Rimangono pendenti le sentenze passate in giudicato per gli omicidi o altri reati compiuti durante gli anni di piombo
Parigi – Il 29 giugno la Corte d’Appello di Parigi ha negato l’estradizione richiesta dall’Italia per i 10 ex terroristi rossi, appellandosi alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo in relazione al diritto alla vita privata e familiare e del diritto al processo. La decisione riguarda Giorgio Pietrostefani, Enzo Calvitti, Narciso Manenti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella, Sergio Tornaghi, Maurizio Di Marzio, Raffaele Ventura e Luigi Bergamin.
In Francia, il Paese divenuto la loro seconda patria e che oggi ha negato l’estradizione in Italia, si sono rifatti una vita, hanno un lavoro, mogli, figli. Rimangono però pendenti le sentenze passate in giudicato per gli omicidi o altri reati compiuti durante gli anni di piombo.
I protagonisti di questa storia legale sono Giorgio Pietrostefani, fondatore di Lotta Continua ritenuto il mandante dell’omicidio Calabresi, e Sergio Tornaghi, condannato all’ergastolo per banda armata, anche lui protetto dalla cosiddetta “dottrina Mitterand”.
A seguire, Narciso Manenti, condannato all’ergastolo per l’omicidio a Bergamo dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri, ucciso davanti al figlio 14enne in uno studio medico, dove Manenti aveva fatto irruzione con l’intento di sequestrare un dottore che prestava servizio presso gli Istituti penitenziari di Bergamo. Oggi ha 64 anni, è sposato e fa il giardiniere.
Marina Petrella, 67 anni, ex Br, responsabile in base alle condanne dell’omicidio del generale Galvaligi, lavora oggi per un’associazione che si occupa di problematiche legate agli anziani. Fa l’insegnante di sostegno Roberta Cappelli
Roberta Cappelli, 65 anni, è impegnata Oltralpe come insegnante di sostegno per bambini disabili. È stata condannata all’ergastolo per tre omicidi avvenuti a Roma: quello del generale dei carabinieri Enrico Galvaligi, dell’agente di polizia Michele Granato e del vice questore Sebastiano Vinci.
Giovanni Alimonti, ha fatto il cameriere, ma per un periodo anche il traduttore. Ha 66 anni, ed è accusato del tentato omicidio di un vicedirigente della Digos,
Maurizio Di Marzio, sessantenne, ex brigatista rosso, oggi fa il ristoratore. Il suo nome è legato all’attentato al dirigente dell’ufficio provinciale del collocamento di Roma Enzo Retrosi, nel 1981, e al tentato sequestro del vicecapo della Digos della capitale Nicola Simone.
Enzo Calvitti, molisano di 67 anni, ha trovato in Francia una nuova vita grazie alla regola, stabilita negli anni Ottanta dall’allora presidente della Repubblica François Mitterand, di offrire asilo politico ai terroristi rossi in fuga dall’Italia. Raffaele Ventura, 70 anni, ultima residenza Montreuil, nella regione dell’Ile-de-France, condannato per concorso morale nell’omicidio a Milano del vicebrigadiere Antonio Custra.
Luigi Bergamin, 73 anni, terrorista veneto ed ex ideologo dei Pac, che ideò l’omicidio del maresciallo Antonio Santoro e partecipò all’esecuzione di Lino Sabbadin.
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