L’ex direttore dell’Agenzia Europea dei Medicinali: “Non serve un approccio comune in Ue, situazioni troppo eterogenee”
Roma – “Per persone estremamente vulnerabili la quarta dose andrebbe considerata, over 80 o con malattie note, ma per una quarta dose sopra i 50 o 60 anni generalizzata non ci sono evidenze che dia benefici, soprattutto non ci sono dati su Omicron 2 e se i dati sono su delta o Omicron 1 non possiamo prendere decisioni”. Ma su questo preciso aspetto, “un’approccio comune in Europa non è necessario: considerate le eterogeneità di status vaccinale e di misure prese dai singoli Stati, la decisione dovrebbe esser calata nel contesto di ogni paese”.
Così Guido Rasi, già direttore esecutivo dell’Agenzia Europea dei Medicinali (Ema) e docente di Microbiologia clinica all’Università Tor Vergata di Roma. “La recentissima decisione dell’Fda, l’ente regolatorio degli Usa, sulla quarta dose è molto blanda, – precisa Rasi – e dice in sostanza che si possono usare perchè hanno qualche effetto, debole, limitato nel tempo. Attendiamo la valutazione di Ema, che in genere è più cauta e precisa della Food and Drug Administration. Ma non starei a puntare troppo l’attenzione su questo, perchè su tanti aspetti l’Europa ha preso decisioni in ordine sparso, mentre sull’unica cosa su cui non c’è beneficio evidente, ovvero la quarta dose, ora ci si vuol mettere d’accordo”.
Oggi è invece fondamentale la terza dose, perchè completa il ciclo vaccinale e influisce in modo significativo sulla riduzione del rischio: “Il numero di anticorpi neutralizzanti specifici per Omicron 2 indotti da una quarta dose è percentualmente irrisoria mentre la memoria cellulare indotta dalla terza è solidissima e come si sta dimostrando ci protegge dalla malattia grave”.
Intanto l’arrivo di un vaccino aggiornato non è dietro l’angolo secondo l’esperto. Se “entro settembre arriveranno i dati di un vaccino tarato per Omicron, dovrà poi andare in produzione, quindi potrebbero esser disponibile in autunno”, conclude.
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