la Commissione è pronta a elargire fondi a chi agevolerà il reinserimento dei profughi. Allo stesso modo la Commissione è preparata a fornire aiuti all’Afghanistan qualora il nuovo governo talebano decidesse di rispettare i diritti umani, specialmente quelli delle donne.

Ma non tutti i paesi hanno ben accolto queste istanze e i malumori si sono rivelati subito. Le dichiarazioni del Primo Ministro sloveno Janez Janša non lasciano dubbi: “Non è un dovere dell’UE e della Slovenia aiutare e pagare ogni persona del pianeta che scappa quando potrebbe combattere per la propria patria”.

Macron e le elezioni

La Slovenia di Janša, leader di estrema destra e attualmente Presidente di turno del Consiglio Ue, potrebbe rappresentare, insieme a Polonia e Ungheria, uno dei principali ostacoli alla creazione di corridoi umanitari per il transito degli afghani. Posizione che è parzialmente condivisa anche da Macron che teme il ripetersi dei fatti avvenuti nel 2015 con i siriani e che paventa un’ulteriore affermazione dei partiti anti-immigrazione. Soprattutto in vista delle elezioni in Germania e Francia.

E così, mentre si cerca una soluzione umanitaria per lasciare gli afghani dove stanno, aiutandoli a casa loro, in questi giorni è tornato attuale un problema mai risolto. In Europa ci sono più di 200 mila afghani senza protezione internazionale, perché rifiutati dai sistemi di accoglienza e asilo, ma mai rimpatriati. Se l’Europa riconosce l’inaffidabilità dei talebani e quindi l’impossibilità di rimpatrio, sarebbe sensato regolarizzarli. Ma questo potrebbe far venire voglia d’Europa a molti altri profughi che si accalcherebbero centinaia di migliaia sul confine turco.

E il terrorismo è rimerso, prima del previsto.  Solo oggi due attentati, il secondo pochi minuti fa, e si cominciano a contare le vittime.

fp

Fabio Palli

Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.