Ricordare Borsellino con l’impegno nella lotta alla mafia
Genova – “Quel luglio del 1992 è impresso a fuoco nella nostra memoria collettiva, sia come momento di grandissimo dolore, sia come momento in cui la nostra coscienza decise rialzare la testa” perchè fu proprio all’indomani delle stragi di Capaci e via D’Amelio che venne introdotto nel nostro ordinamento il 41-bis, cioè il carcere duro per i mafiosi.
Lo ha ricordato il presidente del Consiglio comunale genovese, Carmelo Cassibba, oggi in Sala Rossa, dopo la lettura dell’elenco degli agenti della scorta che persero la vita insieme al giudice Paolo Borsellino, il 19 luglio 1992: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi.
“Trent’anni dopo purtroppo mancano ancora tanti, troppi tasselli per arrivare alla verità, mentre le mafie continuano a insidiare il nostro Paese, cambiando volto, cambiando nome, ma non per questo diventando meno pericolose e meno insidiose”, ha detto ancora Cassibba, prima che il Consiglio osservasse un minuto di silenzio e aggiungendo che adesso tocca agli uomini che sono nelle istituzioni “portare avanti la loro battaglia”.
E proprio sul ruolo giocato in questi anni dallo Stato si è scagliato il fratello del giudice, Salvatore, che ha voluto sottolineare: “Oggi si celebrano come eroi le vittime di quelle stragi e intanto se ne distrugge il patrimonio di leggi che ci avevano lasciato per dare alla magistratura e alle forze dell’ordine le armi necessarie per combattere la criminalità organizzata”.
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