Una sorprendente sentenza del tribunale di Torino. L’uomo avrebbe “rinunciato a chiamare testimoni o a far valere qualsiasi tipo di impedimento”
Torino – Da latitante avrebbe favorito il rapido svolgimento del processo rinunciando a chiamare testimoni o a far valere qualsiasi tipo di impedimento. Una “condotta inconsueta”, così è stata definita negli ambienti del Palazzo di Giustizia di Torino, che è valsa a un 32enne imputato di narcotraffico e associazione mafiosa le attenuanti generiche e uno sconto sulla pena, che è stata calcolata in 17 anni di carcere.
La sentenza è di stamattina. Il caso giudiziario riguarda Vincenzo Pasquino, torinese, legato a una propaggine della ‘Ndrangheta nel nord-ovest, che è stato arrestato in Brasile lo scorso maggio ed è ancora in attesa di estradizione, insieme a un altro ricercato, il boss Rocco Morabito, figura considerata di spicco della criminalita’ organizzata. Pasquino, essendo formalmente un latitante, non ha potuto essere giudicato con il rito abbreviato. Ma nel processo, celebrato con il rito ordinario, non si è opposto all’acquisizione di tutti gli atti dell’indagine e, anzi, ha rinunciato a proporre testimonianze, perizie e altro. Dopo l’arresto aveva scritto una lettera in cui ammetteva di aver “venduto molto fumo”. Pasquino non risulta né pentito, né collaboratore di giustizia.
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