L’esperto: “La vera criticità sono le ispezioni a campione. I verbali di questi controlli non vengono pubblicati”
Genova – Sette milioni e 313mila chili. Sono i rifiuti sequestrati nel 2020 nei porti italiani e diretti illecitamente sulle coste africane e nell’Europa dell’Est. Lo dice l’ultima relazione del direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Adm), Marcello Minenna, che a giugno 2021 è stato ascoltato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.
Il traffico transfrontaliero di rifiuti
Spedizioni almeno triplicate se pensiamo che nel 2019 i chili erano “solo” 2milioni e 251mila e i sequestri 373 contro i 541 del 2020.
Per il 61,28% si tratta di plastica, alla quale seguono i rifiuti elettrici ed elettronici (Raee) col 13,16%, e poi veicoli, motori e pneumatici.
Le regioni che hanno contato il maggior numero di interventi sono Campania, Calabria e Liguria con il porto di Genova che si piazza al secondo posto per gli illeciti dopo Salerno e prima di Napoli e Gioia Tauro.
Le ultime norme europee sulla gestione dei rifiuti da navi nei porti
Al traffico transfrontaliero si aggiungono poi le difficoltà di gestione dei rifiuti prodotti dalle navi e di quelli ripescati in mare, soprattutto plastiche e soprattutto dai pescherecci.
Una partita non facile per l’ambiente alla quale mettono mano le ultime norme europee sulla gestione degli impianti di trattamento rifiuti da navi nei porti. Ma con qualche falla.
Ce lo spiega Marco Grondacci, giurista ambientale, che sulle novità introdotte dall’Europa ha due perplessità. La prima è che “i controlli vengono fatti a campione, esattamente come succede per i carburanti“, con una percentuale ridicola: la legge, infatti, stabilisce che le ispezioni non debbano essere inferiori al 15%.
Ma come funziona la sorveglianza?
“Tranne alcune navi che sono in deroga tipo quelle militari, la stragrande maggioranza di chi attracca in porto deve fare una notifica all’Autorità di Sistema Portuale oppure, se non è un porto di interesse nazionale, alla Capitaneria di porto”, chiarisce l’esperto aggiungendo che questo documento “deve contenere l’elenco dei rifiuti immagazzinati a bordo che poi dovranno essere consegnati al gestore dell’impianto di trattamento e stoccaggio”.
Di tutte le navi che fanno scalo ogni anno nei porti europei, ne viene controllato il 15%.
Di più. La seconda crepa riguarda la trasparenza. Continua Grondacci: “Non si capisce neanche bene concretamente se sono almeno rispettate queste percentuali minime perchè i verbali dei controlli non vengono pubblicati”.
E se già nell’Ue le verifiche sono poche, fatte a campione e poco trasparenti, immaginiamo cosa succede nei porti “che hanno le maglie larghe”.
La Corte di Giustizia Ue sui rifiuti prodotti a bordo in seguito ad avaria
C’è poi un’altra questione. Capita che le navi si guastino e producano rifiuti, brutta roba “classificata come pericolosa. Oli del motore e pezzi di motore, ad esempio”. Che si fa in questi casi?
“C’è una sentenza del 2019 in cui la Corte di Giustizia Europea stabilisce che, finché i rifiuti sono sulla nave, non si applicano le norme sulla spedizione nemmeno alle imbarcazioni extracomunitarie”, dice l’esperto sottolineando che “è anche giusto ma potrebbe succedere che si tengano a bordo la spazzatura per poi trasbordarla in situazioni poco chiare. Si sa che le leggi arrivano solo fino a un certo punto. Basta pensare a quello che è successo con le navi dei veleni” che sono colate a picco con tutti i loro segreti.
E Grondacci lo sa bene.
“Il capitano Natale De Grazia stava venendo a indagare qui a Spezia quando è stato ucciso, nel dicembre del 1995. Io e l’avvocato Valentina Antonini abbiamo tentato di far riaprire il caso perchè De Grazia è morto per gli italiani e anche per gli spezzini. Ma non c’è stato niente da fare. Non hanno voluto indagare e hanno archiviato l’esposto”.
Quello dei rifiuti, si sa, è un bottino che risponde soltanto alle leggi del mercato.
Simona Tarzia
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.