Dighe di Begato, il punto a sei mesi dalla demolizione. Piciocchi: “Progetto completato entro il 2025”

Dei 170mila metri cubi di macerie una parte sarà reimpiegata in edilizia, anche nella mega piattaforma logistica che Sogegross sta costruendo a Trasta

Genova – Il colpo di pinza definitivo ai 22 piani delle Dighe di Begato arriva a ottobre 2021, quando finalmente cade anche l’ultimo pezzo di cemento armato di quei 474 appartamenti diventati ormai il simbolo della sconfitta dell’edilizia popolare anni Ottanta.
Sono passati sei mesi e nel Quartiere Diamante le ruspe sono al lavoro per liberare le aree destinate “alle due palazzine che saranno il prototipo di quella che è stata chiamata casa Arte perchè è il futuro dell’edilizia residenziale pubblica”, spiega l’assessore ai Lavori pubblici e Manutenzioni Pietro Piciocchi, che aggiunge che “si parla di immobili costruiti secondo i canoni dell’efficienza energetica e i più moderni standard di qualità” per superare quella logica secondo cui le case popolari potevano essere costruite con materiali scadenti.
A queste due palazzine e alla rigenerazione del civico 11 di via Cechov, l’unica piccola porzione della Diga Bianca rimasta in piedi, si aggiungerà “la realizzazione di alcuni spazi verdi”. A occuparsene sarà A.R.T.E. Genova, individuato come soggetto attuatore, che utilizzerà il finanziamento da 15 milioni di euro ottenuto dal Mims: “Contiamo che tutto verrà realizzato entro il 2025”, garantisce Piciocchi.

Il nodo dei detriti e delle polveri

Ogni demolizione che si rispetti ha i suoi detriti. E nel caso delle Dighe si parla di 170mila metri cubi di macerie. Che fine fanno? E soprattutto: come sono trattate?
“Prima di portarli nei siti di conferimento, i detriti sono trattati secondo procedure vigilate da Asl e Arpal”, risponde Piciocchi che poi precisa che “uno di questi siti è a Trasta” e quindi assicura che “si tratta di rocce da scavo che non sono inquinate, che sono state esaminate, e che possono essere riutilizzate nel ciclo dell’edilizia”. Nello specifico, la parte di detriti che si possono reimpiegare “finiranno proprio nei cantieri di Trasta, in particolare quello della mega piattaforma logistica che sta costruendo Sogegross“.
Parlando di Trasta, il borgo che ospita il campo base del terzo Valico dove oggi finiscono anche le macerie delle Dighe, c’è preoccupazione tra i residenti che vedono lavorare il trituratore 24 ore su 24. Allarmano soprattutto le polveri ma Piciocchi assicura che “i processi legati a questi materiali sono monitorati da una molteplicità di enti”. E quindi fa l’esempio del waterfront dove “una porzione dell’area è risultata contaminata da idrocarburi. Lì abbiamo avviato una procedura di bonifica con la Città metropolitana, Asl e Arpal, e abbiamo rimosso le terre inquinate per conferirle nei siti deputati a riceverli, in Piemonte e in Lombardia. Solo la parte buona è finita ai cantieri cittadini che ne avevano bisogno”.

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Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.