Vent’anni di scontri armati contro le truppe occidentali non hanno fermato l’evoluzione della comunicazione talebana che da una parte si è adeguata alle vicende sul campo di battaglia e ai risultati ottenuti, dall’altra si è fatta trovare pronta per celebrare la conquista di Kabul.
Ma se prima della caduta del governo afghano retto dagli Usa, erano solo un paio i talebani a cui era concessa la comunicazione attraverso i social media, e parliamo di Qari Yossuf Ahmadi e Zabihullah Mujaheed, dallo scorso agosto si sono moltipiìlicati gli account Twitter dei vari comandanti, oggi promossi ministri o governatori dell’Emirato islamico.
Crescono i follower
E proprio Zabihullah e Ahmadi, anche se in misura più contenuta, hanno visto crescere i loro follower da poche migliaia a centinaia di migliaia nell’arco di qualche settimana.
E grazie al controllo dei vecchi account, oggi non più in uso, da parte dell’intelligence occidentale, si può fare un confronto sul nuovo linguaggio, sui termini utilizzati e sulla nuova platea a cui è rivolta la comunicazione social dei nuovi padroni dell’Afghanistan. Se negli ultimi 15 anni, i talebani concentravano il contenuto dei loro messaggi sulla contabilità dei nemici uccisi in battaglia, o sull’esaltazione del martirio dei “volontari” suicidi negli attentati, negli account attivati dal 2017 i leader talebani utilizzano un linguaggio più moderato, e soprattutto non più rivolto ai gruppi Jihadisti internazionali, ma a un pubblico occidentale a cui viene trasmesso il concetto dei “nuovi talebani” con cui si può dialogare e concedere credito internazionale.
Una ripulita ai vecchi social
Ed è una scelta studiata e ben pianificata, che gli account originali di Zabihullah e Ahmadi non siano più disponibili, così come il sito Web del movimento sia stato ripulito di tutte quelle informazioni particolarmente “scomode” che potrebbero complicare il percorso di accettazione internazionale a cui sono rivolti gli sforzi dell’amministrazione talebana.
Le nuove/vecchie regole che penalizzano le donne
Ma se da una parte il governo islamico cerca l’apertura a occidente, all’interno del paese le cose non aono poi così cambiate. È in atto la censura La censura sui media che colpisce particolarmente le donne. Il ministero per la Promozione della virtù e per la prevenzione del vizio dell’Emirato Islamico (IEA), nelle nuove linee guida per i mezzi di informazione, prevede che sia vietato per donne ricoprire ruoli da protagoniste nelle serie tv, e che le giornaliste debbano indossare lo hijab. La televisione privata afghana Tolo ha deciso di rimuovere dal palinsesto gli spettacoli musicali e le soap opera turche ritenute troppo “osé” per gli standard talebani. Le soap “osé”sono state sostituite con soap ambientate in epoca ottomana e con abiti più castigati. L’emittente di Stato RTA ha, ad esempio, ritirato le sue presentatrici fino a nuovo avviso. La Zan TV indipendente, gestita da donne, ha fermato le trasmissioni dei nuovi programmi.
Nulla di nuovo insomma, solo una bella mano di modernità in un mondo che rimane diviso, tribale e in perenne conflitto.
Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta