Il contesto

Leonardo Sciascia

Una parodia

È vero: il titolo di per sé è ostico. Particolarmente ostico. E spesso – troppo spesso – è il mio stesso editore a farmelo notare e a rimproverarmi. Perciò vogliate perdonare questa sorta di mia ricercata affettazione manieristica che di sovente mi porta – ahimè – ad ignorare le cinque regole fondamentali del giornalismo che fu – quello anglosassone – alle quali, non casualmente, si ispira la nostra testata: “Fivedabliu”. In inglese le cinque W: What – Che cosa, Who – Chi, Where – Dove, When – Quando, Why – Perché.

Epperò- perdonatemi pure per questo – la mia vuole essere anche una specie di firma d’autore. E poi a me piace argomentare in un modo tanto distante dalla stringatezza dei messaggi succinti ed autocompiaciuti di politici, collaboratori e comunicatori sui social e in rete. Girovagando per arrivare all’acme del problema, come se l’attesa del piacere non dovesse finire per essere proprio l’essenza del piacere stesso. Con l’assioma dell’assenza da una parte e quella della troppa presenza dall’altra. Come dire che potrebbe anche essere che gli assenti finiranno per manifestarsi e magari… i troppo presenti per assentarsi. Anvedi mai?

Non a caso

E comunque, e non a caso, “il contesto”, termine per il quale un dizionario dei sinonimi di valore, quello de “Il Corriere”, mi offre una nutrita chiave di lettura: da condizione, circostanza, occasione, situazione; ambito, ottica, quadro, fino e perfino ad ambiente.

E nemmeno attribuibile al caso è il fatto che il titolo faccia riferimento a un romanzo di un famoso giornalista e scrittore come Leonardo Sciascia: “Il contesto. Una parodia”. Lavoro lasciato dall’autore per due anni in un cassetto, ed edito giusto cinquant’anni fa, al quale nel 1976 il regista Francesco Rosi si ispirò per il film “Cadaveri eccellenti”.

Comunque tranquillizzatevi perché, nonostante lo spunto, nel mio articolo non ci saranno cadaveri. E tantomeno eccellenti. Del resto lo stesso autore, Leonardo Sciascia, raccontava che “Il contesto” ha la forma della parodia non essendo un giallo classico nella accezione del termine. Tanto che lo stesso giornalista/scrittore spiega nelle note che il tutto era nato appunto come una parodia ed all’inizio si divertiva a scriverla ma con il proseguire del romanzo il divertimento cessò e, alla fine rimase per oltre due anni chiuso in un cassetto.

Giudice Pietro Scaglione

Un cadavere eccellente

A chi lo accusava di aver preso spunto dall’omicidio del giudice Pietro Scaglione, avvenuto proprio a maggio 1971, rispondeva che il suo romanzo era stato scritto molto prima.

Il contesto ha la forma della parodia poiché essa è una “degradazione dei generi letterari, come il mondo raffigurato nella narrazione che è degradazione del mondo come dovrebbe essere”. La fondatezza di questa intuizione è confermata sempre nella nota finale del libro: durante la stesura, dice Sciascia: “ad un certo punto la storia cominciò a muoversi in un paese del tutto immaginario; un paese dove non avevano più corso le idee, dove i princìpi – ancora proclamati e conclamati – venivano quotidianamente irrisi, dove le ideologie si riducevano in politica a pure denominazioni nel giuoco delle parti che il potere si assegnava, dove solo il potere per il potere contava. E si può anche pensare all’Italia, si può anche pensare alla Sicilia; ma nel senso del mio amico Guttuso quando dice: ‘anche se dipingo una mela, c’è la Sicilia’”.

Dopo l’omicidio di un giudice, la polizia si mobilita ed invia sul posto uno dei suoi uomini migliori, l’ispettore Rogas, dotato di cultura ed ironia, seguirà una propria pista anche se gli alti vertici e i politici lo costringono a seguire la pista dei gruppi eversivi. Comincia così un percorso intrecciato di sospetti e di ulteriori omicidi di giudici che coinvolgono ministri, servizi segreti e pedinamenti. Rogas allora decide di raccontare tutto a un amico scrittore e al segretario del partito di opposizione, ma i corpi di quest’ultimo e del poliziotto vengono trovati in un museo. La versione ufficiale è che li abbia uccisi un terrorista, ma per il lettore la verità rimane ambigua.

Quanto al romanzo, parodia, a ben vedere, più che un romanzo giallo è una critica al “sistema” politico e clientelare il quale bada più ai propri interessi che alla Giustizia. Particolarmente illuminanti sono i colloqui del protagonista con il ministro e quello con il presidente della corte che rivelano le contraddizioni e le aberrazioni a cui sono giunte queste cariche. Tema ancora d’attualità seppure a dieci lustri di distanza.

Il clima elettorale

E comunque, tornando ai sinonimi: condizione, circostanza, occasione, situazione; ambito, ottica, quadro, ambiente. Termini che si attagliano perfettamente al momento. Ma soprattutto vorrei aggiungere “clima”.

Perché ovviamente è proprio il momento specifico legato al clima che crea la fibrillazione politica di questi giorni. In vista del prossimo appuntamento per le amministrative e per il rinnovo del consiglio comunale. Con il sindaco uscente, e in vena di riconferma, Marco Bucci che spesso e volentieri non riesce se non proprio a smussare, almeno a trattenere ed occultare, le spigolosita’ tipiche del proprio carattere. “U scindecu cu cria” lo aveva definito con una azzeccata metafora il collega Franco Manzitti. Ma anche quello autoreferenziale del “Sono il sindaco veda un po’ lei”. Oppure quello tutto ufficio e lavoro che si era opposto, tronfio e in virtù della sua carica di primo cittadino, al carabiniere che gli intimava di abbandonare palazzo Tursi per un allarme bomba. Rispondendo: “Io c’ho da lavorare”. Per finire con quello che si è autoproclamato “il sindaco di tutti” e annuncia a controprova che “il suo ufficio ha sempre le porte aperte per tutti”.

E comunque il sindaco uscente che, in ogni occasione e in ogni intervista, ripete ai quattro venti che lui ha fatto bene, come sindaco e a maggior ragione come commissario e ricostruttore del ponte per antonomasia – “Il San Giorgio, ex Morandi – ed ha la ferma intenzione di candidarsi per essere riconfermato.

Solo che nonostante i ripetuti ammiccamenti dalla sua coalizione, a parte qualche spintarella, autonoma e personale, non arriva l’investitura ufficiale.

Questione di tempi prematuri, è la facile obiezione. A maggior ragione, visto che sul fronte avversario, quello del centrosinistra, la situazione appare tutt’altro che confortante. Tanto che recentemente nel Pd si è tornati a parlare di primarie e di esponenti della società civile – tanto per blandire un po’ l’antipolitica e quindi come se gli iscritti ad un partito fossero esponenti di una società incivile -. Tutto avrebbe dovuto subire una sorta di accelerazione dopo i risultati di queste ultime amministrative. In modo da poter disporre di ulteriori dati e chiavi di lettura.

Il vento gelido del Ponente

E il traguardo traguardabile saranno gli ultimi responsi dei ballottaggi in cui proprio nella vicina Savona si confronteranno un esponente della coalizione di centrodestra e uno del centrosinistra. Con favori del pronostico al candidato del centrosinistra e dati contrastanti nel centrodestra da tempo logorato dalla competizione interna dei partiti con il governatore Giovanni Toti che ha piazzato come leader del voto un esponente della sua lista, Piero Santi, assessore uscente della giunta di Ilaria Caprioglio, recordman di preferenze con 1296 voti. Tanto che qualcuno si è posto – a posteriori, naturalmente – la domanda del motivo per cui non è stato preferito al candidato sindaco del centrodestra Angelo Schirru autore di un flop, come rappresentante della coalizione che fu già di Ilaria Caprioglio, il sindaco uscente. Tanto per gradire l’avversario di turno, Marco Russo, l’ha sopravanzato di dieci punti, sfiorando l’elezione diretta al primo turno.

Questione di feeling, ma soprattutto problemi interni alla coalizione della maggioranza uscente che avevano suggerito proprio a Ilaria Caprioglio di non ricandidarsi. Questioni di leadership che da un po’ di tempo hanno incrinato indebolendola anche la coesione di partiti e componenti del centrodestra presenti, a maggior ragione, sulla piazza genovese, creando una sorta di fibrillazione alla quale lo stesso Bucci, già sofferente per problemi di salute, non ha potuto ne’ saputo sottrarsi. Perciò, pur essendo fortemente intenzionato a succedere a se stesso nel doppio ruolo di sindaco e commissario, sembrerebbe fortemente innervosito da questo continuo titillamento con tanto di strattoni alla giacchetta.

Edoardo Rixi

Il fuoco amico, ovvero il logorio del potere

Perché poi, almeno a parole e nelle interviste, mentori e sodali, alleati e sostenitori: dal capopolo ligure del Carroccio Edoardo Rixi al plenipotenziario governatore della Liguria Giovanni Toti, dal coordinatore regionale di Forza  Italia Carlo Bagnasco a quello di Fratelli d’Italia Matteo Rosso, tutti hanno speso almeno il minimo necessario in parole, opere e intenzioni, per dare l’impressione di sostenerlo. Con spinte e situazioni distinte. Rosso, per esempio, dopo i complimenti al sindaco uscente da parte della parlamentare Raffaella Paita, renziana doc ed esponente di Italia Viva, ha esercitato la raccomandazione che alleanze e apparentamenti che sconfinino nel centrosinistra, anche con eventuali liste civiche di quella provenienza, non sarebbero stati graditi. Rixi, dal canto suo, oltre a rivendicare la paternità dell’indicazione di Bucci come candidato sindaco alle ultime comunali, sotto sotto sembra intimorito dalla crescita della sua componente, probabilmente a scapito della Lega. Ma soprattutto ad impensierirlo è stata l’avance di Toti secondo cui Bucci avrebbe dovuto correre alle prossime elezioni sotto il simbolo del suo nuovo partito “Coraggio Italia”. Proposta rispedita gentilmente e prontamente al mittente dallo stesso Bucci. Con – si dice – rapidissimo raffreddamento dei rapporti.

Bucci in assenza di avversari

Epperò, almeno secondo i pronostici Marco Bucci appare ancora al momento, e soprattutto in assenza di avversari palesi, largamente vincitoree mattatore. E quindi tutti si sono precipitati a ritornare sul suo carro. Con le solite dichiarazioni di rito in favore della sua candidatura. Solo che al momento, a parte le ricorrenti autocandidature, di candidatura ufficiale da parte dei partiti della coalizione di centrodestra non c’è nemmeno l’ombra. Ed è più che logico che, in una situazione del genere, l’uomo solo al comando, il manager commissario e il sindaco non politico, avvezzo , come vuole la tradizione, ad inquietarsi senza mai dimostrare eccessiva ironia/autoironia, abbia cominciato a disunirsi.

Come se non bastasse gli è arrivata fra capo e collo, nell’imminenza della conclusione del suo periodo come commissario, la questione del rinnovo e della proroga  di cui ha parlato ufficialmente anche il ministro alle infrastrutture Enrico Giovannini a Genova una ventina di giorni fa in occasione dell’inaugurazione del Sessantunesimo Salone Nautico. Nello specifico lo stesso ministro ha parlato anche di Giovanni Toti come possibile commissario governativo per le autostrade in Liguria.

Solo che, a fronte ai complimenti al Governatore, al contrario, in vista della proroga di Bucci, sono subito state rese pubbliche alcune interpretazioni della normativa in vigore – il testo unico degli enti locali – secondo cui il ruolo di candidato sindaco e quello di commissario sarebbero incompatibili.

Interpretazioni su cui lo stesso Bucci ha posto più di una riserva limitandosi a confermare che ci penserà il Governo.

Non soltanto fuoco amico

Contraddizione non ancora appianata di cui ha fatto recentemente tesoro anche il Pd con il suo capogruppo in consiglio comunale Alessandro Terrile che spiega in un’intervista a Stefano Origone, pubblicata su “La Repubblica” del 10 settembre: “Quello che non capisco è il motivo per cui debba essere riconfermato in questo ruolo, legato al ponte, quando le maggiori opere – attacca Terrile – riguardano solo il porto e quindi semmai sarebbe una figura dell’Autorità Portuale a dover ricoprire questa carica. Mi pare una forzatura, è stato ricostruito il Morandi, quindi il suo compito è finito: se vuole fare il commissario è liberissimo di farlo, però dica se vuole anche essere il candidato sindaco perché non potrà farlo. Perché lo dice la legge. C’è una incompatibilità politica e di legge. Il tempo passa, il sindaco non da risposte, ma le norme dicono che se accetterà questo incarico, trenta giorni prima delle elezioni dovrà dimettersi”.

Poi c’è il capo dell’opposizione in consiglio regionale, Ferruccio Sansa che ci mette il carico, facendo riferimento alla proroga funzionale alla gestione di fondi e opere accessorie del nuovo ponte, ma anche di tutte quelle già avviate in città con gli appalti del sistema portuale: dal waterfront alla torre piloti, fino al ribaltamento a mare e i depositi costieri, secondo un accordo raggiunto lo scorso 24 agosto a Roma con il ministro Giovannini e il presidente Toti. E attacca Sansa: “Se Bucci verrà riconfermato commissario straordinario – ha dichiarato – avremo un’anomalia unica in Italia: un candidato sindaco che gestisce 2,3 miliardi di soldi pubblici. Sarebbe come dargli le chiavi della città”.

Un problema di tutta evidenza, come ha spiegato proprio Ferruccio Sansa, relativo non soltanto al doppio incarico, ma soprattutto alla delicatezza del periodo della campagna elettorale, con tutto quel che ne consegue, anche in vista di eventuali possibili ricorsi; sempre che il Governo dovesse intervenire con uno strappo alla regola per decreto. Ricorsi per la materia, visto che ci sono in ballo le elezioni, sarebbero quanto mai preoccupanti. Ma in fondo questo è l’uomo che aspetta una eventuale sanatoria personale del Governo e sulle sfumature, in estrema conclusione, non è mai stato abituato a farsi troppe domande e a porsi troppi problemi.

Maurizio Rossi

La lettera scarlatta

Tutto risolto? E via con la doppia carica? Neanche per sogno. Anche perché recentemente – giusto tre giorni fa – l’editore di PrimoCanale ed ex senatore nel gruppo misto durante la XVII legislatura ha ribadito, ad un mese di distanza, con un nuovo articolo a sua firma, in qualità di direttore editoriale, la posizione contraria personale e della sua testata, all’eventuale accumulo di una doppia carica, dando man forte alle motivazioni dell’opposizione.

Non a caso l’editoriale che nella forma sembrerebbe tanto una lettera inizia cosi’ : “Non me ne voglia il sindaco di Genova Marco Bucci che è molto critico con la mia linea editoriale, ma è nostro dovere come mezzo di informazione presente sul territorio da quasi 40 anni, dire le cose come stanno per difendere la nostra “reputazione” e per chiarire ai nostri utenti come stanno le cose nella realtà. E’ in questo modo che ci guadagniamo ogni giorno il rispetto di chi ci segue.

La nomina di Bucci a commissario mi ha fatto sinceramente piacere, è stato un ottimo commissario per il Ponte Morandi, ma la norma è chiara e ben illustrata dall’avvocato amministrativista  Lorenzo Barabino, a cui ho chiesto un parere  pubblicato il 9 settembre su Primocanale.it. Un sindaco in sintesi può essere nominato commissario. Ma un commissario non può candidarsi a sindaco. Non a caso il preparatissimo ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti della Lega il 12 settembre ai nostri microfoni disse: “Intanto dovremo capire se Bucci si vorrà ricandidare, anche se mi sembra molto motivato, ma quando si arriverà al momento della candidatura è chiaro che si tratta di una questione che dovrà essere valutata” .

Sergio Mattarella
Sergio Mattarella

Il piano B e il nuovo Presidente della Repubblica

Che poi si usa dire “Excusatio non petita”….con tutto  quel che ne segue e consegue. E, comunque, non casualmente, Rossi fa riferimento all’articolo pubblicato circa un mese fa con l’autorevole parere dell’avvocato Lorenzo Barabino nel quale vengono evidenziate le cariche che danno luogo all’ineleggibilità : ““Non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale e circoscrizionale: […]2) nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i Commissari di Governo, i prefetti della Repubblica, i vice prefetti ed i funzionari di pubblica sicurezza…”.

E forte del parere dell’esperto Rossi prosegue: “Bucci pertanto molto semplicemente ora farà sia il sindaco che il commissario ma entro 60 giorni prima delle elezioni della primavera 2022 dovrà prendere una decisione sul suo futuro e, se si vorrà candidare, dovrà dimettersi da commissario. Oppure resterà commissario e verrà candidato a sindaco un’altra persona: chi potrebbe essere? A quanto pare il piano B sarebbe già pronto ma ovviamente non verrà svelato sino a quando non ci sarà una certezza, pensando che nel momento in cui Bucci, considerato “invincibile”, dovesse ritirarsi anche le opposizioni potrebbero mettersi seriamente a pensare di conquistare Palazzo Tursi.

La politica cambia ogni giorno, già queste elezioni stanno creando forti sconquassi dentro ai partiti e nelle coalizioni, poi avremo le alleanze anche trasversali per l’elezione del Presidente della Repubblica a febbraio che anch’essa inciderà pesantemente sulla politica italiana con riflessi anche sui territori. Infine si dovrà capire se si andrà o meno a elezioni politiche entro la prossima estate. Tutti questi fatti modificheranno pesantemente anche le alleanze su Genova e La Spezia e anche le scelte dei candidati.

Bucci intanto può continuare a fare il commissario. Il suo lavoro preferito e probabilmente quello che sa fare meglio. E sia chiaro che se, al di là di affermazioni superficiali sulla candidabilità a sindaco di un commissario, qualcuno la pensasse diversamente, saremo ben lieti di pubblicare pareri legali autorevoli e aprire conseguentemente un contraddittorio”. Insomma la situazione si è fatta via via sempre più fluida. I rumor dicono e la conferma di questa lettera al sindaco è chiara che Bucci sia particolarmente provato dall’impegno e dalla malattia e che il piano B è già pronto. Ma, probabilmente rendere pubblici tutto già adesso equivarrebbe a far ringalluzzire gli avversari e a dare loro un vantaggio sotto qualche forma. Motivo per cui ci sarà ancora da attendere.

Il siluro è servito

A questo proposito giova appena ricordare che qualche tempo fa due altri editorialisti ed autorevoli giornalisti di Primocanale il presidente Mario Paternostro e Franco Manzitti in un due lunghi articoli dedicati rispettivamente a dare i voti al sindaco uscente e a legittimare la sua presunta invincibilità alle prossime elezioni amministrative, avevano sollevato e seminato una raffica di leciti dubbi sia sulla vision rispetto alla città, sia sulla caratteristica, forse facilitata, della sua politica emergenziale fatta di proclami, inaugurazioni di piloni, uno dopo l’altro, e rigidi step dei cronoprogrammi.

Qualcuno in seguito, in un quotidiano considerato un house organ del centrodestra, “Il Giornale” si era dedicato con cura, proprio prendendo spunto dai due editoriali di Paternostro e Manzitti, a confutare la teoria che l’eventuale ricandidato Marco Bucci fosse così invincibile. A meno, avvertiva il saggista, di non riscoprire in tutta fretta il primato della politica. Cosa notoriamente non gradita a Bucci.

Solo che a questo punto potrebbe essere proprio la vituperata politica a prevalere. Ad iniziare da quel diniego dello stesso Bucci all’ ex sodale Toti di far parte della sua squadra, ragione prima di un siderale raffreddamento dei rapporti tra l’ex giornalista e l’ex manager di cui nei rumor dei palazzi – quelli che solitamente non traspaiono sui social – si parla sempre con maggiore insistenza. E così Rossi ha aperto già tre giorni fa, in previsione della lunga maratona elettorale il contraddittorio, da leggere anche come fuoco amico.

Del resto Bucci che solitamente, pur messo alle strette, ha sempre cercato di bypassare la big question, almeno in un caso ha provveduto rispondere ad una domanda diretta che lo ha attirato sul terreno della convenienza della doppia dubbia carica. La domanda era “Pensa che possa essere un vantaggio o uno svantaggio?” E il Sindaco ha risposto: “penso che in questi anni è stato un grande vantaggio avere il commissario che fa anche il sindaco. L’ottica elettorale mi interessa meno del due di briscola, non vado a prendere in giro la gente. Durante questi anni a fare il commissario e fare il sindaco è stato un grosso vantaggio per la città perché ha consentito l’opera veloce ha consentito che la mano a destra aiuta la mano sinistra nessun riferimento a destra e sinistra politico. Ho detto che le due cose stanno assieme alla stessa persona è chiaro che fa una cosa più facile e soprattutto la possibilità di avere la gestione della struttura commissariale la gestione del comune aiuta molto nel fare progetti quindi è stato un grande vantaggio per la città.  Certamente io penso che commissario e sindaco in generale però per opere commissariali ovviamente della città e non sto parlando del commissario su una cosa diversa. Dentro il comune della città fare il commissario fare il sindaco se fosse nella stessa persona e un grande vantaggio per l’opera stessa e per i cittadini stessi”.

Pietro Piciocchi

I pretendenti al trono

Molto pratico come prassi vuole e poco – anzi per niente – politico, insomma. Per cui credo sia impossibile continuare a chiedergli quel salto di qualità a cui facevano allusione Manzitti, Paternostro e il saggista de “Il Giornale ” Remo Viazzi. E il nuovo articolo con cui Rossi e tornato all’attacco riproponendo l’ineggibilita’ del commissario e di fatto l’incompatibilità delle due cariche, senza contare i legittimi dubbi espressi da Ferruccio Sansa -, con tanto di incipit con excusatio non petita  – sarebbe da leggersi come una ulteriore pressione sul sindaco Marco Bucci colpevole di aver deluso il suo ex sodale Giovanni Toti.

Intanto le solite voci di corridoio, il fra le quinte – ovvero quelle narrazioni che parlano, non a caso, di condizione, circostanza, occasione, situazione; ambito, ottica, quadro, ambiente – raccontano dell’ex factotum di Bucci, l’avvocato Pietro Piciocchi, ex vicesindaco e pluriassessore, oltreché uomo dell’Opus dei e con qualche trascorso professionale alla corte di papabili leghisti, in rampa di lancio. Sempre che non sia lo stesso Rossi, l’uomo nuovo del dopo Bucci. Lui, da parte sua smentisce. Negare, negare, negare. Sempre e comunque negare. Che in ogni caso risulta sempre una buona – anzi ottima – strategia. Attendendo gli eventi.

Concluderebbe da par suo il compianto presidente Mao Tse Tung con quell’indomabile spirito rivoluzionario: “Grande e la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente”.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.