Condanna passata in giudicato per il clan Raso-Gullace-Albanese. Rinviati ad appello-bis i Gagliostro-Parrello
Roma – Ha retto anche davanti alla Corte di Cassazione l’impianto accusatorio del Gup Olga Tarzia, che nel primo grado del rito abbreviato del processo Alchemia aveva messo nero su bianco come le ramificazioni della cosca Raso-Gullace-Albanese di Cittanova fossero riuscite a insinuarsi tra imprenditori e politici del Nord Italia, tanto che la ‘ndrina non ci aveva pensato un momento a finanziare i movimenti Sì TAV per sostenere chi poteva garantirle lavori e appalti.
I giudici, riunitisi ieri ma la cui decisione è uscita nella tarda mattinata di oggi, hanno confermato la condanna a 6 anni e 8 mesi per il genovese residente ad Antonimina (RC), Antonio Raso, figlio del capo locale di Canolo (RC) Giuseppe Raso, detto “l’avvocaticchio”.
8 anni e 2 mesi sono andati a Fabrizio Accame, savonese residente ad Albenga dove nel 2014 era candidato alle amministrative con il centrosinistra, la cui condanna è passata in giudicato. Accame, che è stato consigliere comunale e coordinatore a livello locale della Margherita, aveva scelto di non presentare ricorso.
Appello da rifare, invece, per i presunti ‘ndranghetisti di Palmi Pietro Parrello, Barone Adolfo e Barone Pietro Giovanni.
La Corte ha poi condannato Raso al pagamento delle spese processuali e alla “rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalle parti civili” – cioè il Comune di Cittanova, Antonio Cento, la Zomaro Resort Società Cooperativa Agricola, la Casa della Legalità e della Cultura, l’Associazione Nazionale Vittime Usura Estorsioni e Racket, la Federazione antiracket -, e ha rimesso “alla Corte d’Appello di Reggio Calabria la regolamentazione delle spese delle parti civili sopra indicate nei confronti di Pirrello Pietro, Barone Adolfo e Barone Pietro Giovanni”.
Nino Cento, la Casa della Legalità, le associazioni antiracket e la cooperativa Zomaro sono rappresentate dall’avvocato Maria Stella Morabito.
Gli imputati del processo Alchemia, il cui rito ordinario è arrivato in appello il 9 marzo scorso, sono stati tutti catturati nel 2016 dopo un’operazione coordinata dalla DIA di Genova insieme ai servizi operativi dello SCO di Genova e Reggio Calabria che ha portato a 40 arresti e a sequestri di beni e imprese per un valore di circa 40milioni di euro, confermati con l’adozione delle misure di prevenzione da parte del Tribunale di Reggio Calabria.
Simona Tarzia
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.