Premiato il lavoro di squadra. Una menzione è andata anche ai giornalisti ucraini
New York – Più che i singoli giornalisti e le individualità, gli staff, le testate e il lavoro collettivo. I principali Premi Pulitzer 2022 vanno infatti direttamente al Washington Post e al New York Times, il primo premiato per la copertura a “The Attack”, l’attacco al Congresso e alla democrazia americana nel suo complesso il 6 gennaio 2021, il secondo per l’inchiesta sulle pratiche controverse utilizzate dalla polizia in tutti gli Stati Uniti che hanno portato alla morte di centinaia di persone disarmate e, nella sezione internazionale, per il suo reportage sui fallimenti della guerra aerea in Medio Oriente e il suo alto costo di vite civili.
E poi lo staff del Miami Herald per la copertura del crollo del complesso residenziale a Surfside, Miami Beach, dove morirono 98 persone. Quindi al Los Angeles Times è andato il Pulitzer per la copertura della ritirata americana dall’Afghanistan e a cinque fotografi dell’agenzia Getty Images – Win McNamee, Drew Angerer, Spencer Platt, Jon Cherry e Samuel Corum – il riconoscimento per le straordinarie foto scattate in mezzo all’assedio al Congresso americano.
Infine, una menzione è andata anche ai giornalisti ucraini per “il coraggio, la resistenza, l’impegno” che hanno dimostrato nel corso della guerra scatenata dalla Russia contro la loro nazione.
Premiato il lavoro di squadra
Più che il lavoro individuale, le firme, le “prime donne”, le personalità, il merito riconosciuto del fare informazione viene quindi attribuito al lavoro di squadra, come ormai richiede sempre più il giornalismo nell’era di internet e dei social, e in particolare quello investigativo e di denuncia.
Certo, poi ci sono anche le individualità e il Pulitzer 2022 non le nega, ma le riconosce e le premia. Infatti, per il giornalismo investigativo riconosce valore a Corey G. Johnson, Rebecca Woolington ed Eli Murray, del Tampa Bay Times, per una serie di articoli dell’inchiesta che ha rivelato le esalazioni tossiche e i danni ambientali provocati dall’unico impianto di riciclaggio di batterie per auto in Florida e che ha portato a interventi per garantire la sicurezza dei lavoratori. Ma anche in questo caso si tratta del riconoscimento al lavoro che vede tre giornalisti operare in equipe. Scrive di sé il primo, Corey G. Johnson: “Sono nato e cresciuto ad Atlanta, in Georgia, e ho assaporato ogni sapore di soffocamento sportivo professionale conosciuto dall’uomo. Ho camminato con orgoglio sulle colline della Florida A&M University, ma questa è la mia prima volta a sud di Tallahassee. La gente dice di non aver mai visto me o Colombo nello stesso posto, allo stesso tempo, ma ehi, non lasciamoci distrarre dalle voci. Sappi solo che il mio cuore e la mia mente sono aperti. Mi interessa la sofferenza e inseguo le storie che contano. Ascolterò le persone che sono state danneggiate e messe da parte. Adoro i dipendenti pubblici che credono nella missione ma preferiscono restare in disparte. Noi del Times vogliamo entrare in contatto con te. Colpiscimi in qualsiasi momento. Le mie labbra sono sigillate”.
Quanto a Rebecca Woolington e Eli Murray, la prima è l’editore investigativo del Tampa Bay Times che scrive storie che “portano alla luce le malefatte e ritengo i potenti responsabili”. È entrata per la prima volta nel team investigativo del Times nel 2018 per occuparsi di questioni ambientali mentre Murray si occupa per il suo giornale di “codificare”, cioè usare il codice per creare grafica, elaborare numeri su indagini nazionali e nazionali e scrivere software per la pubblicazione. Gli e’ sempre piaciuto “risolvere enigmi logici”.
Anche allo staff del Quanta Magazine è andato il premio per la “reportistica esplicativa”, ma in quest’ambito si è distinta Natalie Wolchover, che è redattrice senior del magazine e si occupa di scienze fisiche. Ha anche scritto per Nature, NewYorker.com, Popular Science e varie altre pubblicazioni. Ha una laurea in fisica presso la Tufts University, ha studiato fisica a livello universitario presso l’Università della California, a Berkeley, ed è coautrice di numerosi articoli accademici.
Con la motivazione per “un esame approfondito della lunga storia della città – Chicago – e della mancata applicazione del codice di sicurezza edilizia e antincendio, che ha permesso ai proprietari di commettere gravi violazioni che hanno provocato dozzine di morti inutili”, il Pulitzer è stato poi assegnato anche a Madison Hopkins della Better Government Association e Cecilia Reyes del Chicago Tribune. Due donne, la prima è giornalista investigatrice per la Better Government Association e ha conseguito il master presso la Medill School of Journalism della Northwestern University nell’agosto 2016. Durante il periodo scolastico, ha lavorato come assistente di ricerca per il Chicago Tribune nel dipartimento investigativo e ha contribuito a riportare progetti presso l’Invisible Institute e Wbez. La seconda è una giornalista bilingue della squadra investigativa del Tribune, entrata nel 2016. Il suo lavoro ha rivelato i fallimenti del governo che hanno contribuito a fatali incendi domestici a Chicago, difetti nelle leggi sulle licenze di armi dell’Illinois e disparità razziali nei prezzi e nella perdita di acqua potabile nella regione. Reyes è nata e cresciuta a Città del Messico.
A Jennifer Senior di The Atlantic è andato il premio per la “scrittura caratteristica” sulla base di un ritratto incrollabile della resa dei conti di una famiglia nel corso dei 20 anni dall’11 settembre, “intrecciando magistralmente il legame personale dell’autore con la storia con resoconti sensibili che rivelano la lunga portata del dolore”. Jennifer, dello staff del giornale, è anche autrice di “All Joy and No Fun: The Paradox of Modern Parenthood”, che ha occupato per ben otto settimane l’elenco dei best seller del New York Times ed è stato annoverato come uno dei primi dieci libri del 2014. In precedenza è stata editorialista e critica di libri per il New York Times e scrittrice di lungometraggi per la rivista New York.
I fotoreporter
Infine, dopo il gruppo dei cinque fotoreporter di Getty Images premiati per le foto dell’assalto al Congresso Usa e Reuters che ha vinto nella categoria della fotografia per la sua copertura della pandemia di Coronavirus in India, un premio è stato attribuito anche a Marcus Yam, del New York Times, “per le immagini crude e urgenti della partenza dei militari degli Stati Uniti dall’Afghanistan, che catturano il costo umano del cambiamento storico nel Paese”.
Yam, corrispondente estero e fotografo del Los Angeles Times, è nato e cresciuto a Kuala Lumpur, in Malesia, ha lasciato una carriera nell’ingegneria aerospaziale per diventare fotografo.
Il suo obiettivo: portare gli spettatori in prima linea nel conflitto, nella lotta e nell’intimità. Il suo approccio è profondamente radicato nella curiosità e nella tenacia. Nel 2019, Yam ha ricevuto il Robert F. Kennedy Human Rights Journalism Award per il suo lavoro incrollabile che documenta la difficile situazione quotidiana degli abitanti di Gaza durante gli scontri mortali nella Striscia. Insomma, vince la modernità e l’evoluzione del giornalismo intelligente, che attraverso il lavoro umano sa valorizzare al meglio anche l’intelligenza più o meno artificiale delle tecnologie investigative.
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