Fine vita, primo via libera della Camera. Ora passa al Senato

L’approvazione con 253 sì, 117 contrari e 1 astenuto. Ma a Palazzo Madama la maggioranza è più risicata

Roma – “Si intende per morte volontaria medicalmente assistita il decesso cagionato da un atto autonomo con il quale, in esito al percorso disciplinato dalle norme della presente legge, si pone fine alla propria vita in modo volontario, dignitoso e consapevole, con il supporto e sotto il controllo del Servizio sanitario nazionale”.

Il testo sul fine vita, licenziato dalle commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera lo scorso 9 dicembre e poi approdato in Aula dopo una serie di rinvii, ha incassato il primo via libera di Montecitorio e ora passa all’esame del Senato dove, però la maggioranza è più risicata.
Il testo della proposta di legge è stato profondamente modificato rispetto alla versione originaria durante l’iter in commissione, subendo alcuni mutamenti anche nel corso delle votazioni da parte dell’Assemblea. Ma l’asse portante del provvedimento è rimasta immutata: si riconosce la morte volontaria medicalmente assistita, che viene equiparata alla morte naturale.
Tra le novità più importanti, apportate al testo base originario, l’introduzione dell’obiezione di coscienza per medici e personale sanitario e una specificazione più stringente delle condizioni per poter accedere al suicidio assistito, frutto di una lunga e delicata mediazione tra i relatori, Alfredo Bazoli (Pd) e Nicola Provenza (M5s), e le forze di centrodestra, che tuttavia sono rimaste sempre contrarie alla legge sia in commissione che in Aula. Un’altra modifica riguarda l’articolo sulla non punibilità dei medici: è confermata una sorta di ‘sanatoria’ per i condannati anche con sentenza di terzo grado per aver aiutato una persona a morire, ma vengono ‘ammorbidite’ le condizioni, inizialmente più dettagliate e stringenti.

Il suicidio assistito

La legge disciplina la facoltà della persona affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile di richiedere assistenza medica al fine di porre finevolontariamente ed autonomamente alla propria vita. Si intende per morte volontaria medicalmente assistita il decesso cagionato da un atto autonomo con il quale si pone fine alla propria vita in modo volontario, dignitoso e consapevole, con il supporto e sotto il controllo del sistema sanitario nazionale.

Chi può farne richiesta: i requisiti

Può fare richiesta di morte volontaria medicalmente assistita la persona che, al momento della richiesta, abbia raggiunto la maggiore età, sia capace di intendere e di volere e di prendere decisioni libere, attuali e consapevoli, adeguatamente informata, e che sia stata previamente coinvolta in un percorso di cure palliative al fine di alleviare il suo stato di sofferenza e le abbia esplicitamente rifiutate o le abbia volontariamente interrotte. Tale persona deve trovarsi nelle seguenti concomitanti condizioni: essere affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta oppure essere portatrice di una condizione clinica irreversibile, che cagioni sofferenze fisiche e psicologiche assolutamente intollerabili; essere tenuta in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente. La patologia deve essere attestata dal medico curante o dal medico specialista. La richiesta può essere revocata in qualsiasi momento.

Rapporto del medico e comitati per la valutazione clinica

Il medico deve redigere un rapporto dettagliato e documentato sulle condizioni cliniche e psicologiche del richiedente e sulle motivazioni che hanno determinato la scelta e se ricorrono i requisiti del suicidio assistito lo inoltra al Comitato di valutazione clinica, strutture che vanno istituite presso le aziende sanitarie locali.

Morte assistita uguale a morte naturale, possibile anche in casa

Una volta che il Comitato per la valutazione clinica ha dato parere favorevole, il medico richiedente lo trasmette alla direzione sanitaria dell’azienda sanitaria territoriale o alla direzione sanitaria dell’azienda sanitaria ospedaliera di riferimento che dovrà attivare le verifiche necessarie a garantire che il decesso avvenga nel rispetto delle disposizioni di legge presso il domicilio del paziente o, laddove ciò non sia possibile, presso una struttura ospedaliera e sia consentito anche alle persone prive di autonomia fisica. Il decesso a seguito di morte volontaria medicalmente assistita è equiparato al decesso per cause naturali a tutti gli effetti.

Obiezione di coscienza

Medici e personale sanitario non sono tenuti a prendere parte alle procedure per l’assistenza alla morte volontaria medicalmente assistita quando sollevino obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione. Gli enti ospedalieri pubblici autorizzati sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dalla legge. La Regione ne controlla e garantisce l’attuazione.

Nessun reato per il medico

È riconosciuta l’esclusione della punibilità per i medici e il personale sanitario. Le disposizioni contenute negli articoli 580 (istigazione o aiuto al suicidio) e 593 (omissione di soccorso) del codice penale non si applicano al medico e al personale sanitario e amministrativo che abbiano dato corso alla procedura di morte volontaria medicalmente assistita.

‘Sanatoria’ retroattiva per condannati

Non è punibile chiunque sia stato condannato, anche con sentenza passata in giudicato, per aver agevolato in qualsiasi modo la morte volontaria medicalmente assistita di una persona prima dell’entrata in vigore della presente legge, qualora al momento la volontà libera, informata e consapevole della persona richiedente fosse stata inequivocabilmente accertata e ricorressero le condizioni previste dalla legge per poter richiedere il suicidio assistito.

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