Guerra in Ucraina: prove di un nuovo asse Russia-Cina. E l’Europa sta a guardare

L’intervista alla politologa Mara Morini

L’immobilismo dell’Europa e la propaganda dello Zar

La guerra in Ucraina è scoppiata come un fulmine a ciel sereno. O forse no. Sono anni che Putin gioca a braccio di ferro con l’Europa e con la NATO. Eppure “siamo rimasti spiazzati e forse proprio per questo Putin ha deciso di attaccare. Perchè l’Ue, oltre a essere distratta, è anche poco coesa. E lo abbiamo visto in tutte le questioni che riguardano i migranti”.
Ce lo spiega Mara Morini, professoressa associata di Scienza politica all’Università di Genova, dove insegna Politics of Eastern Europe. Osservatrice elettorale dell’OSCE-ODIHR in Russia, Uzbekistan e Moldova, e coordinatrice dello Standing Group “Russia e spazio post-sovietico” della Società Italiana di Scienza Politica, Morini osserva con occhio critico l’aggressione dell’Ucraina e punta il dito anche sulle “contraddizioni dell’Occidente” che Putin continua a mettere in evidenza per giustificare le sue prepotenze. Prima fra tutte la faccenda del riconoscimento del Kosovo che ha fatto sbottare persino il cancelliere tedesco, Olaf Scholz. Perchè “quando Putin parla di genocidio fa riferimento al Kosovo” e alle azioni degli Occidentali nel 1999, quando, per chi l’ha dimenticato, la NATO bombardò per la prima volta l’Europa. Insomma, lui starebbe facendo con il Donbass quello che l’Occidente ha fatto nei Balcani.
Precisa l’analista: “Putin ha approfittato oggettivamente di una nostra debolezza. Con cinismo, con freddezza. Non credo invece che siamo davanti a un caso di delirio di onnipotenza, almeno se con l’Ucraina si ferma qui. Altrimenti è chiaro che, come scriveva stamattina The Guardian, cominciano a esserci dubbi sulla sua stabilità mentale”.

Il putinismo come stile di leadership politica

E mentre gli Occidentali si interrogano sulla salute della psiche di un presidente che ha circa 6.000 testate nucleari a disposizione, lui toglie i sassolini dalle scarpe della storia russa. E nella sua dichiarazione di guerra elenca i torti dell’Occidente contro l’Unione Sovietica, partendo dall’intervento dell’URSS nella seconda guerra mondiale per fermare i nazisti.
“Quello della Grande Guerra Patriottica è uno dei temi sfruttati dalla narrazione presidenziale”, chiarisce Morini sottolineando che “nel 2004 aveva chiesto ad alcuni storici di riscrivere i manuali di storia proprio con questo atto di revisionismo che mettesse in luce non le caratteristiche dello Stalin del periodo del terrore, quanto la sua capacità di essere un leader che è uscito vincitore dal secondo conflitto mondiale”. E non lo farebbe per paragonarsi al dittatore ma “per diffondere il messaggio che, grazie alla sua leadership, la Russia è tornata ad essere di nuovo un’importante attore nella scena internazionale”. Alla faccia della propaganda degli USA e di Obama “che nel 2008 aveva definito la Russia una potenza regionale”.

Una guerra per riaffermare il posto della Russia nel mondo

La Russia vuole pesare di più, perchè si sente sconfitta dall’assetto geopolitico venuto fuori dalla fine della Guerra Fredda. E soprattutto vuole ridimensionare gli Stati Uniti.
C’era da aspettarselo. “Già 15 anni fa Putin, quando è intervenuto alla conferenza sulla sicurezza a Monaco nel 2007, aveva fatto un discorso molto duro, molto critico, contro quello che definisce il mondo unipolare e l’egemonia americana”, continua l’analista. Uomo avvisato mezzo salvato. “Ha pazientato 15 anni e adesso i nodi sono venuti al pettine e lui ha pensato che ci fossero le condizioni tattiche per approfittare di questa debolezza e portare avanti il suo disegno. E di certo l’Ucraina è sempre stata nella sua agenda politica”.
Una guerra, insomma, che gli serve per riaffermare il posto della Russia nel mondo e per limitare un paese ex sovietico che pende troppo verso Occidente e ha l’ambizione di unirsi alla NATO.

Kiev nel Patto Atlantico: un’ipotesi realistica?

E anche sull’Alleanza Atlantica c’è molto da mettere a fuoco.
“Siamo davvero in un paradosso – sottolinea Morini – perché c’è un conflitto in atto in Europa su una questione che in realtà non esiste sulla carta perché Zelensky, il presidente ucraino, non ha mai presentato una richiesta formale di adesione al Trattato. Lo hanno inserito in un articolo della costituzione modificata nel 2019, ma non c’è una richiesta scritta”.  E poi a luglio del 2021 la Nato aveva già risposto picche per via del conflitto nel Donbass.
Non solo. Ricorda Morini che “esiste anche il problema dell’unità del voto per accettare un nuovo membro e su questo già in passato, nel 2008, dopo il conflitto della Georgia, Polonia, Francia e Germania erano contrarie a questa adesione”. E allora? Il fatto è che “a gennaio ci sarà un vertice a Madrid dove verranno ridefiniti i concetti strategici principali della NATO, ma soprattutto a settembre ci sarà la nomina del nuovo segretario generale. Quindi un periodo di transizione e di risveglio anche per questa organizzazione che fino a qualche anno fa, come aveva detto il presidente francese Macron, era in coma” e non faceva poi così paura.

Il peso del gas e le debolezze di Biden

La questione energetica ha un peso sempre più evidente nel conflitto. Anche in termini di contrasti all’interno dell’Ue. Lo fa notare l’analista che “sulla costruzione del gasdotto Nord Stream 2, tra Germania e Russia”, dice che “ha creato imbarazzo e divisione all’interno delle istituzioni europee e provocato il rischio di ricevere delle sanzioni dal presidente americano Biden. C’è voluta Angela Merkel che si recasse negli Stati Uniti, poi in Russia, e poi da Zelensky per placare la situazione e fare accettare questo boccone amaro”. Una circostanza che “ha messo in luce quella che è appunto una delle nostre vulnerabilità: la dipendenza energetica”, continua Morini che poi mette in evidenza un’altra questione che non è di poco conto: “Putin ha fatto anche un’altro tipo di considerazione riguardo alla presidenza Biden. Ritiene che sia in un momento di difficoltà. Lo dice il consenso elettorale al minimo storico dopo il primo anno di legislatura. Biden tra l’altro deve affrontare le elezioni di mezzo periodo, a novembre, e rischia di diventare un presidente zoppo, un lame duck president, perché potrebbe perdere la maggioranza nel Congresso. L’opinione pubblica americana, infatti, è critica riguardo al disimpegno americano in Afghanistan. Quindi sicuramente una situazione non facile che Putin vuole sfruttare a proprio vantaggio”.

La Cina è vicina

In gioco c’è più del Donbass. “Ci troviamo di fronte a quella che viene definita da alcuni specialisti come una guerra di valori tra regimi liberali e illiberali”, mette in evidenza l’analista che parla di un tentativo di “ridefinire l’intero assetto internazionale”. Che posto avrà la Cina possiamo immaginarlo vista la reazione piuttosto morbida di Pechino all’invasione dell’Ucraina.
Dice Morini: “Inizialmente la Cina aveva affermato che è corretto difendere la sovranità degli Stati. Poi ieri il ministro degli Esteri ha detto che quello che sta facendo la Russia non è un’invasione militare, non è un attacco. E questo ci conferma un po’ quelle che erano insomma le sensazioni e cioè che il caso ucraino costituisca un precedente che la Cina potrà utilizzare nei confronti di Taiwan“, con un effetto domino per altre situazioni, in altre aree geografiche.

Quello di Putin, insomma, è un calcolo furbo. Perchè la Cina è dalla sua parte. L’Ue ha una linea incerta. E gli USA attraversano un periodo difficile.
“Le potenze egemoniche, raggiunto il loro picco di egemonia, non hanno più le risorse umane e soprattutto economiche per gestire diverse situazioni contemporaneamente, in diverse regioni del pianeta. E quale considerazione ha fatto Putin? Che Biden è concentrato sull’Indo-Pacifico e nella sfida contro la Cina”, sottolinea l’analista.
E non è bastato il suo America is back a cancellare l’America first di Trump e a recuperare terreno con gli alleati transatlantici, “perchè una volta tornato in Europa, come ha fatto l’anno scorso, a parlare all’Ue e alla NATO”, conclude Morini, il suo messaggio è risultato più di forma che di sostanza “e di fatto dobbiamo andare avanti da soli”.

st

Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.