La polemica nasce perchè nel Decreto Infrastrutture è inserita una norma che vieta “qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto” sia discriminatorio con riferimento anche all’identità di genere
“Il ddl Zan esce dalla porta e rientra dalla finestra nel Decreto infrastrutture”.
Lo afferma in una nota stampa la Onlus Pro Vita & Famiglia, che poi rincara la dose con un commento del suo presidente: “Sarà ancora possibile affermare in una pubblicità che i bambini sono maschi e le bambine sono femmine? Che un bambino nasce da una mamma e un papà? Che l’utero in affitto è una pratica barbara? Secondo il Disegno di Legge sulle infrastrutture tutto ciò sarà vietato”.
Così Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia, critica il ddl Infrastrutture – approvato alla Camera e ora all’esame in Senato -, che vieta “qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto” sia discriminatorio con riferimento anche all’identità di genere.
“L’identità di genere non è entrata con il cavallo di Troia del ddl Zan e ora surrettiziamente il Governo ci riprova inserendola in questa norma sotto la foglia di fico, come al solito, delle discriminazioni, in particolare con l’emendamento 1.294, approvato senza illustrazione e senza discussione e proposto dal Pd. Non solo viene calpestata la libertà di espressione sancita dalla Costituzione, ma si apre nuovamente all’identità fluida.
Lo sapevamo che non bisognava abbassare la guardia! Abbiamo già sperimentato censure come questa quando, in passato, alcuni Comuni hanno bloccato o censurato i nostri manifesti per normative simili”, aggiunge Jacopo Coghe, vicepresidente della Onlus.
“Chiediamo – conclude la nota di Pro Vita – di eliminare dal Decreto infrastrutture ogni riferimento all’identità di genere, altrimenti realtà, partiti politici o associazioni finora libere come la nostra avranno la bocca chiusa da una censura figlia della volontà di allineare tutti al pensiero unico”.
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