Coalizioni abnormi, fatte con pezzi raccolti qua e là, deformi, autoreferenziali e resistenti a qualsiasi scossone
In principio (per me) fu la torta Mondial. Una genesi culinaria che nasce dall’apertura del frigo e dopo un attento controllo del contenuto prevede che tutti gli avanzi finiscano amalgamati in una padella. Con alterne fortune per il palato, ma con la certezza che nulla vada sprecato.
Oggi gli avanzi della politica italiana, quelli della Mondial cucinati da Mario Draghi, sono scesi in campagna elettorale in una sorta di tutti contro tutti, che sa tanto di “facite ammuina”, in modo da attirare i potenziali elettori che commentano, discettano anzi concionano da dietro uno schermo.
Lo stesso fanno i protagonisti dell’arena politica italiana che, dopo un po’ di ammucchiate varie per tenersi stretto il diritto di stare a Roma, adesso si annusano come fanno i cani per capire cosa propinare al popolo per i mesi a venire.
E allora, dopo la scissione dai 5stelle dello statista Di Maio – ma su questa definizione credo che Beppe Grillo abbia cambiato idea -, Conte probabilmente ha pensato che l’unico modo di raddrizzare la barca del Movimento che sta affondando sia quello di ripensare a una politica di governo, ma alternativa, di collaborazione senza vaffa, di qualche vaffa ma detto gentilmente. Insomma, l’ex premier dei governi giallo- verde e giallo-rosso, dopo averle provate tutte, adesso cerca di recuperare l’orgoglio pentastellato per tappare un po’ di falle.
Vecchie ricette
Non va meglio per il contemplativo Cavaliere, che ha fidanzate sempre più giovani, che in un cassetto della villa di Arcore ha ritrovato e rispolverato un vecchio programma da riproporre. Ma astutamente ha sostituito la promessa del milione di posti di lavoro, slogan ormai surreale, con un milione di alberi. Una sorta di green washing elettorale un po’ sottotono però, visto che il PNRR di alberi da piantare ne prevede 6 milioni.
Non c’è più rispetto per i vecchi politici visto che nello spararle grosse i giovani stanno facendo meglio dei maestri.
Dopo che Renato Brunetta e Maria Stella Gelmini hanno abbandonato Forza Italia e ora sono pronti a entrare in “Azione” alla corte di Calenda, c’è il sospetto che nel mese di agosto possano verificarsi altre defezioni.
Intanto Letta è in cerca di alleati, di qualsiasi tipo, risfoderando la combattività del PD nell’osteggiare la destra, ma forse solo quella della Meloni visto che con quella di Salvini che tornerà a occuparsi di Patria, rosari, Madonne e migranti, i dem hanno sostenuto il Governo Draghi fino a ieri.
Tutti dentro
Cambiano i tempi e i persorsi politici e solo chi non è cretino cambia idea ma, ci sentiamo di aggiungere, chi è cretino la cambia troppo spesso. La grande coalizione che ha in testa Letta prevede tutto il campo riformista più quello progressita rappresentato da “Articolo Uno”, più i transfughi di qualsiasi tipo purchè abbiano una manciata di voti da portare in dote.
Nel mentre il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli di FdI, mette le mani avanti dichiarando “noi con il fascismo non abbiamo nulla a che fare. La generazione che ha fondato FdI ha scavato un solco invalicabile tra la destra e l’estremismo, compresa ogni forma di nostalgismo”. E poi commenta le pressioni del Partito popolare europeo perché venga proposto Tajani come candidato premier precisando: “Mi sembra strano, il presidente Tajani era addirittura monarchico”.
Sull’argomento è intervenuto anche Crosetto: “Non è il Ppe che decide chi fa il premier in Italia. Deve essere il migliore della coalizione vincente alle urne”.
E mentre Ignazio La Russa bolla come “di sinistra” un commento sul futuro tetro dell’Italia scritto dal New York Times e la Meloni parla di macchina del fango, tutti quelli che temono i fascisti al Governo si sono persi un passaggio importante. Nei governi delle città e delle regioni FdI c’è da anni.
L’agenda non c’è più
E poi c’è l’agenda Draghi. Che di per sé avere un’agenda di cose da fare è un fatto positivo.
Gli appuntamenti certi sono quelli delle scadenze europee, i summit internazionali, dall’annuale assemblea dell’Onu a settembre al Consiglio europeo di fine ottobre.
Per il resto le perplessità sono molte se è vero che i punti cardinali di quest’agenda, a pochi giorni dalla caduta di Draghi già sgualcita e macchiata di sugo, dovevano essere energia, concorrenza, appalti, giustizia, rinnovo del sistema amministrativo e tempi certi per gli investimenti europei con attenzione particolare al PNRR.
Tutto molto tecnico, anche un po’ aleatorio, ma nessuna traccia dei temi “cari” al centro sinistra, come l’inclusione, la solidarietà, il salario minimo, gli aiuti a chi ha bisogno, la lotta al degrado urbano e sociale e l’attenzione ai più deboli. D’altronde la compagine di governo non è che fosse poi così rivoluzionaria, come non lo saranno quelle che vorranno vincere le prossime politiche.
**** e ballerine (per il politicamente corretto)
E mentre le dichiarazioni dei politici romani vengono rilanciate dai social e dalle agenzie di stampa, il pensiero torna alla frase di un vecchio socialista, che a discapito del nome oggi sarebbe un gigante, Rino Formica, che definì “un circo di nani e ballerine” l’ultima assemblea nazionale del suo partito, il PSI del 1991.
In una bella intervista di Federico Novella su “Socialismoitaliano.it, alla domanda se “Rimpiange il circo?” Formica rispondeva che “…adesso sono scomparsi sia i nani che le ballerine. Restano solo gli insetti. Erano meglio loro. Nani e ballerine avevano una certa dignità”.
f.p.
Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.