Genova – “Jeans made in Genova” è il nuovo progetto di Manuela Arata che vuole trasformare Genova in un centro internazionale sulla sostenibilità nella produzione di questo tessuto. L’intuizione sta tutta nel puntare sulla riqualificazione del sestiere di Prè che in questo modo “si popolerà di negozi, laboratori artigianali, spazi per il Museo del jeans che distribuiremo sul territorio, così da diventare un hub di interesse commerciale produttivo e turistico”.
Ce lo spiega la presidente di Genova Jeans e advisor del Sindaco Bucci, che aggiunge: “A livello cittadino, si tratta di una delle ricadute più importanti della manifestazione Genova Jeans, che è un pretesto per pubblicizzare il fatto che questo tessuto deve il suo nome alla nostra città”.
Ma non c’è solo questo.
Partendo da un’idea di Vittorio Selis, docente di International Business ed esperto di espansioni commerciali, che già vent’anni fa aveva presentato al Comune di Napoli un modello socio-economico per la creazione di un immenso magnete artigianale della ceramica, “Scétate Capemònt”, il progetto prevede di creare un consorzio che copra tutte le fasi della lavorazione del blu di Genova: dalla produzione, rigorosamente green, alla vendita.
Per questo oggi, all’incontro operativo di palazzo Tursi, si è parlato proprio di “promuovere la formazione di nuovi artigiani che lavorino il jeans sul territorio”, precisa sempre Arata sottolinenando che l’intenzione è quella di “far nascere un distretto come Carnaby Street dove si potrà trovare qualunque cosa fatta in jeans, dalle lenzuola, all’abbigliamento, alle valigie alle scarpe e ai gioielli. Tutto”.
Un’opportunità che non è solo commerciale. Il programma, infatti, prevede di coinvolgere le scuole in un percorso di formazione “che partirà dal racconto di chi, da artigiano, è diventato imprenditore. Si farà il punto, insomma, sugli sbocchi di questo mestiere”, conclude Arata aggiungendo che “una parte importante la farà poi la pratica, dedicata alla lavorazione del jeans”.
La riqualificazione della zona di Prè
“Jeans made in Genova vuole essere un profondo legame non solo tra il jeans e le nostre realtà commerciali e produttive, ma anche con le nuove generazioni, attraverso la formazione scolastica”, racconta Paola Bordilli, assessore al Commercio e Centro Storico del Comune di Genova, che poi sottolinea l’importanza di questa idea “per la riqualificazione della zona ovest del Centro Storico, quella di Prè, attraverso i privati che vorranno investire nel jeans e nella nostra città”.
L’Istituto Duchessa di Galliera al centro del progetto di formazione
“Noi vorremmo collaborare a tanti livelli, sia affiancando gli artigiani che opereranno su pezzi pregiati, sia intervenendo sulla comunicazione, che sui seminari formativi” chiarisce Antonio Oppicelli, presidente della Fondazione Fulgis del Comune di Genova che con il Dipartimento Moda dell’Istituto Duchessa di Galliera è all’avanguardia nel Made in Italy.
“Sappiamo che il progetto di Genova jeans investe anche su artigiani che lavorano nel centro storico e favorisce le commistioni fra stili diversi esaltando quella che è la natura di porto di mare di questa città. Ecco, noi vorremmo che i nostri ragazzi potessero partecipare e trovare opportunità di migliorare il loro curriculum, la loro formazione e le loro opportunità anche professionali”.
“Il nostro istituto ha una lunga tradizione di formazione nel campo della moda e della sartoria, abbiamo laboratori attrezzati e docenti sempre aggiornati sui modi di produrre con nuovi materiali, nuove tecniche, nuove modalità, e senza dubbio all’interno di questo progetto noi potremmo portare la nostra esperienza”. Lo aggiunge la coordinatrice didattica Orietta Perasso che poi lancia la proposta: “In cambio vorremmo che i nostri ragazzi partecipassero alle lezioni di cui si è parlato oggi, tenute da nomi che sono ai vertici altissimi nel mondo della moda, anche per imparare nuove modalità di cucitura di questi tessuti, nuovi accostamenti di materiali. Perchè – conclude Perasso – lo scambio umano fra studenti che sono ancora in fase di formazione e artigiani già formati, ha come finalità quella di migliorare le loro competenze e di farli salire sempre più in alto anche ovviamente per il bene della nostra città”.
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.