Lo indica un’analisi pubblicata sulla rivista Nature. Introdotto in più zone ma non visto per colpa dei pochi test
Il virus SarsCoV2 potrebbe essere arrivato in Italia il 6 gennaio 2020, ma non si può escludere che circolasse nel nostro Paese già a dicembre 2019. Nello stesso mese, infatti, è stato introdotto in diverse aree di Europa e Stati Uniti: il 26 gennaio potrebbe essere arrivato in California e il 2 febbraio a New York.
Ovunque il virus ha cominciato a diffondersi silenziosamente nei primi tre mesi del 2020, non visto a causa della limitata attività di test. Lo indica l’analisi pubblicata sulla rivista Nature e coordinata dal fisico Alessandro Vespignani, direttore del Network Science Institute della Northeastern University di Boston.
Europa e USA a confronto
Nel marzo 2020, prosegue l’analisi, era stato riconosciuto solo un numero molto limitato di infezioni, compreso fra 1% e il 3% di quelle effettive: un punto debole che gli autori della ricerca evidenziano e che, scrivono, dovrebbe essere tenuto in considerazione nell’organizzare le strategie di contrasto contro una futura pandemia.
L’analisi indica inoltre che all’inizio del marzo 2020 in Europa venivano riconosciute circa 35 infezioni su mille e 9 su mille negli Stati uniti. Nella settimana che cominciava l’8 marzo in Europa venivano riportati 17 casi al giorno e due negli Usa, mentre il modello elaborato dagli esperti della Northwestern University indica che in quello stesso periodo i nuovi casi erano, rispettivamente, 4.000 e 2.000 al giorno.
La lezione della pandemia: attività di testing deve essere più capillare
I ricercatori rilevano, infine, che un’attività di test più intensa, capillare e precoce avrebbe potuto aiutare a prevenire la diffusione del virus. La lezione che arriva dai primi passi della pandemia è che le tecniche utilizzate in questa ricerca potrebbero essere strumenti utili per mettere a punto le future strategie di risposta contro nuovi virus emergenti.
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