2001-2021: nascita e declino dell’interventismo militare USA

Esportare democrazia con l’esercito non ha funzionato

L’11 settembre ha avuto un impatto decisivo sull’Occidente e ha cambiato in modo radicale il ruolo degli interventi militari. L’insuccesso delle campagne in Afghanistan e Iraq ha dimostrato che l’opzione militare non è in grado di mantenere la stabilità sul lungo periodo. E il risultato di questo interventismo, allo scadere dei vent’anni dall’attentato alle Torri Gemelle, è stato quello di delegittimare il ruolo globale degli USA.

Afghanistan, un bilancio drammatico

La guerra in Afghanistan, da sola, è durata più delle due guerre mondiali e delle operazioni in Vietnam e ha ucciso 2.500 soldati USA, circa 50mila civili e 67mila soldati afghani. Le guerre post 11 settembre hanno falcidiato 900mila persone, di cui 340mila civili, con un costo complessivo per gli Stati Uniti di 8 trilioni di dollari.

20 anni dopo l’11 settembre, la strategia dell’esportazione della democrazia con l’intervento militare si è rivelata un insuccesso. Perché la costruzione di governi fragili e corrotti, delegittimati e non in grado di garantire condizioni minime di sicurezza, è stato il primo passo del fallimento delle operazioni in Afghanistan e Iraq.

L’ordine mondiale USA

E in questi anni l’ordine mondiale di Washington è stato messo in discussione non solo dai movimenti sociali per i diritti dell’uomo, ma anche dalle iniziative economiche come la Belt and Road Initiative, cioè la nuova via della seta, il programma del governo cinese che vuole finanziare con oltre 1.000 miliardi di dollari una serie di investimenti infrastrutturali come strade, porti, ponti, ferrovie, aeroporti e impianti per la produzione e la distribuzione di energia e per sistemi di comunicazione, sparsi tra Africa, Europa, India, Russia, Indonesia.

Il tramonto dell’American dream

In questi vent’anni Pechino si è anche progressivamente affermata come partner commerciale di riferimento a livello globale. E gli States di conseguenza,  hanno perso la leadership solitaria dell’economia mondiale. Infatti nel 2000, erano 163 i Paesi che avevano una partnership privilegiata con gli USA 20 anni dopo sono solo 52. Ma a cambiare profondamente è stato anche “l’american dream”: oggi un migrante ha il doppio della possibilità di essere espulso rispetto al 2001, sintomo di debolezza economica dell’americano medio.

Medio Oriente, Occidente e Islam

La regione MENA (Middle East and North Africa) è stata coinvolta nella reazione  americana a seguito dell’attentato alle Torri Gemelle.
Fra “stati canaglia” e storici alleati, il mondo arabo si è dovuto adattare alla guerra contro il terrorrismo, e in un certo senso ha dovuto dichiarare o il suo appoggio all’occidente o la sua ostilità, perché non bisogna scordare che da molte basi aeree nel Golfo sono partiti i raid contro Saddam Hussein. “Adesso che la regione si trova di fronte al disimpegno militare americano, “incombono nuove sfide e scenari inediti che possono avere implicazioni dirette anche per l’Italia e l’Europa poiché il vuoto americano è pronto a essere riempito da altri attori sempre più assertivi, a partire da Turchia, Russia e Cina”, come si legge in un esaustivo articolo di Aldo Liga dell’Osservatorio MENA.

La leadership cinese

Con la caduta del muro di Berlino nel 1989, il confronto fra Pechino e Washington è rimasto in agenda come argomento di confronto strategico, soprattutto economico. Se le amministrazioni americane che si sono succeduto hanno messo il tema del confronto con la Cina in secondo piano, a causa di altre priorità, per Bush il terrorismo, per Obama la crisi economica e finziaria, rimane il fatto che nel dicembre del 2001 la Cina ha fatto il suo infìgresso nell’Organizzazione mondiale del commercio.
Ingresso favorito dagli Stati Uniti che pensavano di poter avvolgere Pechino nell’ordine mondiale di cui erano i creatori.

L’America Invecchia

In questi 20 anni la crescita della popolazione americana è crollata. Una delle cause è stata la Grande Recessione, tra il 2007 e il 2013,  ma un grande contributo lo hanno dato le restrizioni all’immigrazione. Da fonti US Census, si legge che nel 2020 si è registrato un aumento della popolazione del +0,35%, il più basso tasso di crescita annuale dal 1900, e metà di quello del 2000. Il decennio 2010-2020 è poi l’unico dal primo censimento del 1790 in cui la popolazione bianca è anzi crollata, passando dal 69,1% del 2000 al 57,8% del 2020).

Al contrario, la quota di popolazione nera è rimasta pressoché invariata (attorno al 12%), mentre quella ispanica è esplosa (dal 12,6% al 18,7%) e quella asiatica è cresciuta (dal 3,6% al 5,9%). La conseguenzaè una maggior diversificazione razziale, in particolare tra le generazioni nate dagli anni Ottanta in avanti, creando un “gap generazionale culturale” che è apparso evidente nelle manifestazioni relative al #blacklivesmatter

Ieri

Per la prima volta dopo sette mesi Joe Biden si è confrontato con il suo omologo cinese Xi Jinping in un colloquio telefonico, affinche la “competizione non si trasformi in conflitto”.
È arrivato il momento di scendere a patti, e diciamolo, anche dal piedistallo. I due Presidenti hanno avuto “una discussione ampia e strategica” sulle regole di ingaggio economico.

Perché sono passati vent’anni e gli USA non sono più la prima potenza economica e militare del mondo.

fp

Fabio Palli

Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.