Si tratta di uno dei temi su cui si aprirà il tavolo tecnico tra Governo e Regioni, annunciato per la settimana prossima
In uno scenario ancora critico, caratterizzato dall’elevata circolazione del virus e da una rilevante occupazione dei posti letto ospedalieri da parte dei pazienti Covid, le Regioni hanno messo sul tavolo una serie di proposte da discutere con il Governo per semplificare questa fase di convivenza con il Coronavirus su cui Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe, ha compiuto una serie di valutazioni.
Definire come “caso Covid” solo i pazienti positivi con sintomi
Modifica alla definizione di ricovero Covid-19
La proposta delle Regioni di non considerare come pazienti Covid-19 i ricoverati per altra patologia a cui viene riscontrata una positività occasionale al SARS-CoV-2 è inapplicabile e rischiosa per varie motivazioni, prime fra tutte quelle cliniche. La Covid-19 è una malattia multisistemica che colpisce numerosi organi e apparati e definire lo status di “asintomaticità” è molto complesso, specialmente nei pazienti anziani con patologie multiple; inoltre, la positività al SARS-CoV-2 può peggiorare la prognosi di pazienti ricoverati per altre motivazioni, anche in relazione all’evoluzione della patologia/condizione che ha motivato il ricovero e alle procedure diagnostico-terapeutiche attuate.
Poi ci sono ragioni organizzative: la gestione di tutti i pazienti SARS-CoV-2 positivi, indipendentemente dalla presenza di sintomi correlati alla Covid-19, richiede procedure e spazi dedicati, oltre alla sanificazione degli ambienti. Di conseguenza, risulta molto difficile riorganizzare in tempi brevi la gestione degli “asintomatici” senza risorse aggiuntive, in particolare locali e personale.
Infine quelle medico-legali e amministrative: la responsabilità di assegnare il paziente ricoverato ad una delle due categorie, con tutte le difficoltà e le discrezionalità del caso, è affidata al personale medico e alle aziende sanitarie.
Mantenere in servizio gli operatori sanitari positivi asintomatici con dose booster
Nei primi 18 giorni di gennaio 2022 si sono registrati 36.143 nuovi casi tra il personale sanitario, quasi il triplo rispetto all’intero mese di dicembre 2021 (n. 12.664). Per fronteggiare questo problema, le Regioni chiedono di mantenere in servizio nei reparti Covid gli operatori sanitari positivi asintomatici, una proposta inapplicabile per tre ragioni. Innanzitutto, medico-legali, perché è in netto contrasto con la legge Gelli-Bianco che dispone di garantire la sicurezza delle cure integrando tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie. In secondo luogo, per motivi organizzativi: gli operatori sanitari potrebbero lavorare nei reparti Covid ma senza poter accedere agli spazi comuni (spogliatoi, mensa, etc.). Infine, per evidenti risvolti pratici, visto che rischia di determinare una fuga dai reparti Covid da parte del personale sanitario non colpito dall’infezione.
Contact tracing solo per i contatti di casi sintomatici
La richiesta dei governatori è quella di “valutare un aggiornamento delle indicazioni operative al fine di rimodulare il contact tracing secondo criteri di priorità e sostenibilità, attuando il tracciamento solo per i contatti di casi sintomatici”.
Con l’attuale numero di positivi, precisa invece Gimbe, il contact tracing non è sostenibile né fattibile, né può contribuire in maniera efficace a rallentare la crescita dei casi. Se dunque è condivisibile l’obiettivo di alleggerire la pressione sui servizi sanitari territoriali, la proposta delle Regioni di riservarlo ai casi sintomatici non è basata su evidenze scientifiche, perché oggi l’elemento discriminante dovrebbe essere rappresentato dallo status vaccinale, dal momento che i vaccinati si infettano meno e, soprattutto, trasmettono meno il virus.
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