L’adesione nei tribunali di tutta Italia all’agitazione proclamata contro la riforma della giustizia è stata al 48%
Roma – Lo sciopero dei magistrati è stato “una richiesta di ascolto” alla politica rispetto a una “riforma che mette a rischio l’indipendenza”. Lo ha detto il Segretario generale dell’Anm, Salvatore Casciaro (Magistratura Indipendente) .
“L’Anm – ha aggiunto – non poteva non fare sentire la propria voce”.
Poi sulla scarsa partecipazione dei magistrati alla protesta di ieri – le adesioni si sono fermate al 48%, con punte fino al 73% a Bologna – ha aggiunto che “non è stato un flop. Non credo che coloro che non hanno scioperato siano in sintonia con la riforma del governo. Ne è riprova il fatto che in assemblea il 30 aprile tra chi si è dissociato dallo sciopero ce ne sono stati alcuni che lo hanno fatto ritenendo che fosse troppo blanda come protesta”.
E a Roma, in effetti, in tanti hanno aderito alla protesta ma non si sono astenuti dal lavoro.
Cosa dice l’Associazione Nazionale Magistrati sulla riforma della giustizia
“La riforma dell’ordinamento giudiziario elaborata dal Governo, pur presentando alcuni aspetti condivisibili, solleva forti preoccupazioni, per l’introduzione di alcuni istituti che rischiano di incidere profondamente sull’indipendenza ed autonomia della magistratura”.
Lo scrive l’Anm.
“La riforma risulta interamente incentrata al perseguimento degli obiettivi di smaltimento dell’arretrato, imposti dal Pnrr che, più che ambiziosi, appaiono irraggiungibili nei tempi indicati e con le risorse a disposizione; tutta la riforma mira ad aumentare la sola quantità della risposta giudiziaria, senza riservare alcuna attenzione alla qualità”.
“Il complessivo impianto della riforma – prosegue il documento approvato dall’Associazione nazionale magistrati – rischia di stravolgere il modello costituzionale del magistrato, incidendo profondamente sulla sua autonomia ed indipendenza, sia nei rapporti con gli altri poteri dello Stato, sia nei rapporti interni all’ordine giudiziario, con conseguente ripercussione sulla qualità della giurisdizione. Vogliamo una giustizia più celere, ma non vogliamo una giustizia sommaria, ispirata soltanto alla logica dei numeri e delle statistiche, com’è quella che emerge dall’impianto della riforma. C’è il pericolo che attività fondamentali per l’amministrazione della giustizia vengano compresse senza un necessario bilanciamento con i diritti costituzionali che sono chiamate a garantire”.
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