Quando, l’8 gennaio 2016, venne arrestato, la notizia fece il giro del mondo, ma la notizia “vera” era nel fatto che l’allora Presidente Barak Obama era in Messico al vertice degli Stati dell’America Latina, e che il vero argomento in agenda con Enrique Peña Nieto era la lotta al narcotraffico.
Il colloquio privato di Obama e Nieto metteva di fronte i capi di Stato del maggior consumatori e il più grande produttore di droga al mondo, e il terzo incomodo da eliminare era Joaquín “El Chapo” Guzmán.
100.000 morti in 7 anni
Tre giorni dopo, l’Associated Press, divulgava la notizia che il più potente signore della droga messicano, appunto “El Chapo” era stato arrestato.
Sulla testa di Guzmán pendeva una taglia da 5 milioni dsi dollari, cifra quasi offensiva per difetto, visto il calibro del personaggio e dei soldi che era in grado di muovere. Perché non solo era il capo del cartello di Sinaloa, ma gestiva un colossale traffico di droga in ben 56 paesi, Italia compresa.
La guerra dei narcos aveva prodotto più di 100.000 morti in circa 7 anni.
Plomo e plata
I due pilastri su cui Guzmán ha basato il suo successo di trafficante e la sua capacità di penetrazione nelle istituzioni messicane. Quando non riusciva a comprare un politico lo ammazzava. “Plomo e plata” appunto, piombo e soldi.
Nel momento di maggior successo di Guzmán nella guerra con i narcos avversari, e proprio quando le maggiori piazze di traffico e spaccio, Sonora, Durango, Sinaloa, Baja California, Chihuahua, Tijuana e Ciudad Juárez, erano nelle sue mani, El Chapo finì nella rete della Polizia e dell’intelligence Americana.
Le violenze
Durante il processo a Brooklyn, l’ex guardia del corpo di Guzmán, Isaias Valdez Rios, fu chiamata a testimoniare e la sua deposizione fece scendere il gelo in aula: “Era vivo, stava ancora ansimando e lui lo ha seppellito. L’ho visto con i miei occhi.”
Risalgono al 2007 le torture di due membri del cartello Zeta, che secondo la deposizione di Rios durarono per circa tre ore, Poi dopo aver ucciso i due uomini ordinò di bruciare i corpi in modo che non rimanessero neanche le ossa.
Pegasus
Le ipotesi sulla caduta del capo di Sinaloa si sprecano, dal tradimento dei suoi più stretti collaboratori, El Mayo Zambada e Juan José Esparragoza detto “El Azul”, all’utilizzo da parte del Messico della sofisticata tecnologia israeliana d’intercettazione chiamata Pegasus.
Pegasus poteva prendere il pieno controllo di un cellulare, ascoltando le chiamate, leggere i messaggi, fare foto, leggere mail e ottenere le informazioni per accedere ai conti bancari.
Estradato negli Stato Uniti per essere processato , il 17 luglio 2019 la Corte di New York condanna El Chapo all’ergastolo con 17 capi d’accusa che vanno dal traffico di cocaina, eroina e marijuana, di armi, al riciclaggio di denaro sporco e di vari omicidi. La condanna prevedeva anche la restituzione di 12 miliardi di dollari.
Oggi la corte d’appello ha confermato la condanna dell’ex re del narcotraffico messicano e rigettato la sua richiesta di un nuovo processo. Guzmán, il re del narcotraffico rimarrà in prigione e probabilmente lì finirà i suoi giorni.
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