A Milano un 25 Aprile trasfigurato dalla guerra in Ucraina

“La Nato incarna i valori della Resistenza”

Milano – Dopo gli attacchi a 360 gradi piovuti sull’Anpi guidata da Gianfranco Pagliarulo, si aspettava la manifestazione di oggi a Milano per registrare la reazione del popolo antifascista. Chi ha usato la guerra in Ucraina e i suoi facili parallelismi per chiudere i conti con l’associazione, che da 77 anni tiene tiene viva la memoria della Resistenza italiana, può dirsi deluso: in settantamila hanno sfilato per il centro cittadino, dopo due anni di blocco imposto dalla pandemia. E può dirsi deluso anche chi si aspettava scontri e tensioni per specularci sopra e infliggere un ulteriore colpo a questa giornata di festa, colorata in prevalenza dall’arcobaleno della pace.

La memoria selettiva permette la costruzione di una storia à-porter

Nonostante questo, non si può dire che la manifestazione si sia ripetuta come gli altri anni. Le polemiche dei giorni precedenti hanno lasciato il segno e soprattutto hanno dato il via alle provocazioni: mai negli anni precedenti si era vista in corteo la bandiera della Nato, così come quella degli Stati Uniti. Molti non sapevano neanche come fosse fatta la bandiera della Nato prima della proposta polemica di Davide Romano, direttore del Museo della Brigata Ebraica. Oggi hanno potuto scoprirlo, visto che il piccolo gruppo che le sbandierava ha fatto di tutto per farsi notare.  “La Nato incarna i valori della Resistenza – tuona un ragazzo che regge lo striscione in testa al corteo – sono democrazie liberali che si uniscono e si difendono a vicenda dagli aggressori”. La memoria selettiva permette la costruzione di una storia à-porter.

Il look dei compagni non è esattamente di sinistra. I crani rasati abbondano, così come i tatuaggi. In seconda fila, un uomo rasato e corpulento sfoggia sulla maglietta le due lettere centrali del battaglione Azov, il battaglione ucraino nato con la guerra del Donbass e accusato dall’Osce e dall’Alto Commissariato Onu per i diritti umani di crimini di guerra e tortura.

Anche i City Angels

Poco dietro sfila la Brigata ebraica, che, all’incrocio tra Corso Venezia e via Senato, viene contestata dai centri sociali. La differenza è che quest’anno la brigata viene “difesa” (ci sono state solo urla di contestazione) dal cordone dei City Angels, associazione di volontariato che vorrebbe richiamarsi ai caschi blu dell’Onu.  Perché “Gli angeli della solidarietà e della sicurezza”, come gli piace definirsi sul loro sito, siano stati impegnati in questa missione, invece di soccorrere senzatetto e bisognosi, resta un mistero. Nei giorni scorsi Walker Meghnagi, presidente della comunità ebraica di Milano, aveva ricordato le minacce subite due anni fa. Meglio sarebbero stati allora dei veri agenti a protezione.

In mezzo al corteo una lunghissima bandiera dell’Ucraina sfila sorretta da molte donne e ragazze. Inneggiano all’Ucraina e agli “eroi combattenti”.  L’epica bellicistica, per quanto umanamente comprensibile, non è ancora al suo apogeo.

La Siria? “È fuori dall’Europa”

Lo si raggiunge in piazza del Duomo quando, dopo i discorsi del Sindaco Sala (che parlando con i giornalisti si era detto favorevole all’invio di armi in Ucraina) sul palco prende la parola Iryna Yarmolenko, consigliera comunale di Bucha: “Sono una partigiana come nella vostra canzone- ha esordito citando Bella ciao – In un momento Putin ha rovinato il più bel periodo di pace che ci sia stato in Europa”. Non è l’unica a sostenerlo: l’unica cosa che importa è l’Europa. Tutto ciò che succede fuori da quest’entità geografica e politica dai confini fluttuanti non importa. Le altre guerre non esistono. Siria, Yemen, Libia, Afghanistan, Iraq, per nominare solo le guerre a noi più vicine, non esistono. Non esistono nemmeno gli altri massacri compiuti dalla Russia di Putin per chi è subito pronto ad accusare gli altri di filoputinismo: La Siria? “E’ fuori dall’Europa” – risponde un militante con bandiera della Nato.

“Non c’è più pace per nessuno in Europa – ha proseguito la Yarmolenko, che ha elegantemente  concluso il suo intervento chiedendo “strumenti di protezione” per le forze ucraine per i loro confini.

Unica voce dissonante in questo contesto, quella del segretario della Cgil, Maurizio Landini “non sono d’accordo che di fronte alla guerra voluta da Putin, la risposta sia quella di riarmare tutto il mondo… Noi non abbiamo bisogno di spendere più soldi in armi. Noi abbiamo bisogno di spendere nella salute delle persone, nel creare lavoro nella difesa dell’ambiente”. Molte le urla di apprezzamento del popolo pacifista, ma numerose anche le contestazioni da parte degli ucraini presenti.

cp