Camorra, è morto in carcere Cosimo Di Lauro

La procura di Milano ha aperto un fascicolo per omicidio colposo

Milano – È morto nel carcere di Opera, dov’era detenuto in regime di 41-bis, il boss della camorra Cosimo Di lauro, reggente dell’omonimo clan napoletano. Aveva 49 anni. Sono ancora ignote le cause del decesso. Per lui il regime del carcere duro era scattato un mese dopo l’arresto, nel 2005, durante la faida di Scampia a Napoli.

La procura di Milano ha aperto un fascicolo d’indagine sulla morte del boss. L’ipotesi di reato è omicidio colposo a carico di ignoti. Il magistrato, Roberto Fontana, ha anche disposto, in un’ottica”prudenziale, l’autopsia sul corpo di Di Lauro più una consulenza medico-legale e una tossicologica.

Chi era “Il principe” che ha ispirato la figura di Genny Savastano

‘Il principe’, ‘The designer don’. Cosimo Di Lauro, classe 1973, nella galassia del crimine organizzato di Napoli si era guadagnato un posto di primo piano ben prima di diventare il reggente dell’omonimo clan, nel periodo in cui il quartiere di Scampia entrò nelle cronache internazionali per la cruenta lotta tra cosche legata al controllo di quella che era la piazza di spaccio più grande d’Europa.

Il primo soprannome glielo avevano regalato i cronisti, anche perchè era il primogenito di Paolo Di Lauro, detto ‘Ciruzzo ‘o milionario’, capoclan di quel quartiere dell’area Nord di Napoli che aveva creato un impero sullo spaccio di droga grazie ai suoi contatti nella penisola iberica che gli assicuravano fiumi di stupefacenti per alimentare la sua rete di pusher.

Il secondo era legato alla sua passione per gli abiti, gli accessori e gli oggetti firmati e vistosi. Quando Paolo Di Lauro divenne latitante, nel settembre 2002, la gestione della cosca passò naturalmente nelle mani di Cosimo, che centralizzò sempre di più l’affare droga, uno di quelli più redditizi del gruppo criminale, delegando nelle mani dei capi piazza il commercio al minuto in cambio del pagamento di una ‘tassa’. A lui, secondo più di un pentito, si deve anche un’epurazione interna: avrebbe liquidato a colpo di agguati dei vecchi affiliati, sostituendoli con elementi più giovani e più violenti a lui fedeli.
Una scelta che scatenò il malcontento e poi, a ottobre 2004, la ribellione di un gruppo legato a Cesare Pagano e Raffaele Amato, elementi di punta dei Di Lauro che diverranno poi noti come scissionisti, e che alla nuova cosca da loro creata portarono in dote i contatti di Spagna per l’approvvigionamento di droga.
Una sfida che nel giro di pochi mesi fece decine di morti a Napoli e che è nota come prima faida di Scampia, ispiratrice del romanzo di Roberto Saviano ‘Gomorra’ e poi dell’omonima serie. Proprio nella serie, la figura di Genny Savastano sarebbe ispirata a Cosimo Di Lauro.

Il boss era stato arrestato il 21 gennaio 2005, nel rione denominato Terzo mondo del quartiere di Secondigliano, altro fortino della criminalità organizzata e della famiglia di Lauro. Per impedire che fosse ammanettato, contro le forze dell’ordine ci fu anche un lancio di oggetti dai balconi. Nove mesi più tardi venne arrestato anche il padre Paolo, nascosto in una casa poco lontano dall’abitazione di famiglia in via Cupa dell’Arco. Nel febbraio 2008, la condanna a 15 anni dicarcere per associazione a delinquere di stampo mafioso. Il 13 dicembre 2008 un ergastolo per aver ordinato l’omicidio di Gelsomina Verde, l’ex fidanzata di un affiliato passato dalla parte degli scissionisti, Gennaro Notturno, torturata e uccisa perché ne rivelasse il nascondiglio il 21 novembre 2004, il cui corpo venne dato alle fiamme. di recente, Cosimo di Lauro era stato condannato, sempre all’ergastolo, per gli omicidi di Raffaele Duro e Salvatore Panico, e di Federico Bizzarro, avvenuti a Mugnano prima della faida del 2004.