Parlamento emarginato, ridotto a ratificare le decisioni dell’esecutivo
Le Camere hanno dato una delega al governo sull’invio di armi, fino al 31 dicembre. Rischiamo di entrare in guerra senza che il Parlamento ne discuta?
“La risoluzione votata dalla Camere è un suicidio. Da tempo si parla di emarginazione del Parlamento, ormai ridotto a ratificare le decisioni del governo e a occuparsi di questioni minori. L’assenza, in un momento di crisi così grave, dell’organo di rappresentanza popolare è preoccupante: l’inazione più che discendere dall’arroganza del governo, dipende da un’incomprensibile timidezza del Parlamento che ha paura di far sentire la sua voce. E quando il Parlamento ha paura di parlare bisogna preoccuparsi”.
Lo ha detto Gaetano Azzariti, costituzionalista della Sapienza, al Fatto Quotidiano.
La lista delle armi che abbiamo inviato e invieremo è pure secretata. “È una vicenda assurda – continua Azzariti -. Il Parlamento poteva decidere di fornire armi, la stragrande maggioranza di deputati e senatori ha ritenuto opportuno adottare la risoluzione, anche su sollecitazione degli altri Paesi. È una questione politica controversa, ma prendiamone atto.
Quello che invece è incomprensibile è la scelta di dare una delega in bianco al governo, rinunciando al controllo su atti politicamente molto impegnativi. Una totale dismissione di responsabilità”.
E poi sulla cessione delle armi ribadisce che “c’è poco fare, fino a fine anno sarà il governo a decidere senza essere obbligato a comunicazioni pubbliche ulteriori, anche perchè la lista degli armamenti inviati è secretata. Però il Parlamento può chiedere al presidente del Consiglio e ai ministri competenti di riferire – almeno – ai presidenti delle commissioni esteri e difesa delle Camere. Mi sembra il minimo, in un regime democratico”.
Resta il fatto che l’Italia ripudia la guerra e non è consentita alcuna deroga alla guerra difensiva. Oppure no?
“Il diritto costituzionale e il diritto internazionale sono stati sovrapposti. La Costituzione è stata fraintesa: l’articolo 11, che prescrive il ripudio della guerra, non può essere utilizzato per legittimare nessuna guerra. Le limitazioni di sovranità sono chiaramente finalizzate al conseguimento della pace. L’articolo 11fu scritto per permettere la partecipazione dell’Italia all’Onu, la cui finalità era ed è il mantenimento della pace tra le Nazioni. Voler utilizzare questo articolo per legittimare i vincoli Nato è un’applicazione per analogia priva di fondamento. La Nato non ha la finalità di costruire la pace, è un’alleanza difensiva”.
Tiene a precisarlo il costituzionalista che poi aggiunge un commento anche sull‘articolo 52, spesso citato a sproposito: “È ovvio che il sacro dovere di difendere la patria si riferisce all’Italia. Ma voglio dire che anche tutti gli altri articoli che parlano di guerra – il 78, che stabilisce le forme per la dichiarazione dello stato di guerra, l’87 che dice che il presidente della Repubblica dichiara la guerra, il 60 che statuisce la possibilità di prorogare le Camere in caso di guerra – parlano di guerra difensiva in ambito nazionale“.
Purtroppo il concetto di guerra si è trasformato. Travestito con mille altre formule: dall’operazione militare speciale di Putin alle missioni di pace in Afghanistan. È giunto il tempo di ridefinire il concetto di guerra. Da dove derivano i vincoli internazionali? “Dalla Carta dell’Onu, anche se è difficilmente applicabile visto che la Russia ha potere di veto nel Consiglio di sicurezza. L’articolo 51 dello Statuto legittima la guerra del popolo ucraino perché rientra in quel che è stato definito il ‘diritto naturale di autotutela individuale e collettiva’. Ed è sempre la Carta dell’Onu a condannare Putin: all’articolo 2, comma 4 stabilisce che la responsabilità della guerra è dello Stato invasore. Ma per le nazioni non belligeranti valgono gli articoli dal 51 al 54: gli altri Stati devono adottare iniziative straordinarie finalizzate alla pace e alla sicurezza internazionale”, conclude il costituzionalista.
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