Perquisita anche l’abitazione del giornalista Mondani
Nella trasmissione Report andata in onda ieri sera, Paolo Mondani ha provato a ricostruire, a distanza di trent’anni i possibili legami tra destra estrema e mafia. Infatti, a Capaci, luogo dell’attentato a Falcone sarebbe stato presente Stefano delle Chiaie, leader di Avanguardia Nazionale.
Chi sono Lo Cicero e Mariano Tullio Troia
Nella nota stampa della Procura di Caltanissetta si legge che sono di interesse “le interviste al Luogotenente dei Carabinieri in congedo Walter Giustini ed alla signora Maria Romeo, dalle quali è emerso complessivamente che, nel corso delle indagini condotte nel 1992 dai Carabinieri del Gruppo 1 – Palermo, coordinate dalla Procura di Palermo, sono state fornite da parte di Alberto Lo Cicero, prima quale confidente e poi quale collaboratore di giustizia, preziose informazioni circa la preparazione della strage di Capaci, nonché circa la funzione svolta da Biondino Salvatore quale autista del latitante Salvatore Riina, molti mesi prima che lo stesso venisse catturato in compagnia dello stesso Biondino”.
Uno dei personaggi di rilievo è Mariano Tullio Troia, boss mafioso di Palermo, soprannominato U’Mussolini per la sua dichiarata appartenenza politica,
L’autista del boss è Alberto Lo Cicero, informatore della polizia e poi pentito, che, secondo i documenti raccolti dal giornalista Paolo Mondani, era il contatto del Brigadiere Walter Giustini. Lo Cicero avrebbe indicato agli inquirenti la strada giusta per catturare Riina nel 1991, pochi mesi prima della strage di Capaci e due anni prima del suo arresto.
La Procura di Caltanissetta bolla come inverosimili queste dichiarazioni e “totalmente smentite dagli atti acquisiti da questa Procura sia presso gli archivi dei Carabinieri, sia nell’ambito del relativo procedimento penale della Procura di Palermo. Il riscontro negativo emerge dalle trascrizioni delle intercettazioni ambientali fatte nei confronti del Lo Cicero, prima della sua collaborazione, nonché da tutti i verbali di sommarie informazioni e di interrogatorio dallo stesso resi prima dei su indicati eventi. In particolare, nel corso delle sommarie informazioni in data 25 agosto 1992, il Lo Cicero dichiara di aver riscontrato delle anomalie nel comportamento di alcuni uomini d’onore poco prima della strage di Capaci, pensando però che volessero organizzare qualcosa per ucciderlo (il Lo Cicero era già stato vittima di un tentato omicidio nel dicembre del 1992), concludendo “mai avrei pensato quello che poi è avvenuto” (e cioè la suindicata strage)”.
Un’altra verità
Ma l’ex Brigadiere Walter Giustini racconta un’altra verità o quantomeno un’altra possibile sequenza di fatti che cambierebbe di molto la patria delle stragi di Falcone e di Borsellino
Giustini dice che Alberto Lo Cicero lo avvertì di aver notato che “Totò Riina veniva accompagnato da Salvatore Biondino” durante le riunioni di Cosa Nostra nella proprietà di Mariano Tullio Troia.
Biondino, catturato nel 1993 con Riina e condannato all’ergastolo per l’omicidio di salvatore Lima, la strage di Capaci e quella di via D’Amelio, era noto ai Carabinieri che avrebbero potuto pedinarlo e intercettarlo.
Anche sul ruolo di Biondino la Procura ha una versione differente: “Per quel che riguarda la rilevanza di Biondino Salvatore, il Lo Cicero ha affermato, sia nel corso delle discussioni intercettate, che nell’ambito degli interrogatori antecedenti alla cattura di Salvatore Riina, che il detto Biondino era l’autista del latitante Gambino Giacomo Giuseppe, arrestato già diversi anni prima delle dichiarazioni in esame, non facendo in alcun modo menzione del Salvatore Riina, se non in data 22.1.1993 (cioè in data successiva alla cattura del detto latitante): “vedendo la sua immagine proprio sui giornali e in televisione, mi sono ricordato che quella persona l’ho vista qualche volta nella villa del Troia”.
Delle Chiaie nel tunnel dove fu messo il tritolo
In questa storia, dove la Procura difende l’operato degli inquirenti fatto trent’anni fa, e Report avanza dubbi sulla sequenza dei fatti e sul ruolo di politica e mafia, di certo sappiamo che Lo Cicero è di Capaci e che la sua compagna, Maria Romeo, a Paolo Mondani, ha raccontato che nei giorni precedenti la strage Delle Chiaie avrebbe fatto un sopralluogo in un tunnel dove poi fu effettivamente messo il tritolo.
Su questo aspetto, nella nota, la Procura di Caltanissetta dichiara “di aver già espresso il proprio convincimento circa la sussistenza di mandanti e concorrenti esterni nella strage di via D’Amelio, chiedendo nel processo per il c.d. depistaggio la condanna degli imputati con la contestata aggravante di mafia, riguardante la finalità di coprire le alleanze di alto livello di cosa nostra in quel periodo. Tuttavia, le difficilissime indagini che possono consentire l’accertamento della verità devono essere ancorate ad elementi di fatto solidi e riscontrati. Per tali motivi questo Ufficio, che si era imposta la rigorosa consegna del silenzio, è costretto ad intervenire per smentire notizie che possano causare disorientamento nella pubblica opinione e profonda ulteriore amarezza nei prossimi congiunti delle vittime delle stragi, che si verrebbe a sommare al tremendo dolore sofferto.
Il giornalista di Report non è indagato
Ed è proprio per verificare la genuinità delle fonti che questa Procura ha disposto una perquisizione a carico di un giornalista di Report, che non è indagato. Tale perquisizione non riguarda in alcun modo l’attività di informazione svolta da tale giornalista, benché la stessa sia presumibilmente susseguente ad una macroscopica fuga di notizie, riguardante gli atti posti in essere da altro ufficio giudiziario. Infatti, secondo quanto accertato da questo Ufficio, in una occasione, il detto giornalista avrebbe incontrato il suindicato Luogotenente in congedo Giustini, non per richiedergli informazioni, ma per fargli consultare la documentazione in possesso di esso giornalista in modo che lo stesso Giustini fosse preparato per le imminenti sommarie informazioni da rendere a questa Procura. E’ necessario verificare la natura di tale documentazione posta in lettura al Giustini, che presumibilmente costituisce corpo del reato di rivelazione di segreto d’ufficio relativo alla menzionata attività di altra autorità requirente. Tale accertamento è tanto più rilevante in considerazione dell’importanza che Giustini attribuisce a tale documentazione, nonché a seguito delle contraddittorie versioni fornite da quest’ultimo in materia di comunicazione nel 1992 delle informazioni da parte dell’Arma all’Autorità Giudiziaria di Palermo”.
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