Peste suina, non è una cavolata chiudere i boschi. Parola di veterinario

Si tratta di un virus che si può trasportare con le scarpe e le ruote delle biciclette, che resiste due anni a -60°, e che si inattiva solo se resta due ore a +70°

Facciamo il punto sulla peste suina. Se ne parla da tempo perché in Sardegna c’è da anni, tanto che la prima segnalazione risale al 1978. Ma allora perchè tanto allarme? La peste suina africana è diversa? È per questo che è così contagiosa?
lo abbiamo chiesto a Fabio Bertoldi, chirurgo veterinario esperto anche di animali di grossa taglia, che ci ha risposto che sì, “la peste suina africana è diversa da quella classica, è un virus completamente differente che è arrivato dall’Europa dell’Est”.
Come sia sbarcato in Italia è difficile a dirsi, “o attraverso le scarpe di persone che hanno avuto contatti con suini o cinghiali infetti, o attraverso gli stessi cinghiali che, si sa, compiono migrazioni piuttosto importanti”.

Malattia ad alta morbilità

Il grosso problema di questa malattia, infatti, “è l’alta morbilità” e questo significa, lo abbiamo imparato con il Covid, che ha ampia diffusione tra la popolazione. “Tutto può essere contaminante se non trattato con disinfettanti a base di clorina o di sali quartenari d’ammonio”, dice Bertoldi elencando i casi: “Gli umori e le escrezioni di questi animali possono andare ovunque viaggiando sulle ruote delle biciclette che percorrono i sentieri. Gli stessi cacciatori, quando eviscerano i cinghiali, se non lavano e non disinfettano i capi o gli scarponi possono diventare veicolo di contagio. Anche gli allevatori dovrebbero avere l’accortezza di indossare dei capi monouso sopra i propri vestiti per poi distruggerli.”.

Un virus che resiste

Non solo, si tratta di un virus che “resiste addirittura due anni a -60°. Ciò significa che il guaio di questa malattia è la permanenza, anche in prodotti alimentari trattati in modo inadeguato. Gli stessi salumi, salame e salsiccia, sono praticamente ad alta contaminazione, un po’ meno il prosciutto crudo se è ben stagionato”.
Un brutto affare per gli allevatori: “Il dramma qui non è la zoonosi, perché la malattia non può essere trasmessa all’uomo. Il dramma è che interferisce con l’uomo nelle sue attività economiche perché questa pandemia di peste suina africana creerà un danno incredibile”.

Dai suini un export da 1,7 miliardi di euro

E si vede già. Dalle ultime notizie diffuse da Confagricoltura, Cina, Giappone, Taiwan e Kuwait avrebbero bloccato gli acquisti. Restrizioni provengono anche dalla Svizzera. In totale, secondo le stime di Cia-Agricoltori Italiani, tra allevatori e trasformatori c’è in ballo un export che si attesta su 1,7 miliardi di euro. Un’ecatombe.

2.300.000 cinghiali scorrazzano per la Penisola

“Come sempre le nostre amministrazioni, senza alcuna distinzione, finiscono a gestire delle emergenze. Ci voleva un piano di medio-lungo termine per ridurre il numero dei cinghiali sul territorio”, punta il dito Bertoldi, “perchè oggi in Italia ci sono 2.300.000 cinghiali e se a diminuire la sovrappopolazione non ci pensa l’uomo interviene la natura, che è più saggia di noi”. L’allarme sulla peste suina era scattato già a luglio “ma non ci voleva un allarme”, aggiunge Bertoldi che assicura: “Il problema è l’aver trascurato questa enorme presenza di animali sul nostro territorio. Ora, entro marzo di quest’anno, dovrebbe partire la sperimentazione del GonaCov, un vaccino che controlla la fertilità di alcuni animali selvatici, cinghiali compresi, per cui sono stati stanziati circa 500.000 euro di dosi da inoculare tramite cerbottana”.
Risolverà la situazione? Non da solo. Come non lo faranno i lupi, che sono in cima alla catena alimentare ma che, storicamente, sono pochini.

Modificare la legge nazionale per il contenimento della fauna selvatica

Servirebbe modificare la legge nazionale per il contenimento della fauna selvatica ma, e lo sottolinea ancora Bertoldi, “si incontrano grosse resistenze tra gli animalisti perchè sono contro la caccia a prescindere. Ma la caccia selettiva serve a poco se colpisce solo i maschi adulti salvando le femmine perchè hanno i piccoli. Per avere un equilibrio sul territorio bisogna abbattere più femmine. Altrimenti le popolazioni inizialmente si espanderanno per poi rischiare di sparire completamente. Abbiamo l’esempio recente delle marmotte che in alcune valli italiane sono completamente sparite. Non per colpa dei cacciatori, per colpa del sovrappopolamento che ha portato a far sì che si ammalassero gli esemplari più deboli per poi diffondere la malattia tra il resto degli animali”.
Se il territorio non ritrova il suo equilibrio la situazione non si risolverà. E queste epidemie possono tirare a lungo: “Calcolate che in Sardegna è presente ormai da svariati decenni”, ribadisce Bertoldi che torna a dire: “Ci sono altre malattie in Italia che non sono ancora sotto controllo e sono delle zoonosi, cioè dagli animali passano all’uomo. Parliamo della leishmaniosi per cui ad oggi non c’è un vero piano. Qualche decennio fa si è fatto un controllo per sapere quale fosse la sua espansione sul territorio. Punto. Oggi è presente in tutta la Penisola e poco si è fatto per eradicare questo problema”.

Ha davvero senso il lockdown dei boschi?

Pare di sì. Spiega Bertoldi di aver sentito dalle associazioni di ciclisti amatoriali “delle cose veramente fantasiose come pensare di asfaltare alcune zone boschive facendo leva nei confronti del presidente della Regione e del Sindaco che in questo momento di lotteria elettorale sembrano disposti ad ascoltare anche queste opinioni. Ecco credo che invece dovrebbe prevalere il buon senso: se sappiamo che con le nostre biciclette possiamo portare in giro il virus dovremmo cercare di capire che è meglio starsene a casa”, conclude mettendo l’accento su fatto che “esistono il senso civico e il buon senso. Speriamo che in questo caso prevalgano”.

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Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.