Un pestaggio dettato da un “impulso violento” messo in atto da mani esperte, quelle dei fratelli Gabriele e Marco Bianchi
Sulla tragica fine di Willy Monteiro Duarte domani arriverà la sentenza di primo grado. A Frosinone i giudici della Corte d’Assise sono chiamati a decidere sui due ergastoli sollecitati dall’accusa per i fratelli di Artena a cui viene contestato l’omicidio volontario, così come per gli altri due del branco, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli per i quali è stata chiesta una condanna a 24 anni.
“Attendiamo con serenità questa sentenza così come abbiamo affrontato l’intero processo – afferma l’avvocato Domenico Marzi, legale della madre e della sorella di Willy -. Gli elementi raccolti su questa tragica vicenda sono a mio avviso univoci”.
L’aggressione
Il 21enne venne aggredito a morte la notte del 6 settembre del 2020 davanti ad un locale di Colleferro, centro in provincia di Roma. Un blitz di violenza senza alcun motivo. Una “azione del tutto spropositata” e “aggressiva con esiti letali”, come hanno scritto i pm di Velletri nelle repliche trasmesse nei giorni scorsi alle parti. Secondo l’impianto accusatorio “appare evidente, come non vi fosse alcun elemento per giustificare una condotta di quel tipo” e messa in atto “utilizzando” una banale discussione nata fuori ad un locale.
“Hanno dato sfogo al loro impulso violento”
Quella notte i fratelli Bianchi hanno dato “sfogo al loro impulso violento, approcciandosi alla folla – scrivono i pm – con il solo intento di ledere e non recedendo dal proprio proposito criminoso nonostante i tentativi “di alcuni presenti ” di spiegare come non vi fosse assolutamente la necessità di adoperare violenza”. Per l’accusa, di fatto, non esiste un movente per quanto accaduto a Willy. Un quadro di violenza “così banale che si può definire come “non movente”, afferma l’accusa.
Nel posto sbagliato al momento sbagliato
Nella requisitoria del 12 maggio scorso i rappresentanti dell’accusa hanno ricostruito le fasi del pestaggio. Sostanzialmente Willy si è trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato. “L’azione è partita da Marco e Gabriele Bianchi ma poi si salda con quella di Belleggia e Pincarelli e diventando una azione unitaria – hanno spiegato i pm -. Quello che e’ successo a Willy poteva capitare a chiunque altro si fosse trovato di fronte al branco. Un ruolo centrale nella requisitoria ha avuto il modus operandi dei quattro e in particolare la conoscenza della Mma, l’arte marziale di cui i Bianchi sono esperti.
Una tecnica che è stata utilizzata come arma per “annientare il contendente” e di “farlo senza considerare le conseguenze dei colpi”. Il pestaggio e’ durato cinquanta, interminabili, secondi in cui la vittima e’ stata raggiunta da colpi a ripetizione: “50 secondi di sofferenza incredibile” per il giovane 21 enne.
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