Carne da cannone cercasi
Genova – L’Italia ripudia la guerra.
Eppure si sente nell’aria quella voglia di menare le mani come non si sentiva da tempo. Nessuna aggressione armata è mai stata così presente sui social e sui media come quella della Russia nei confronti dell’Ucraina, aggressione stigmatizzata da tutti i Governi europei. Dopo le campagne militari in Afghanistan, Iraq, Mali e cento altri posti, possiamo dire che finalmente, tutti uniti, siamo d’accordo che le armi non sono più, se mai lo sono state, il mezzo per risolvere le divergenze tra i popoli. Ma alcune decisioni del nostro Governo di ampia coalizione, lasciano trasparire che la volontà di applicare la diplomazia è più flebile rispetto al fascino del tuono del cannone, che riecheggia forte e chiaro anche nelle parole della Ministra Roberta Pinotti: “Giusto l’invio di armi in Ucraina”.
Peggio ancora se si parla di chiamare alle armi qui in Italia, dove il reclutamento della carne da macello da oggi è sponsorizzato con un video dal taglio eroico pubblicato su YouTube e ripreso anche dal consolato ucraino di Milano.
Per farla breve, basta essere idonei, avere i documenti e si può partire per il teatro operativo ucraino a morire per la Patria.
Per carità, chi è sottoposto ai bombardamenti russi, se ha età e preparazione necessarie, fa bene a difendere la sua terra. Ma ci sono un po’ di perplessità che galleggiano sulla pozzanghera putrescente della guerra di questi giorni.
Il primo dubbio è sulla legalità di arruolare, in territorio italiano, soldati da mandare in guerra all’estero, perchè anche se l’arruolamento avviene all’interno di un consolato, cioè in territorio ucraino, appena messo il piede sul marciapiede si torna in Italia. L’altra curiosità, ammesso che ci sia un magistrato curioso in circolazione, è capire chi è che va ad arruolarsi e se nella tranquilla quotidianità italiana ha fatto il geometra, il panettiere, il muratore. O ha fatto altro.
Il video
fp
Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.